giovedì 27 agosto 2015

Ancora su Amnesty e sulla violenza nei confronti delle prostitute


Vorrei  replicare alle parole di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International  intervistato da Laura, una delle blogger di Narrazioni Differenti.
In primo luogo, ritengo molto grave che non siano state attentamente ascoltate dall'organizzazione le sopravvissute alla prostituzione, che si trovano nella migliore condizione per poter valutare una situazione che  esse ritengono costituisca una forma particolarmente violenta di mercificazione degli esseri umani.
Riporto qui  le parole di due di loro: Marie-Josée Michaud e Rose Sullivan:
 
"Benché sosteniate di voler evitare che questa industria faccia delle vittime, ignorate la voce di chi ne è uscita e sa che è impossibile regolamentare la violenza.
La nostra esperienza ci ha permesso di constatare che è impossibile regolamentare la prostituzione in modo tale che i prodotti umani siano in essa rispettati. Finché continuerete a sostenere che è possibile gestire un mercato nel quale gli esseri umani sono i principali prodotti, noi continueremo a denunciare la vostra posizione e ad invitare la popolazione a boicottarvi" 
 
Ritengo poi essenziale differenziare rigorosamente l'approccio giuridico proibizionista che prevede l'applicazione di una sanzione, penale o pecuniaria, a tutti gli attori del sistema, prostitute incluse, da quello abolizionista che non punisce  queste ultime.
Vorrei ricordare, en passant, che esistono Paesi che hanno adottato una politica imperniata sulla regolamentazione e che pure irrogano pesanti sanzioni pecuniarie e, talora penali, nel caso di mancato pagamento delle multe, alle prostitute che non si attengono scrupolosamente alle prescrizioni normative. Due soli esempi? L'Austria e la Svizzera.  
Sì,  proprio la Svizzera, il Paese tanto decantato dai sostenitori e dalle sostenitrici nostrane della regolamentazione.
Vorrei soffermarmi poi più estesamente su questa affermazione di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International:
 
"la sanzione al cliente ha una sua logica diciamo etica, ma potrebbe rappresentare una indiretta forma di violazione dei diritti delle e dei sex worker. Si ritroverebbero di fatti obbligate a accettare clienti più pericolosi, il loro lavoro diventerebbe ancora più rischioso".
 
A commento di questa asserzione,  riporto anzitutto alcuni dati sulla violenza nei confronti delle prostitute commessa negli Stati che ispirano la loro politica alla regolamentazione. Sono cifre riportate in un mio articolo pubblicato sul blog di Massimo Lizzi
 
Secondo il rapporto prodotto dal governo della Nuova Zelanda nel 2008 “la maggioranza delle sex workers intervistate ha sostenuto che la decriminalizzazione della prostituzione poteva fare ben poco per ridurre la violenza esercitata” nell’industria del sesso. [justice.govt.nz p.14]
Nel Nuovo Galles del Sud (Australia), un ufficiale di polizia che si occupa della tratta ha così commentato gli effetti della regolamentazione: “Benché l’intenzione fosse quella di offrire un ambiente di lavoro sicuro alle sex workers, è accaduto il contrario, vale a dire che i magnaccia e i gestori dei bordelli hanno acquisito più potere e si sono arricchiti”  A Victoria, in Australia, un funzionario di polizia si è lamentato che “molti bordelli non vengano controllati da anni“, mentre il Project Respect, un’organizzazione che offre aiuto alle donne nella prostituzione, ha sostenuto che l’accesso ai locali dove si praticano rapporti mercenari “è limitato e a discrezione della direzione di ciascun bordello“.  [Jacqui Hunt, Direttrice di Equality Now, ufficio di Londra]
Neppure l’installazione di dispositivi come i pulsanti di emergenza nelle stanze ove si esercita la prostituzione garantisce la sicurezza delle persone che la praticano. Nei Paesi Bassi, dove, teoricamente, tutte le camere dei bordelli e delle vetrine dovrebbero esserne provviste, il 70% delle donne prostituite confessa di aver subito uno stupro nell’esercizio della propria attività.
In Colombia il 59%, in Germania il 52%, in Messico (dove sono state intervistate anche le lap dancers) il 48%, in Turchia il 68% delle donne prostituite sono state minacciate con armi. Negli stessi Paesi rispettivamente il 70%, il 61%, il 59%, l’80% di loro ha subito violenze fisiche; il 47%, il 63%, il 46% e il 50% di loro è stata stuprata. Sono dati ricavati da uno studio di Melissa Farley del 2003 (pag.43) e si riferiscono a Stati che hanno adottato una normativa di regolamentazione della prostituzione.
Vi sembrano accettabili i rischi corsi dalle prostitute in questi Paesi?  I loro diritti, alla vita e all'integrità fisica in primis, vi paiono rispettati? Amnesty conosce questi dati?  E quelli ufficiali sulla violenza nei confronti delle prostitute prodotti dal governo tedesco o, per quanto riguarda Amsterdam,  da un'associazione  favorevole alla prostituzione come TAMPEP?  Non bastano  queste cifre ad indurre a considerare la prostituzione un'istituzione violenta e contraria ai diritti umani? Che cosa ci vuole ancora per ammetterlo? La nostra azione e quella di un'organizzazione che si propone tutelare i diritti umani non dovrebbe essere diretta, anziché alla normalizzazione della prostituzione,  alla pressante richiesta rivolta ai governi di introdurre un reddito garantito e di implementare politiche sociali e del lavoro che offrano valide alternative all'89% delle donne che, secondo uno studio di Melissa Farley, vorrebbero cessare di praticare la prostituzione? E non dovremmo ingaggiare una battaglia culturale che produca un mutamento della sessualità maschile e del modo di concepire la donna?
Perché non si può regolamentare la violenza, scrivono le due sopravvissute alla prostituzione Marie-Josée Michaud e Rose Sullivan. No, non si può.
Ma  proseguiamo il discorso.   La Svezia, si è sostenuto, ha adottato una legge di criminalizzazione dei clienti che ha  prodotto un incremento della violenza nei confronti delle prostitute.  Questa idea è ripresa in alcuni articoli, in particolare di Laura Agustin, e in certi documenti, soprattutto  in un breve riquadro (p.38) del rapporto della Commissione mondiale sull'HIV   delle Nazioni Unite   del 2012.  Tuttavia, come ha acutamente svelato la giornalista Florence Rovira Torres di Rue89, ( che ha dato prova di maggior rigore scientifico di Commissioni ONU e di celebri accademiche ), una lettura scrupolosa delle fonti e della bibliografia di questi diversi documenti dimostra che non esiste alcuno studio sistematico che consenta di giustificare queste affermazioni. Gli articoli di Laura Agustin pubblicati su blog  e la maggior parte dei rapporti che scrivono di un aumento della violenza  nei confronti delle prostitute in Svezia o di un deterioramento delle condizioni di lavoro rinviano a tre fonti, che risalgono a 10 o più anni fa e -  la seconda, in particolare- non contengono affermazioni così categoriche come parrebbe dai documenti che li citano.
La prima fonte è nota come rapporto di Malmö ed è stata prodotta dalla polizia nel 2001. Su questa relazione riporto la traduzione del corrispondente passo  dell' articolo pubblicato dall'eccellente giornalista Florence Rovira Torres:
 
Se, inizialmente, la polizia di Malmö (terza città della Svezia) aveva notato con preoccupazione il deterioramento delle condizioni della prostituzione di strada, oggi afferma che la situazione è migliorata, trascorsi i primi tre anni dalla penalizzazione.
Nel 2001, due anni dopo la penalizzazione dei clienti, un rapporto (conosciuto come il "rapporto di Malmö") della prefettura della Scania (regione a sud della Svezia), richiesto dall'Ufficio nazionale della polizia, aveva rilevato, in qualche paragrafo, la riduzione del numero dei clienti della prostituzione di strada e la drastica diminuzione delle tariffe. Secondo questo rapporto, le prostitute dovevano conseguentemente moltiplicare i clienti e accettare rapporti senza preservativo.
La prefettura non indica le fonti dalle quali ha ottenuto queste informazioni. Tuttavia, il rapporto è una delle principali fonti delle tesi sull'aumento della violenza e le sue deduzioni sono state riprese da un gran numero di pubblicazioni, soprattutto dal ricercatore Don Kulick  in una rivista scientifica di alto livello
 
"Sono io ad aver fornito questa informazione agli autori" - spiega a Rue89 Christer Thulin, investigatore della polizia di Malmö, incaricato dal 1999 di perseguire gli "acquisti sessuali". Afferma anche:
"I due autori non hanno fatto alcuna personale ricerca".
 
Christer Thulin ritiene ancor oggi che la situazione delle prostitute in strada si fosse effettivamente deteriorata nel primo anno della penalizzazione. Conferma anche che questa situazione era legata, a quell'epoca, al consumo di eroina:
 
"Nel 1999 c'erano circa 180 prostitute  in strada a Malmö, l'80% delle quali erano eroinomani. Le altre avevano un altro tipo di dipendenza o avevano malattie psichiatriche".
 
Secondo questo poliziotto, la dipendenza induceva queste  donne a prostituirsi nelle condizioni più rischiose, per potersi pagare la droga. Ora, dopo qualche anno, spiega Christer Tulin, esse sarebbero riuscite ad uscire dalla prostituzione, grazie ad un più facile accesso ai trattamenti sostitutivi con metadone.
 
"C'è voluto un po' di tempo  per vederne gli effetti. Ma le prostitute che si trascinavano nelle strade di Malmö nel 1999 hanno abbandonato la prostituzione. Sappiamo che non  si sono spostate, cambiando il luogo ove si prostituiscono. Le incontro ogni tanto. Oggi molte lavorano. Quelle che hanno ancora problemi, non  si prostituiscono però e stanno meglio".
 
La direttrice dell'équipe di consulenza e di sostegno di Malmö, Susanne Streer, si occupa delle prostitute della città. Spiega che tutte quelle che lavorano in strada hanno gravi problemi di tossicodipendenza e consumano eroina.
E ciò, evidentemente, grazie alla possibilità di fruire di trattamenti sostitutivi con il metadone che eliminano la necessità di ricorrere alla prostituzione per procurarsi l'eroina.
La seconda fonte è un rapporto dell'Ufficio Nazionale della Salute e degli affari sociali svedese ("Socialistyrelsen) sulla situazione nel 2003, che  a p.9 giunge  a una conclusione assai meno perentoria di quella che parrebbe doversi dedurre dagli articoli e dai saggi degli autori contrari alla legge svedese e favorevoli alla legalizzazione della prostituzione:
 
Non possiamo dire con certezza se la violenza legata alla prostituzione sia aumentata oppure no. Alcuni informatori parlano di maggiori rischi per le prostitute, ma pochi hanno
osservato un aumento effettivo della violenza .
 
La terza fonte è rappresentata da un rapporto del Ministero della Giustizia norvegese  del 2004  [riassunto on line ] che si basa essenzialmente sulle due fonti precedenti. Ricordo che la Norvegia ha poi adottato il modello svedese.
Questo rapporto inizia notando che non esistono studi  sul tasso di violenza nei confronti  delle prostitute né sulle conseguenze della legge e che non esistono prove documentali, né presso gli ospedali né presso gli uffici di polizia, che attestino un aumento o una diminuzione della violenza.
Gli autori hanno, tuttavia, raccolto due testimonianze che indicherebbero una recrudescenza della violenza:
- l'ostetrica di Malmö Helena Cevers - che secondo Christer Thulin è però anche una delle fonti del "rapporto di Malmö"- affermava di aver ricevuto la visita di un maggior numero di donne abusate dopo la penalizzazione.
- la seconda testimonianza è quella di un anonimo impiegato di un centro per le donne SDF, che sosteneva che le donne dovevano ora "assumere le proprie decisioni rapidamente, senza assicurarsi della bontà del cliente".
La sua opinione non è condivisa da operatrici del settore come Karin Sidenvall, assistente sociale e terapeuta da diversi anni al Centro sulla prostituzione di Stoccolma (un centro specializzato pubblico e gratuito), che, intervistata da Rue89, ritiene che l'idea di un deterioramento delle condizioni di lavoro delle prostitute a causa della penalizzazione dei clienti sia un mito:
 
"Le persone che vengono da noi non parlano di un peggioramento delle condizioni. E non mi hanno mai parlato di clienti più violenti dopo la penalizzazione. Noi notiamo, al contrario, che esse percepiscono la legge come un riconoscimento della loro sofferenza. Per loro, questa legge riconosce che la prostituzione è una violenza ". 
 
Concludendo: non esiste, quindi, alcuno studio che dimostri che la penalizzazione dei clienti abbia prodotto in Svezia gli effetti nefasti paventati. Si potrebbe, al contrario, ipotizzare che l'illegalità dell'acquisto degli atti sessuali costituisca uno strumento di difesa delle prostitute che possono minacciare di denunciare i clienti, nel caso in cui questi intendano ricorrere alla violenza.
Vorrei ricordare, inoltre, che in Svezia esiste un' associazione di prostitute assolutamente favorevole alla legge. Si chiama PRIS.
Va rilevato, poi, come l'idea che la penalizzazione dei clienti produca la clandestinità della pratica prostituzionale non tiene conto del fatto che  i rapporti sessuali sono già di per sé, com'è ovvio,  sottratti agli sguardi degli osservatori.
Se si è inoltre convinti, malgrado non esista alcuno studio che lo dimostri, che la prostituzione in Svezia si sia quasi interamente trasferita  su Internet, questo non significa che sia diventata clandestina, occulta, sommersa, come giustamente osserva il commissario di polizia Jonas Trolle: "Non è difficile individuare le donne.Le scopriamo nello stesso modo in cui le trovano i clienti: per mezzo dei forum in rete e degli annunci", giacché i rapporti sessuali mercenari, ovviamente, devono essere pubblicizzati. [Qui la traduzione in francese dell'articolo: http://ressourcesprostitution.wordpress.com/category/allemagne/]
Sulla prostituzione in Svezia vi invito soprattutto a leggere il dossier predisposto da Didier Bois dell'organizzazione ZéroMacho da me tradotto.
Ne riporto ampi stralci:
 
La Cancelliera della Giustizia svedese, così come i procuratori e i poliziotti ( che sono tutti persone attendibili) e gli assistenti sociali attestano che le persone prostituite dicono loro di sentirsi più  sicure in Svezia che negli altri Paesi in cui hanno venduto sesso. I magistrati e i poliziotti comprovano anche il successo del modello nordico di divieto di acquisto dei rapporti sessuali, "uno sbarramento contro la tratta", e smentiscono la leggenda della clandestinità diffusa negli altri Paesi europei dall'industria del sesso.
Il rapporto governativo di valutazione della legge (2010)
In Svezia una commissione indipendente e presieduta dal Cancelliere della giustizia ha concluso che la legge ha avuto effetti sostanzialmente positivi su tutte le persone coinvolte (ad eccezione dei magnaccia, dei trafficanti e dei clienti). il numero delle prostitute di strada si è ridoto della metà.
Evoluzione della mentalità: il 13,6% degli uomini pagava "prestazioni sessuali" prima del 1999 e la maggioranza della popolazione era contraria alla legge.  Oggi, meno dell'8% degli uomini acquista prestazioni sessuali e il 70% della popolazione è favorevole alla legge di criminalizzazione dell'acquisto dei rapporti sessuali.
La prostituzione in rete è aumentata in Svezia come altrove e non è attribuibile alla legge, ma allo sviluppo di Internet. Si trovano molti più annunci on line nei Paesi vicini.
Dopo aver ascoltato le testimonianze delle donne prostituite e delle ex prostitute, degli assistenti sociali, dei poliziotti e di altre persone direttamente interessate, nel 2010 la commissione ha concluso che la legge rappresentava un ostacolo all'insediamento dei trafficanti e dei magnaccia e aveva determinato una riduzione della criminalità organizzata.   
 
Constatazioni dei magistrati
La magistrata internazionale di Stoccolma Lise Tamm, la Cancelliera della giustizia svedese Anna Skarhed, il procuratore Thomas Ahlstrand di Göteborg hanno tutti confermato l'efficacia del modello nordico (che penalizza i clienti) nella repressione della tratta. Tutte queste persone attendibili hanno anche smentito formalmente l'opinione che la legge abbia spinto alla clandestinità le persone prostituite. Al contrario! Esse hanno affermato che le persone prostituite sono più sicure grazie alla legge che vieta l'acquisto dei rapporti sessuali.
 
 Lise Tamm, procuratore capo del tribunale internazionale di Stoccolma, davanti alla Commissione speciale francese sulla prostituzione, ha detto il 5 novembre 2013:
 
 "Nel 1999, quando la legge è stata approvata in Svezia, si pensava che la prostituzione sarebbe diventata clandestina. Ora, questa legge è in vigore da parecchi anni e non abbiamo assolutamente constatato una maggiore vulnerabilità, un rischio più accentuato per le donne [che si prostituiscono]. Assolutamente. Al contrario! Esse ricevono maggior sostegno dai servizi sociali e dalla polizia che cerca di salvarle. [Che la legge sulla prostituzione abbia prodotto un aumento della clandestinità] è un mito infondato. Coloro che continuano a sostenerlo, portino le prove! Prove che io non ho mai visto. Eppure opero sul campo!...E' un mito...E' un argomento infondato...All'epoca, nel 1999, pensavo che la prostituzione sarebbe diventata clandestina. Non era vero!"
 
Lise Tamm nega che la legge svedese abbia prodotto un deterioramento delle condizioni di vita delle persone prostituite e parla, al contrario, di una loro maggior tutela.
 
 
Il procuratore Thomas Ahlstrand di Göteborg guardava con scetticismo alla legge del 1999.
 
"Prima del 1999, pensavo: "Perché dovremmo intervenire  nella sfera privata delle persone?" Poi ha iniziato a occuparsi della tratta delle persone a scopo di sfruttamento sessuale e ha constatato l'efficacia del modello nordico. "Grazie al divieto di acquisto del sesso, ci è più facile identificare magnaccia e trafficanti. Oggi penso che questo divieto sia una delle migliori invenzioni svedesi".
Secondo il procuratore svedese, la cosa è molto semplice: "Il divieto di acquisto di sesso dà accesso alle organizzazioni sulla tratta delle persone, un accesso che non avremmo mai avuto in caso contrario". (Marzo 2014).
La Cancelliera della giustizia svedese, Anna Sharked, ascoltata come esperta in un'udienza pubblica in Germania al Bundestag (marzo 2014), osserva: "Da voi circolano molti miti sulla legge svedese sulla prostituzione. Oggi avrete l'occasione di sentir parlare della realtà. Quando abbiamo approvato questa legge, avevamo due speranze: arrivare a dissuadere i compratori di sesso e ridurre il numero delle donne costrette a prostituirsi. Volevamo anche rendere la Svezia un Paese meno attraente per i trafficanti. Abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo prefissi".
3. Anche gli assistenti sociali svedesi constatano la maggior sicurezza delle persone prostituite in Svezia rispetto agli altri Paesi europei.
 
Lisa Green, assistente sociale di Malmö, ha confutato il mito secondo il quale le prostitute sarebbero precipitate nell'illegalità e le assistenti sociali non sarebbero più riuscite a raggiungerle. E' accaduto esattamente il contrario, ha dichiarato Lisa Green. "Noi diciamo chiaramente alle donne che non devono essere loro, ma i clienti a provare un senso di colpa e di vergogna. E' per questo che si fidano di noi. Inoltre  continuiamo a raggiungere le donne là dove si trovano: in strada, negli hotel, in rete" (Udienza pubblica al Bundestag, marzo 2014)
"Minori violenze, salari più elevati, il "mercato" svedese sembra più sicuro per le prostitute". Miki Nagata (assistente sociale a Stoccolma) si occupa di una giovane donna che, dopo essere stata escort in Germania, esercita oggi in Svezia. "Si sente più sicura, perché sa che può recarsi dalla polizia se è vittima di un cattivo cliente. La legge riequilibra un po' il rapporto di forza in senso favorevole a queste donne".
 
[...]
 
4. La polizia svedese  afferma che la penalizzazione dell'acquisto dei rapporti sessuali è diventata la principale arma nella lotta contro la tratta.
 
Lo confermano le intercettazioni telefoniche. La polizia smentisce formalmente il mito della clandestinità e attesta che le persone prostituite confidano di sentirsi più sicure in Svezia.
Simon Häggström, capo della squadra antiprostituzione di Stoccolma, udito dal Senato francese il 20 maggio 2005, osservò: " Le donne prostituite dicono che la Svezia è un Paese più sicuro degli altri. Molte hanno precedentemente venduto sesso in altri Paesi europei e dicono che gli svedesi che le frequentano hanno molta paura, perché sanno che la polizia li cerca e che devono comportarsi bene perché in caso contrario la donna può chiamare la polizia senza incorrere in alcuna sanzione" (30° minuto dell'intervista)".
L'ispettore Simon Häggström dichiarò anche: "8 clienti su 10 ammettono immediatamente sul posto di aver commesso il reato. 9 donne prostituite su 10 testimoniano. Quando si arrestano dei clienti, molto spesso si trovano i magnaccia. In un giorno solo, quindi si può arrestare un cliente, un magnaccia e si può indirizzare una vittima da un'assistente sociale. L'applicazione di questa legge non richiede enormi risorse: 2 poliziotti e in un solo giorno si concludono molti casi".  (27° minuto dell'intervista).
A Stoccolma prima della legge si potevano contare 80 persone che si prostituivano. Oggi sono solo una dozzina.
Nel 1995 in Svezia, c'erano circa 2500 persone che si prostituivano. Oggi penso che ve ne siano circa 1000. Quindi la tratta e la prostituzione non sono più problemi gravi in Svezia.
Consenso politico: tutti i partiti apprezzano la legge, anche il partito d'opposizione. Tutti pensano che sia una buona legge e vogliono mantenerla in vigore. E' certo la sola cosa sulla quale sono tutti d'accordo.
Tutti i sondaggi hanno dimostrato che l'opinione pubblica è al 70% favorevole alla legge e questo sostegno è particolarmente forte fra i giovani. Eppure, prima della promulgazione della legge, la popolazione svedese era contraria alla criminalizzazione dei clienti.
Si sono registrate delle conversazioni tra magnaccia che sostengono che la Svezia non sia un buon mercato. Dicono che questa legge non gli sta bene, che anche nel caso in cui non vangano arrestati, potrebbero venire arrestati i loro clienti. Quindi non guadagneranno denaro. E sostengono  che andranno in altri Paesi europei con legislazioni differenti. http://videos.senat.fr/video/videos/2014/video22850.html
Mats Paulsson, della sezione di lotta contro la tratta di Västra Götaland: "Per noi, questa legge è veramente utile per svolgere indagini sulla tratta. Ci consente di penetrare nell'ambiente della prostituzione e i clienti ci forniscono molte informazioni... I magnaccia che operano in Svezia devono spostarsi continuamente per non essere scoperti".
Kajsa Wahlberg, commissaria del Consiglio nazionale della polizia e autrice del rapporto nazionale sulla tratta, spiega il funzionamento della legge: "Capita abbastanza spesso che i poliziotti riescano a scoprire un magnaccia in seguito all'arresto di un cliente. Mentre stanno raccogliendo la testimonianza della donna, il prosseneta entra nell'appartamento, chiedendosi perché non risponda al telefono da mezz'ora". Kajsa Wahlberg sostiene che in Svezia non sia possibile lo sviluppo di reti di trafficanti: "I trafficanti controllano al massimo 2 o 3 ragazze".
Zanna Tvilling, della polizia di Stoccolma, conferma e aggiunge che capita abbastanza spesso che i clienti testimonino nei casi di tratta o di sfruttamento della prostituzione.
Questa maggior sicurezza delle persone che si prostituiscono è stata notata anche dalla giornalista Joan Smith:
"Gli uomini svedesi vogliono solo coiti e rapporti orali. Sanno che devono comportarsi bene se non vogliono essere arrestati. Si astengono dall'essere violenti" (Joan Smith, The Indipendent, 26 marzo 2013)
Un'ultima osservazione.
Può definirsi moralistico o paternalistico e caritatevole l'atteggiamento di coloro che constatano, analizzano e denunciano la violenza intrinsecamente connessa alla prostituzione e si preoccupano della vita e del benessere fisico e psicologico delle persone che la esercitano? E' paternalistico battersi perché siano offerte loro valide alternative e differenti prospettive di reddito e di lavoro ? E' moralistico   definire la prostituzione, come  fa la femminista marxista-materialista Carole Pateman,  un'istituzione patriarcale in cui gli uomini vengono pubblicamente riconosciuti come padroni sessuali delle donne?
Non è il vostro, piuttosto, un atteggiamento postmoderno che si limita a procedere alla risignificazione dell'ordine costituito perché ha ormai rinunciato a trasformarlo radicalmente?

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

giovedì 20 agosto 2015

Lettera aperta ad Amnesty International delle sopravvissute del CAFES (Collettivo d'Aiuto alle Donne Sessualmente Sfruttate)


 
 


Abbiamo creduto alla vostra volontà di rendere questo mondo migliore, più giusto, di renderlo un mondo in cui fossero rispettati e difesi i diritti di tutti gli esseri umani, non solo quelli degli uomini. Ne avete delusi più di uno, così come avete deluso moltissime donne. Siamo allibite nel constatare che difendete in modo subdolo ed ipocrita i diritti dei papponi e degli sfruttatori e che, così facendo, accettate la compravendita e la mercificazione delle donne e delle bambine vulnerabili.

Considerevoli somme di denaro ricevute da certi sostenitori del mercato del sesso [ n.d.t le autrici della lettera alludono ai 750.000 euro che Amnesty International ha ricevuto dall’Open Society Foundation  di George Soros ] fanno sospettare che voi poniate il denaro  nella stessa posizione in cui lo pongono loro. Il denaro prima dei diritti umani. Davvero? Davvero vi siete ridotti a questo? La posizione che avete assunto in merito alla prostituzione fa sorgere seri dubbi sulle vostre reali aspirazioni, sulle vostre motivazioni e sui vostri valori.
Sostenete e volete decriminalizzare completamente un'industria tanto economicamente florida quanto umanamente mortifera. Che cosa dovremmo pensare noi che siamo state consumate da questa industria, noi che viviamo ogni giorno in compagnia degli effetti della sua violenza e dei traumi che ci ha lasciato? Cosa dovremmo pensare di voi che ignorate la nostra voce e l'esistenza di chi fra di noi non può esprimersi a causa della violenza di questa stessa industria? Ignorarci e non tener conto degli studi e delle meta analisi che dimostrano chiaramente che i diritti di numerose donne e bambine sono calpestati nella prostituzione è un grave errore da parte vostra. Sostenendo la prostituzione, avete perso la vostra credibilità.
La vostra retorica  favorevole al lavoro sessuale e le vostre giustificazioni per garantirne il mantenimento sono assurde e ripugnanti per le donne che, dopo averle sentite dagli industriali del sesso, hanno "scelto" la prostituzione e ci hanno rimesso la salute. Lo sono anche per chi difende e ha veramente a cuore la tutela dei diritti umani. Benché sosteniate di voler evitare che questa industria faccia delle vittime, ignorate la voce di chi ne è uscita e sa che è impossibile regolamentare la violenza. Difendendo gli sfruttatori, non riuscirete certo ad eliminare la tratta e i maltrattamenti inflitti alle persone intrappolate nell'industria del sesso, ma voi fate finta di crederci per non perdere i vostri generosi sovvenzionatori. Questo comportamento è indegno di un'organizzazione che dice di essere favorevole alla difesa dei diritti umani.
Molte di noi hanno creduto alla vostra retorica ed hanno voluto far soldi [come prostitute] nell'industria del sesso. La nostra esperienza ci ha permesso di constatare che è impossibile regolamentare la prostituzione in modo tale che i prodotti umani siano in essa rispettati. Finché continuerete a sostenere che è possibile gestire un mercato nel quale gli esseri umani sono i principali prodotti, noi continueremo a denunciare la vostra posizione e ad invitare la popolazione a boicottarvi.
Marie-Josée Michaud e Rose Sullivan , sopravvissute che avevano "scelto" la prostituzione, militato per la sua completa depenalizzazione ed hanno cambiato idea di fronte all'evidenza e all'orrore.
 

 

martedì 11 agosto 2015

Amnesty international e la violenza contro le prostitute


E' stata approvata a Dublino una risoluzione che invita i membri di Amnesty International a sviluppare una politica che sostenga la totale decriminalizzazione di tutti gli aspetti del "lavoro sessuale" (" a policy that supports the full decriminalization of all aspects of consensual sex work"), vale a dire, che supporti e solleciti non solo l'auspicabile depenalizzazione di chi pratica sesso a pagamento, misura condivisa da tutti, dalle abolizioniste in primis,  ma anche  la mercificazione delle donne da parte dei clienti e lo sfruttamento legalizzato e istituzionalizzato della prostituzione da parte dei proprietari dei bordelli. 
La suddetta risoluzione si fonda sulla convinzione che la regolamentazione della prostituzione riduca i rischi  di subire violenza da parte di chi la esercita.
Si tratta di uno dei tanti miti che circolano sulle magnifiche sorti e progressive della regolamentazione, miti che ho  confutato in un testo pubblicato sul blog di Massimo Lizzi, cui rinvio  
Riprendo l'argomento e aggiungo ulteriori dati ufficiali o forniti da organizzazioni favorevoli alla prostituzione. In Germania, secondo cifre del Ministero della Famiglia  risalenti al 2007,  il 41% delle prostitute  ha subito violenza fisica o sessuale. [1]
Da una ricerca effettuata nel 2011-2012 da TAMPEP, nell'ambito dell' Indoors Project, si apprende che il 47% delle 200 prostitute di Amsterdam contattate ha affermato di aver sperimentato la violenza e non è detto che una parte delle altre partecipanti non l'abbia subita, dal momento che la domanda non è stata posta a tutte. [2]
 
"For 46.5% of the sex workers contacted, no experience of violence was reported, or violence was not an issue discussed by the outreach team".  [3]

In un  altro 4,5% di casi la violenza è stata osservata dagli stessi intervistatori e nel restante 2% dei casi le prostitute hanno riportato esperienze di  maltrattamenti subiti dalle colleghe. [Ibidem]
 
Germania e Paesi Bassi sono Stati che hanno adottato un approccio regolamentarista. E' questa la sicurezza da loro garantita alle prostitute? E' accettabile che fra il 41% e il 51,5% di queste persone abbia subito violenza? E da quali fonti si desumerebbe la sussistenza in Svezia di una percentuale più elevata? Citatemi i dati, per favore. Ripropongo però la domanda iniziale: possiamo tollerare che circa la metà delle prostitute in Germania e nei Paesi Bassi sia vittima di violenza?
E in Nuova Zelanda? Secondo il rapporto prodotto dal governo di questo Stato nel 2008 “la maggioranza delle sex workers intervistate ha sostenuto che la decriminalizzazione della prostituzione poteva fare ben poco per ridurre la violenza esercitata” nell’industria del sesso. [4] In questo Paese i bordelli devono essere muniti di una licenza di esercizio, a meno che in essi operino al massimo quattro prostitute non sottoposte ad alcun potere di controllo, (trattasi sostanzialmente di piccole cooperative) (small owner operated brothels).
Il Comitato incaricato di valutare la legge nel 2008, pur composto prevalentemente da persone favorevoli alla legalizzazione della prostituzione, ha constatato l'insoddisfacente funzionamento di questo sistema di certificazione [5] Una volta rilasciata, la licenza non viene più controllata. Non vengono previste e attuate procedure di verifica del trattamento delle prostitute nei bordelli, sicché non si sa se i gestori promuovano effettivamente il benessere, la salute e la sicurezza di chi vi opera [6].
Amnesty International si preoccupa anche di prevenire l'HIV. Benissimo. Ma non dovremmo preoccuparci di prevenire pure il disturbo post-traumatico da stress, l'ansia, la depressione, le idee suicidarie concepite da un elevatissimo numero di prostitute di tutto il mondo?  Queste affezioni sono tollerabili?
Ritorniamo però alle malattie sessualmente trasmissibili. Cito il caso di un altro Paese regolamentarista: l'Austria. In questo Stato una legge sulle malattie veneree, promulgata nel 1974 in applicazione di una normativa del 1945 e modificata nel 1993, impone alle persone che intendano esercitare la prostituzione l'obbligo di sottoporsi preventivamente ad una visita medica volta ad accertare l'assenza di patologie sessualmente trasmissibili. Questa condizione è attestata dal rilascio di una tessera sanitaria che la prostituta deve esibire ad ogni richiesta della polizia o di altre autorità amministrative. Il controllo deve essere reiterato settimanalmente. Se l'ufficiale sanitario diagnostica una malattia venerea,   la prostituta deve sottoporsi ad un trattamento di cura e la sua tessera sanitaria viene ritirata fino a completa guarigione.[7] Inoltre ogni prostituta, in base alla legge del 1993 sull'AIDS (AIDS- Gesetz), prima di iniziare l'attività, deve effettuare il test dell'HIV e lo deve ripetere ogni tre mesi. L'esito del controllo viene annotato sulla sua tessera sanitaria. Questa le viene ritirata in caso di sieropositività o di risultato incerto o di rifiuto di eseguire l'esame.[8]
Ora: questa prescrizione normativa induce spesso i clienti a esercitare pressioni sulle prostitute perché pratichino rapporti sessuali senza preservativo. [9]
Non solo.
La legge viene rispettata solo dalle persone che hanno assolto anche l'obbligo della registrazione. Si dà il caso, però, che, secondo alcune stime, la metà  delle prostitute sia irregolare [10] e, dunque, non si sottoponga regolarmente ai test prescritti. Un quarto delle prostitute non registrate arrestate dalla polizia nel 2002, si legge in un numero della rivista del Ministero dell'Interno,  è risultata affetta da malattie sessualmente trasmissibili. [11]
Nell'Europa dell'Ovest la prevalenza dell'HIV fra le prostitute è pari all'1%. Nei Paesi Bassi, però,   la sieroprevalenza fra queste persone si attesta sul 3,8%. 
Per contro, la penalizzazione dei clienti non è riconosciuta come un fattore di rischio di contagio dell'HIV: nessuno studio epidemiologico mostra che vietare l'acquisto dei rapporti sessuali comporti rischi sanitari.
Amnesty International è a conoscenza di questi dati? Non so.
L'unica certezza che ho è di provare un sentimento di sconforto e di forte amarezza.
Vorrei concludere l'articolo avvolgendo in un caloroso abbraccio le tanto demonizzate abolizioniste,  e, soprattutto, le ex vittime di tratta e le sopravvissute alla prostituzione italiane e straniere, la cui voce, ancora una volta, non è stata ascoltata.
Sono persone molto determinate e combattive.
So che proseguiranno la lotta.
 
 
NOTE:
1.  Federal Ministry for Family Affairs, Senior Citizens, Women and Youth, Health, Well-Being and Personal Safety of Women in Germany, 2007, p.25 http://www.bmfsfj.de/RedaktionBMFSFJ/Broschuerenstelle/Pdf-Anlagen/Frauenstudie-englisch-Gewalt-gegen-Frauen,property=pdf,bereich=bmfsfj,sprache=de,rwb=true.pdf
2.Indoors Project, Outreach in indoor sex work settings. Autres Regards, Marseille, France, 2012, pp.22-24 http://tampep.eu/documents/Outreach_Report-Indoors_2.pdf
3. Ibidem, p.22
4. New Zealand Government, Ministry of Justice, Report of the Prostitution Law Review Committee on the Operation of the Prostitution Reform Act 2003, 2008 http://www.justice.govt.nz/policy/commercial-property-and-regulatory/prostitution/prostitution-law-review-committee/publications/plrc-report/documents/report.pdf,p.14.
5. Ibidem, p.93
6. Ibidem, pp.93-94
7.   Verordnung des Bundesministers für Gesundheit und Umweltschutz über die gesundheitliche Überwachung von Personen, die der Prostitution nachgehen StF: BGBl. Nr. 314/1974 idF: BGBl. Nr. 591/1993; Geschlechtskrankheitengesetz StGBl.Nr. 152/1945 zuletzt geändert durch BGBl.Nr. 345/1993. http://www.kunsttransfer.at/archiv/methoden/08/files/Bundesgesetz_Prostitution.pdf; Angelika Kartusch and Cordula Hoebart dell'associazione Soph!e, Women at Work- Sex Work in Austria, Vienna, June 2007, p.19 http://v000702.vhost-vweb-02.sil.at/wp-content/uploads/2008/07/tca-kyrene-austria-report.pdf
8. AIDS-Gesetz 1993 http://www.kunsttransfer.at/archiv/methoden/08/files/Bundesgesetz_Prostitution.pdf
9. Regelung der Prostitution in Österreich Empfehlungen der Arbeitsgruppe „Prostitution“, Wien, 2015, pp.35-36.
10. Ibidem, p.36.
11. Illegale Prostitution. In Öffentliche Sicherheit. Das Magazin des Innenministeriums No 1-2/2003 Jänner-Februar http://www.bmi.gv.at/cms/BMI_OeffentlicheSicherheit/2003/01_02/Artikel_03.aspx