La prostituzione viene spesso
descritta come un'attività assolutamente normale, esistente da sempre. Questa
asserzione di solito implica scarsa considerazione della vita delle donne nella
prostituzione. Si invoca spesso la "libertà di scelta". Chi vorrebbe
assumere il ruolo della persona che
disapprova e giudica?
Comunque, per quale motivo una donna entra
nella cosiddetta prostituzione "volontaria" e che cosa significa
questo fatto per lei (e per i suoi figli)? La prostituzione è diventata una
fonte di reddito perfettamente normale: la questione se si tratti di un lavoro
come un altro ha impegnato seriamente negli scorsi anni politici e
sindacalisti.
Nella mia lunga esperienza di
psicoterapeuta, ho avuto in terapia molte prostitute e ho acquisito una buona
conoscenza delle condizioni che le hanno portate a prostituirsi. In tutti i
casi, la prostituzione rappresentava chiaramente la prosecuzione delle
esperienze di violenza che avevano vissuto. Si trattava di donne che avevano
subito abusi sessuali o che avevano vissuto in un ambiente nel quale le donne
venivano sistematicamente umiliate. Voglio illustrare questo concetto,
raccontandovi tre casi esemplari:
Una mia paziente, che ha
riferito di essere una prostituta "per scelta", è cresciuta con
un'immagine della donna come essere interamente plasmato dalla violenza. Sua
madre è stata picchiata e stuprata più volte dal padre. Queste scene si
ripetevano in continuazione. Nella sua mente, la sessualità era intimamente
connessa alla violenza. La madre ha riversato la sua disperazione sulla figlia,
chiamandola "puttana", quando ha iniziato a manifestare un interesse
per i ragazzi. Quando, più tardi, ha iniziato a prostituirsi, la ragazza ha
detto a sua madre: "Vedi? sono diventata esattamente quello che volevi
diventassi".
Un'altra prostituta mi ha
detto di non aver provato disagio quando è entrata in un bordello all'età di 19
anni. Al contrario, mi ha detto! Almeno ora veniva pagata per
"questo". Anche la sua esistenza era stata forgiata dalla violenza
sessuale subita durante l'infanzia.
Per un'altra mia cliente,
l'ingresso nella prostituzione era coinciso con la presenza di altri disturbi preesistenti:
l'anoressia e l'ansia. E' riuscita ad uscire dalla prostituzione dopo un anno e
20 anni dopo ha dichiarato che la prostituzione aveva fatto parte del suo
comportamento autodistruttivo.
Continuare a parlare della
prostituzione come "normale" dopo aver acquisito questa
consapevolezza, significa considerare la violenza contro le donne come normale
e legittima. Le donne di cui vi ho parlato non hanno scelto la prostituzione
come "un lavoro qualsiasi". Sono spesso donne che hanno avuto in
passato esperienze molto dolorose.
Studi sul trattamento del
trauma hanno indicato che la persona traumatizzata può avvertire l'impulso a
controllare gli eventi traumatici che in precedenza ha subito senza possibilità
di reagire. Una forma di controllo è la ripetizione dell'evento: la cosiddetta
riattivazione del trauma. Nella prostituzione, il trauma viene inserito in un
quadro in cui la prostituta acquista un senso di controllo sugli eventi.
Le donne che hanno
sperimentato la violenza fisica e sessuale e/o sono cresciute in un contesto in
cui le donne erano socialmente disprezzate sviluppano spesso sentimenti di
colpa. Le donne sono meno abili degli uomini nel reprimere i sentimenti di
colpa, che spesso si trasformano in odio verso se stesse. Le donne rivolgono
generalmente l'aggressività verso se stesse. Alla luce di questo, la
prostituzione appare come un atto di odio verso se stesse e di autolesionismo.
La psicologia del profondo parla di inversione masochista: "Ora sono
esattamente quel che volevi fossi". La terapia del trauma parla di
introiezione dei sentimenti e degli atteggiamenti dell'autore della violenza.
Ci sono due tipi di introiezione: l'identificazione con l'autore della violenza
e la lealtà ad esso.
Spesso l'identificazione con l'autore
dei maltrattamenti è un' introiezione maschile (dall'80% al 90% della violenza
fisica e sessuale è perpetrata dagli uomini). La lealtà introiettata all'autore
della violenza, spesso definita introiezione femminile, viene incorporata nella
personalità della vittima, se essa è stata esposta per lungo tempo al colpevole
(adulto). Queste introiezioni riguardano i giudizi che il colpevole esprime nei
confronti della vittima e gli ordini che le impartisce. Le vittime presentano
delle affinità. In una situazione in cui una vittima è totalmente alla mercé
del colpevole, finisce con l'identificarsi con lui. Fa sua l'opinione che il
colpevole ha di lei e comincia a pensare di sé le stesse cose che pensa il
colpevole. Questi sono tentativi disfunzionali di autotutela. "Se mi
faccio del male da sola, non me ne faranno i cattivi". Oppure: " Se
faccio esattamente quel che si vuole da me, forse mi si lascerà in pace".
Ne deriva l'identificazione con la visione della realtà dell'autore della
violenza. Cambiare atteggiamento è percepito come una minaccia. Tutto deve
rimanere come il carnefice vuole che sia. Un tipico esempio di questo
comportamento è la dipendenza psicologica da un magnaccia.
Nella mia professione ho
frequentemente a che fare con l'introiezione dei sentimenti e degli
atteggiamenti degli autori della violenza. La storia di come abbiano iniziato a
sviluppare pensieri negativi su di sé è
spesso sconosciuta alle mie clienti. Oltre ai problemi che affiorano in
superficie, esse possono essere colpite da un'inconscia fedeltà al
maltrattante.
Molte delle mie clienti
soffrono di bassa autostima e sono molto dure con se stesse. Frequentemente
dicono cose come: "Non valgo abbastanza" "Non sono in grado di
farlo" o "Faccio schifo. Nessuno mi può voler bene". Possono odiare se stesse, il proprio corpo, la
propria vitalità e la propria sessualità. Dietro l'apparenza, la psiche di
certe prostitute è dominata da pensieri negativi che continuano a produrre
effetti. Una paziente ha formulato il problema nel modo seguente: "Non
valgo nulla. Ecco tutto".
Alla luce di ciò, il concetto
di "scelta" nella prostituzione e la sua rappresentazione come un
"lavoro qualsiasi" deve essere messa in discussione. I clienti devono
saperlo e devono assumersi la responsabilità del proprio comportamento. Una
società che continua a ridurre le donne ad oggetti, una società nella quale
avviene lo sfruttamento sessuale e che
esercita la dominazione delle donne in forma erotizzata, è profondamente
misogina. Essa perpetua il dominio maschile e le strutture di pensiero e di
comportamento dei violenti.
P.s. L'articolo originale in tedesco lo trovate qui:
http://karlsruherappell.com/2014/01/06/prostitution-und-freiwilligkeit/
Io l'ho tradotto dall'inglese da questo sito:
http://liberationlanguage.wordpress.com/2014/02/02/dr-ingeborg-kraus-prostitution-and-choice/
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