lunedì 22 settembre 2014

Prostituzione e scelta


 
 
La prostituzione viene spesso descritta come un'attività assolutamente normale, esistente da sempre. Questa asserzione di solito implica scarsa considerazione della vita delle donne nella prostituzione. Si invoca spesso la "libertà di scelta". Chi vorrebbe assumere il ruolo della persona  che disapprova e giudica?
 Comunque, per quale motivo una donna entra nella cosiddetta prostituzione "volontaria" e che cosa significa questo fatto per lei (e per i suoi figli)? La prostituzione è diventata una fonte di reddito perfettamente normale: la questione se si tratti di un lavoro come un altro ha impegnato seriamente negli scorsi anni politici e sindacalisti.
Nella mia lunga esperienza di psicoterapeuta, ho avuto in terapia molte prostitute e ho acquisito una buona conoscenza delle condizioni che le hanno portate a prostituirsi. In tutti i casi, la prostituzione rappresentava chiaramente la prosecuzione delle esperienze di violenza che avevano vissuto. Si trattava di donne che avevano subito abusi sessuali o che avevano vissuto in un ambiente nel quale le donne venivano sistematicamente umiliate. Voglio illustrare questo concetto, raccontandovi tre casi esemplari:
Una mia paziente, che ha riferito di essere una prostituta "per scelta", è cresciuta con un'immagine della donna come essere interamente plasmato dalla violenza. Sua madre è stata picchiata e stuprata più volte dal padre. Queste scene si ripetevano in continuazione. Nella sua mente, la sessualità era intimamente connessa alla violenza. La madre ha riversato la sua disperazione sulla figlia, chiamandola "puttana", quando ha iniziato a manifestare un interesse per i ragazzi. Quando, più tardi, ha iniziato a prostituirsi, la ragazza ha detto a sua madre: "Vedi? sono diventata esattamente quello che volevi diventassi".
Un'altra prostituta mi ha detto di non aver provato disagio quando è entrata in un bordello all'età di 19 anni. Al contrario, mi ha detto! Almeno ora veniva pagata per "questo". Anche la sua esistenza era stata forgiata dalla violenza sessuale subita durante l'infanzia.
Per un'altra mia cliente, l'ingresso nella prostituzione era coinciso con la presenza di altri disturbi preesistenti: l'anoressia e l'ansia. E' riuscita ad uscire dalla prostituzione dopo un anno e 20 anni dopo ha dichiarato che la prostituzione aveva fatto parte del suo comportamento autodistruttivo.
Continuare a parlare della prostituzione come "normale" dopo aver acquisito questa consapevolezza, significa considerare la violenza contro le donne come normale e legittima. Le donne di cui vi ho parlato non hanno scelto la prostituzione come "un lavoro qualsiasi". Sono spesso donne che hanno avuto in passato esperienze molto dolorose.
Studi sul trattamento del trauma hanno indicato che la persona traumatizzata può avvertire l'impulso a controllare gli eventi traumatici che in precedenza ha subito senza possibilità di reagire. Una forma di controllo è la ripetizione dell'evento: la cosiddetta riattivazione del trauma. Nella prostituzione, il trauma viene inserito in un quadro in cui la prostituta acquista un senso di controllo sugli eventi.
Le donne che hanno sperimentato la violenza fisica e sessuale e/o sono cresciute in un contesto in cui le donne erano socialmente disprezzate sviluppano spesso sentimenti di colpa. Le donne sono meno abili degli uomini nel reprimere i sentimenti di colpa, che spesso si trasformano in odio verso se stesse. Le donne rivolgono generalmente l'aggressività verso se stesse. Alla luce di questo, la prostituzione appare come un atto di odio verso se stesse e di autolesionismo. La psicologia del profondo parla di inversione masochista: "Ora sono esattamente quel che volevi fossi". La terapia del trauma parla di introiezione dei sentimenti e degli atteggiamenti dell'autore della violenza. Ci sono due tipi di introiezione: l'identificazione con l'autore della violenza e la lealtà ad esso.
Spesso l'identificazione con l'autore dei maltrattamenti è un' introiezione maschile (dall'80% al 90% della violenza fisica e sessuale è perpetrata dagli uomini). La lealtà introiettata all'autore della violenza, spesso definita introiezione femminile, viene incorporata nella personalità della vittima, se essa è stata esposta per lungo tempo al colpevole (adulto). Queste introiezioni riguardano i giudizi che il colpevole esprime nei confronti della vittima e gli ordini che le impartisce. Le vittime presentano delle affinità. In una situazione in cui una vittima è totalmente alla mercé del colpevole, finisce con l'identificarsi con lui. Fa sua l'opinione che il colpevole ha di lei e comincia a pensare di sé le stesse cose che pensa il colpevole. Questi sono tentativi disfunzionali di autotutela. "Se mi faccio del male da sola, non me ne faranno i cattivi". Oppure: " Se faccio esattamente quel che si vuole da me, forse mi si lascerà in pace". Ne deriva l'identificazione con la visione della realtà dell'autore della violenza. Cambiare atteggiamento è percepito come una minaccia. Tutto deve rimanere come il carnefice vuole che sia. Un tipico esempio di questo comportamento è la dipendenza psicologica da un magnaccia.
Nella mia professione ho frequentemente a che fare con l'introiezione dei sentimenti e degli atteggiamenti degli autori della violenza. La storia di come abbiano iniziato a sviluppare  pensieri negativi su di sé è spesso sconosciuta alle mie clienti. Oltre ai problemi che affiorano in superficie, esse possono essere colpite da un'inconscia fedeltà al maltrattante.
Molte delle mie clienti soffrono di bassa autostima e sono molto dure con se stesse. Frequentemente dicono cose come: "Non valgo abbastanza" "Non sono in grado di farlo" o "Faccio schifo. Nessuno mi può voler bene".  Possono odiare se stesse, il proprio corpo, la propria vitalità e la propria sessualità. Dietro l'apparenza, la psiche di certe prostitute è dominata da pensieri negativi che continuano a produrre effetti. Una paziente ha formulato il problema nel modo seguente: "Non valgo nulla. Ecco tutto".
Alla luce di ciò, il concetto di "scelta" nella prostituzione e la sua rappresentazione come un "lavoro qualsiasi" deve essere messa in discussione. I clienti devono saperlo e devono assumersi la responsabilità del proprio comportamento. Una società che continua a ridurre le donne ad oggetti, una società nella quale avviene lo sfruttamento sessuale  e che esercita la dominazione delle donne in forma erotizzata, è profondamente misogina. Essa perpetua il dominio maschile e le strutture di pensiero e di comportamento  dei violenti.  


P.s. L'articolo originale in tedesco lo trovate qui:
http://karlsruherappell.com/2014/01/06/prostitution-und-freiwilligkeit/

 
Io l'ho tradotto dall'inglese da questo sito:
http://liberationlanguage.wordpress.com/2014/02/02/dr-ingeborg-kraus-prostitution-and-choice/
 
 




 
 

 
 

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