lunedì 30 giugno 2014

Hans Broich di Zéro Macho : "Ciò che fanno i clienti, assomiglia a uno stupro"


 

Si chiamano Zéromachos: sono uomini  contrari alla prostituzione e  favorevoli alla penalizzazione dei clienti. In Francia il loro desiderio è stato realizzato e l'UE potrebbe seguirli.
In Germania  uno dei loro esponenti è Hans Broich.  Quali sono i motivi del suo impegno?
 
La Große Koalition (la coalizione di governo tra CDU e SPD) concorda su questo punto: bisogna cambiare qualcosa in Germania in materia di prostituzione. La CDU e la SPD prevedono di realizzare una riforma; progettano di sottoporre i bordelli ad un maggior controllo,  di ampliare il numero dei servizi di consulenza per le sex workers e di offrire maggior sostegno alle vittime della prostituzione coatta.
Ma qua nessuno andrà così lontano come ha fatto  il governo francese [...]
In Francia  un movimento ha  contribuito ad accrescere la pressione sociale sul governo: gli Zéromachos, uomini impegnati contro la prostituzione. Uno di loro vuole rafforzare questo movimento in Germania. Si tratta dello studente Hans Broich, figlio degli attori Martin Wuttke e Margaret Broich. In questa intervista spiega perché considera la Francia un modello in materia di prostituzione.
 
SPIEGEL ONLINE: Che influenza hanno gli Zéromachos?
 
BROICH:  Con 119 iscritti, in Germania siamo solo agli inizi [n.d.t. dopo l'intervista del 26 febbraio erano già 204]. Il coordinamento è ancora in Francia. Ci sono 2209 [n.d.t: il 4 marzo erano 2294] Zéromachos nel mondo, suddivisi in 53 Paesi. Hanno ampiamente contribuito alla nuova legge sulla penalizzazione dei clienti votata in Francia. Vogliamo la stessa cosa in Germania.
 
SPIEGEL ONLINE: Secondo questa legge, i clienti saranno sanzionati per il sesso a pagamento, a differenza delle prostitute. Perché pensi che questo sia giusto?
 
BROICH: Senza domanda, non ci sarebbe prostituzione.  Ora, quello che fanno i clienti assomiglia a uno stupro. In effetti, questo atto non dovrebbe essere socialmente accettato. E' semplicemente disumano.
 
SPIEGEL ONLINE: Eppure i sostenitori della prostituzione fondano i loro argomenti sulla libertà sessuale.
 
BROICH: La prostituzione non ha nulla a che vedere con la libertà sessuale. Non  si fonda sul piacere reciproco. Quando il denaro si inserisce nei rapporti sessuali, la libertà sparisce. E' allora solo una questione di potere - quasi sempre il potere dell'uomo sul corpo delle donne. Gli Zéromachos dicono di sì al sesso, ma solo se fondato sull'uguaglianza. Alcuni hanno molte relazioni sessuali, altri sono mariti fedeli.
 
SPIEGEL ONLINE: I lobbisti della prostituzione si oppongono al progetto di penalizzazione dei clienti. Affermano che la maggioranza delle donne ha scelto liberamente  e volontariamente questo lavoro.
 
BROICH: Si tratta di proprietari di bordelli che traggono profitto dallo sfruttamento degli altri. Non sono credibili. [N.D.T In Germania, infatti, sono numerosi i/le proprietarie dei bordelli che intervengono nei dibattiti televisivi a sostegno della  legalizzazione, sostenendo che la pratica dei rapporti mercenari sia in genere il frutto di una libera scelta] Tra le donne che hanno abbandonato la prostituzione, alcune dichiarano di aver avuto bisogno di numerosi anni di terapia a causa del trauma subito. E' abbastanza ovvio che le molte giovani donne provenienti dall'Europa dell'Est che non parlano una parola di tedesco  non si trovino nei bordelli volontariamente. Non si tratta di luoghi di piacere, ma di schiavitù. Quasi tutte le prostitute abbandonerebbero immediatamente questo lavoro se avessero la possibilità di guadagnare denaro in altro modo. La maggioranza di loro ha subito abusi e violenze durante l'infanzia ed è stata anche stuprata durante l'esercizio della prostituzione. Non è perché un piccolo numero di donne dichiara ad alta voce che questo lavoro è fantastico, che la società deve abbandonare tutte le altre, che non hanno voce.
 
SPIEGEL ONLINE: Come potrebbe essere ancora possibile controllare le prostitute e i magnaccia se questi precipitano nell'illegalità?
 
BROICH: E' esattamente il contrario. A causa della legalizzazione, la polizia tedesca ha le mani legate. Spesso  si è in presenza della tratta degli esseri umani, ma è difficile da dimostrare. Le donne sono umiliate e spaventate, i loro parenti e i loro figli nei Paesi d'origine sono minacciati. Esse non sono nelle condizioni di testimoniare, ancor meno di denunciare qualcuno. Solo le sanzioni contro i clienti sono efficaci nel lungo periodo: la paura della punizione riduce la domanda. In Svezia, il numero delle prostitute che lavorano in strada si è dimezzato.
 
SPIEGEL ONLINE: I clienti possono ora trovare le prostitute su Internet. E' meglio?
 
BROICH: La prostituzione non sparirà mai completamente, così come ci saranno sempre gli omicidi e il traffico di droga. Su Internet, non è più difficile che altrove rintracciare i clienti. La polizia può seguire i clienti senza farsi vedere e tendere loro delle trappole. In Svezia, gli hotel e i vicini denunciano, se hanno dei sospetti. Quando gli acquisti di sesso saranno punibili, diminuiranno, come in Svezia.
 
SPIEGEL ONLINE: La situazione delle prostitute non sarà peggiore quando dovranno nascondersi?
 
BROICH: Esse potranno  minacciare di denunciare l'acquisto di sesso alla polizia, se un cliente è violento. Attualmente, sono alla mercé dei loro clienti e dei loro prosseneti. La legalizzazione crea enormi lacune nella lotta contro la tratta degli esseri umani, perché si presuppone sempre che le donne appena arrivate dall'Europa dell'Est siano giunte in Germania di loro spontanea volontà. Diventa sempre più normale acquistare sesso, anche sotto forma di un buono regalo del padrone a Natale. La legge ha bisogno di una nuova logica. Non devono esistere bordelli autorizzati: il corpo non è una merce.
 
SPIEGEL ONLINE: E dove dovrebbero andare gli uomini che altrimenti non troverebbero alcuna donna?
 
BROICH: Come dicono le mie amiche Femen, non esiste un diritto al sesso. Nel corso degli ultimi quattro anni della mia vita e non solo attraverso di loro, ho sviluppato una nuova sensibilità al dramma della prostituzione. La Germania ha bisogno di una maggiore attenzione alle violazioni dei diritti umani subite ogni giorno dalle prostitute nel nostro Paese.
 
SPIEGEL ONLINE: Alcune Femen si sono incatenate in dicembre davanti all'ingresso di un bordello a Berlino. Seni nudi contro la prostituzione- può funzionare?
 
BROICH: Le Femen utilizzano il loro corpo come un'arma e non per il sesso. Si riappropriano del  corpo per rendere visibile uno scandalo occultato. Sono combattenti coraggiose, al contrario della mia generazione apolitica.

sabato 21 giugno 2014

Colonialismo e patriarcato sono la stessa cosa





Megan Murphy

La legislazione sul mercato del sesso ha occupato la ribalta del dibattito femminista sin dalla storica causa legale Bedford v. Canada presentata nel 2007. Gli attori della causa hanno sostenuto che le leggi esistenti che criminalizzano lo sfruttamento della prostituzione, la pubblicità  della prostituzione e la gestione  dei bordelli sono incostituzionali. Il 26 marzo 2012 la magistrata Susan Himel ha sancito la depenalizzazione della gestione dei bordelli dell'Ontario.
Mentre molte femministe concordano sul fatto che le leggi attuali sono problematiche, perché criminalizzano le donne che hanno ben poche altre scelte oltre alla vendita di sesso, gli avvocati sono divisi sul modo migliore di procedere. La povertà, il razzismo, la dipendenza dalla droga e il sessismo definiscono chi entra nel mercato del sesso, non solo in Canada, ma in tutto il mondo. Eppure, molti parlano della cosiddetta scelta di esercitare il lavoro sessuale, senza considerare il contesto di ingiustizia e di oppressione come l'elemento centrale che porta le donne a lavorare nel settore.
Jeannette Corbiere Lavell, presidente della Native Women's Association of Canada, sostiene che le donne che lavorano nel mercato del sesso non dovrebbero essere punite, ma è salda nella sua opposizione alla legalizzazione dei bordelli. Vuole che il focus della criminalizzazione si concentri precisamente sui magnaccia e sui clienti.
 
Una storia di razzismo
"A causa della mentalità colonialista, molte persone pensano che le donne aborigene abbiano sempre fatto le prostitute" afferma Lavell. Lei dice che questo non è vero. Piuttosto le donne e le ragazze indigene finirono nella prostituzione a causa della disgregazione delle famiglie e delle culture aborigene. "La prostituzione non fa parte delle nostre tradizioni. Non fa parte del nostro modo di essere", dice.
" I nostri anziani hanno  affermato che la nostra organizzazione di donne deve far sentire la sua voce" ha aggiunto Lavell. "Le nostre donne non vogliono essere prostitute. Non vogliono vivere questa vita".
Ma Lavell dice che molte donne hanno ben poche altre scelte, non avendo la possibilità di guadagnare in altro modo il denaro e dovendosi prendere cura a casa di bambini ed anziani. "Così quando vengono approcciate dai magnaccia e dai clienti, quando vengono loro offerti soldi, sembra che quello sia l'unico modo di guadagnarli. Vengono così coinvolte nella prostituzione".
Uno studio pubblicato nell'edizione del 2003  del periodico  Social Science and Medicine mostra che il 70% delle prostitute che lavorano a Downtown Eatside a Vancouver sono donne aborigene.  Jackie Lynne, esponente della Aboriginal Women's action Network, è rimasta colpita dal numero di donne aborigene presenti nel mercato del sesso, quando ha iniziato a effettuare ricerche sull'argomento nel 1998.
"Ho iniziato come volontaria in un drop-in center di Downtown Eatside. La maggioranza dei volti delle donne era di colore. Questo fatto ha ispirato la domanda della mia ricerca: "Perché ci sono così tante donne indigene coinvolte nella prostituzione?" Lynne, uscita lei stessa dal lavoro sessuale 20 anni fa, ha iniziato a delineare le radici storiche del razzismo, del sessismo e del classismo e ha individuato un indissolubile legame tra prostituzione e colonialismo.
Cherry Smiley è un'attivista e un'operatrice anti-violenza presso le nazioni Nlaka'pamux (Thompson) e Dine (Navajo). Lei sostiene che il fatto che le donne e le ragazze aborigene siano sovra-rappresentate nel mercato del sesso non sia casuale. Al contrario, dice, le donne aborigene sono "instradate" verso il lavoro sessuale come risultato della storia del razzismo in Canada, una storia che include le scuole differenziali, il sistema delle riserve e il sistema di adozione.
"Tutte queste istituzioni con le quali dobbiamo misurarci quotidianamente stanno contribuendo a determinare la condizione in cui  vengono a trovarsi le donne e le ragazze. La prostituzione è la conseguenza di queste istituzioni", sostiene. "Non è come se  tutte noi ci fossimo svegliate alla mattina e avessimo deciso che questa doveva essere la nostra carriera, perché ci piace far sesso con gli sconosciuti".
 
La scelta non  ha alcuna attinenza con la questione
La retorica della scelta che circonda il lavoro sessuale è stata menzionata molte volte dalle donne con cui ho parlato. Esse hanno messo in discussione l'idea che il lavoro sessuale possa essere davvero una scelta nel contesto di una società fondata sulla disuguaglianza.
"Il liberismo nord-americano ama la parola "scelta", ma presuppone che tutti siamo su un piano di parità" dice Lynne. Il problema della parola "scelta", secondo Lynne, è che ha deviato l'attenzione dalla questione della domanda, dal problema di chi compra le donne e di chi perpetra l'abuso. "Abbiamo bisogno di inquadrare  il problema della prostituzione all'interno  della questione dei diritti umani e nel contesto dell'uguaglianza fra uomini e donne e vedo che  ciò non accade" aggiunge.
"Se ci fosse vera uguaglianza, la prostituzione non esisterebbe. La prostituzione esiste, perché esiste la diseguaglianza", dice Lynne. "Se guardiamo alla prostituzione e alla normativa sulla prostituzione attraverso questa lente, dobbiamo chiederci se la depenalizzazione dei magnaccia e dei clienti abbia davvero senso, se  il nostro impegno è diretto verso la creazione di una società giusta".
Smiley dice che l'idea che le donne "scelgano" semplicemente  il lavoro sessuale come una carriera professionale è offensiva. "Se fosse così, significherebbe che le donne e le ragazze native amerebbero far sesso con gli estranei in misura molto maggiore delle donne bianche, in numero sproporzionato", dice. "Ciò alimenta i miti razzisti che noi siamo selvagge, incontrollabili, poco intelligenti, dei corpi sessualizzati e questo non è vero. Le donne e le ragazze aborigene sono molto più di questo".
Smiley afferma che quando ci concentriamo sulla "scelta", evitiamo di porci domande estremamente rilevanti  sui sistemi e sulle ingiustizie che conducono le donne aborigene al lavoro sessuale.
 
Colonialismo e patriarcato: sono la stessa cosa
Non è possibile separare l'arrivo dei coloni europei dall'imposizione alle culture indigene del sistema patriarcale e di quello capitalista. Smiley dice che questa verità deve essere tenuta assolutamente in considerazione quando riflettiamo sulle donne nel mercato del sesso.
Smiley dice: "La prostituzione è solo un'altra istituzione del colonialismo. Quindi prende di mira in modo particolare le donne e le ragazze native, non solo in Canada, ma in tutto il mondo. Siamo assoggettate alle stesse forze".
"Colonialismo e patriarcato vanno di pari passo", aggiunge. "Sono la stessa cosa".
E infatti, la storia del colonialismo in Canada rivela inestricabili legami con l'introduzione delle idee patriarcali in quella che si dice essere, tradizionalmente, una cultura più egualitaria.
Levell mi racconta che, prima che i colonizzatori europei giungessero nella zona nota come  la Terra di Rupert (poi  acquistata dal Canada) per stabilirvi i propri insediamenti, le donne erano tenute in grande considerazione. La diseguaglianza e l'idea che le donne non abbiano  gli stessi diritti e il medesimo potere decisionale degli uomini "sono un'imposizione della cultura occidentale", afferma Lavell.
"Tutto quello che so e che mi è stato insegnato dalle mie nonne, è che uomini e donne venivano percepiti come uguali prima del contatto con gli Europei. Le donne erano veramente libere" dice Smiley.  
Certo le cose non erano perfette, ma l'oppressione non era diffusa su scala sistematica, fino all'arrivo degli Europei, mi ha detto Smiley. "Si è visto che in molte comunità delle Prime Nazioni le donne erano rispettate e avevano il potere  decisionale. Godevano di una situazione di maggiore parità con gli uomini e penso che quel che è accaduto, in seguito  all'arrivo dei coloni, sia molto irritante" dice.
In un saggio del 1998, intitolato "Colonialismo e sfruttamento sessuale delle donne delle Prime Nazioni del Canada" , Lynne  ha studiato i modi in cui lo sfruttamento sessuale delle donne delle Prime Nazioni è direttamente connesso al colonialismo e le modalità della "creazione della nostra inferiorità come classe sia rispetto agli uomini delle Prime Nazioni che rispetto agli uomini europei". Lynne  si richiama al libro di Kathleen Barry intitolato "Schiavitù sessuale femminile", che sostiene che la domanda di sex workers richieda una classe di donne svalutata.
"Non riesco a pensare a una classe di donne più svalutata della classe delle native", dice Lynne.
Le donne europee non vennero autorizzate ad emigrare nei primi cent'anni della colonizzazione, mi dice Lynne. Di conseguenza, i coloni pensarono di poter ricorrere alle cosiddette "mogli del posto". Si trattava di donne native  di cui si servivano commercianti e cacciatori per accedere alle  loro conoscenze. Esse potevano aiutare gli uomini a sopravvivere in un territorio sconosciuto.
"Queste mogli sono state usate per le loro conoscenze e per il sesso", dice Smiley. "In cambio potevano ottenere sicurezza o cibo, ma quando fu permesso alle donne bianche di raggiungere il Canada, le native vennero cacciate e abbandonate in condizioni di povertà". Naturalmente, in quel periodo, vennero aperti anche i bordelli.
Date le condizioni,  dice Lynne,  le donne delle Prime Nazioni divennero le prime prostitute del Canada. La storia razzista, sessista e classista dello sfruttamento sessuale non è limitata al Canada, naturalmente. "Se si guarda alla prostituzione su scala mondiale, che è sempre una cosa importante da fare, si vedrà che la maggior parte delle donne sono prostituite per questi motivi", dice Smiley. "Sono soprattutto le donne povere, aborigene e di colore ad essere nella prostituzione".
Smiley evidenzia anche che "molte donne native e molte che sono in strada soffrono di dipendenza dall'alcool o dalla droga e hanno problemi di salute mentale. Che dire di questi problemi? Che sono il risultato del patriarcato e del colonialismo. Le donne consumano droghe e alcool per soffocare il dolore, perché noi non offriamo loro altre soluzioni reali".
 
Legislazione: criminalizzare gli sfruttatori della prostituzione e i clienti e depenalizzare le donne
Per quanto riguarda le leggi sul mercato del sesso, Smiley ritiene che la depenalizzazione dei clienti e la legalizzazione dei bordelli non sia una soluzione che possa aiutare le donne aborigene.
"Soffriamo e stiamo male, perché abbiamo perso le nostre lingue e la nostra terra e ci offrono droghe e alcool per soffocare questo dolore", dice. "Le donne dovrebbero aver accesso a ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere, senza dover stare nella prostituzione; dovrebbero poter accedere a  posti per disintossicarsi e poter svolgere lavori che diano soddisfazione - noi vorremmo che tutte avessero queste cose. Definire una soluzione la legalizzazione dei bordelli sarebbe come dire alle donne: "Questo è quanto,  questo va bene per voi, non pensate di poter chiedere di più".
Lavell è d'accordo e dice che il Canada dovrebbe promulgare una legislazione simile a quella che è stata introdotta in Norvegia, comunemente indicata con il nome di "modello nordico". Questo modello include leggi che depenalizzano le donne prostituite e criminalizzano gli sfruttatori della prostituzione e i clienti.
Lavell dice di essere veramente rattristata dalla decisione assunta  dai giudici dell'Ontario di legalizzare i bordelli e spera che questa sentenza venga ribaltata dalla Corte Suprema del Canada.
"Se la prostituzione viene legalizzata, le donne continueranno a poter essere assassinate", dice. "Le nostre donne sono molto chiare e molto determinate su questo punto. Soprattutto le donne anziane che adottano ancora le nostre tradizioni culturali e praticano il nostro tipo di spiritualità". Lavell vuole che alle donne e alle ragazze aborigene siano offerte altre opportunità, non semplicemente quella di essere spostate dalle strade ai bordelli.
Il problema che molti gruppi di donne notano nel dibattito sulla legislazione sul lavoro sessuale è la mancanza di attenzione ai clienti: gli uomini.
"Vorrei, per quanto possibile, attirare l'attenzione  sul modo di fermare la domanda" dice Lynne. "Le femministe sono costrette a discutere infruttuosamente con coloro che non riconoscono la responsabilità degli uomini. Le discussioni sulla legalizzazione distraggono da ciò che io ritengo essere la fonte del problema". Lynne vuole che gli uomini siano ritenuti responsabili delle proprie azioni e dei propri comportamenti.
Smiley è d'accordo e ritiene che le discussioni sulla legalizzazione dei bordelli distraggano dai problemi reali e dall'apprestamento di soluzioni concrete  per le ragazze e per le donne che vivono in condizioni di povertà o che sono dipendenti da alcool o droghe.
"I soggetti  responsabili del fatto che donne e ragazze native vengano uccise o scompaiano sono gli stessi che fanno sì che le donne e le ragazze indigene entrino nella prostituzione e rimangano bloccate lì. Questi soggetti sono gli uomini", dice Smiley.
"La soluzione non è consegnare loro donne e ragazze su un piato d'argento e dire: "Tenetevele". La soluzione è dir loro: "Cambiate il vostro comportamento".

venerdì 20 giugno 2014

Appello delle sopravvissute alla prostituzione al Presidente del Consiglio


quattro ex prostitute offrono la loro testimonianza ed invitano il Senato ad assumere decisioni rapide. Chiedono infatti l'iscrizione all'ordine del giorno di questo ramo del Parlamento della proposta di legge che rafforza la lotta contro il sistema prostituente, adottata dai deputati il 4 dicembre.
 
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri,
Noi, sopravvissute alla prostituzione, abbiamo deciso di uscire dalla vergogna e dal silenzio. Ed eccoci considerate dappertutto, anche nelle nostre piccole città, grazie al fatto di aver compiuto questo difficilissimo passo, le depositarie di una parola che finalmente può esprimersi liberamente. E' a noi che donne, uomini, sempre più giovani, confidano ciò che non possono dire a nessuno: come un ufficiale giudiziario, la depressione, la perdita del lavoro, le violenze del partner o una rete di prosseneti li abbiano costretti a prostituirsi. Come non lanciare l'allarme su questo aspetto invisibile della crisi?
Queste donne e questi uomini affermano: la prostituzione non è un film. E' vita trascorsa a subire, a soffrire e a tacere. Ad assoggettarsi. A nascondersi e a mentire. E' paura che ti stringe e ti afferra lo stomaco. Ne uscirò vivo/a?
E' il disprezzo di chi ci paga: le sue pulsioni, le sue esigenze, le sue perversioni. L'alcool per sopportare questa vita, la coca: tutto ciò che può far dimenticare. L'intimità violata, l'espropriazione del corpo, la salute distrutta. L'isolamento e i tanti ostacoli da superare per tornare in un mondo in cui non sappiamo più vivere.
Oggi vogliamo parlare a nome di tutte quelle persone che si sentono soffocate, inibite dalla vergogna o dalla paura, e che aspettano di trovare una via d'uscita a questa esistenza senza futuro, a questi giorni senza gioia.
Nessuna donna, nessun uomo dovrebbe più essere condannato a prostituirsi; né dovrebbe più essere stigmatizzato tutta la vita per aver esercitato la prostituzione.
Fare questo passo verso una maggiore civiltà, libertà e uguaglianza, verso un maggior rispetto dei diritti umani sarebbe un onore per il Governo e per i parlamentari francesi. Vi chiediamo solennemente di iscrivere all'ordine del giorno del Senato e di votare immediatamente la legge che darebbe finalmente il diritto ad un futuro diverso alle molte fra di noi che vi aspirano.
Laurence Noëlle, Rosen Hicher, Carole, Marie-Ange
 
 
"Per poter ricostruire la mia vita, ho dovuto tacere per più di 20 anni. Sono sopravvissuta all'inferno dei marciapiedi di via Saint Denis. Oggi mi ritengo una resiliente della prostituzione. Poiché ho potuto fare di questa esperienza di vita una ragione di forza, voglio battermi perché la società muti il proprio modo di vedere le persone che sono ancora disprezzate, rifiutate, accusate di tutti i mali: perché esse possano finalmente parlare senza vergogna e uscire dalla prostituzione in modo dignitoso.
Laurence Noëlle
 
 
"Se all'epoca ci fosse stata una legge che avesse vietato l'acquisto di atti sessuali, non mi sarei prostituita per 22 anni: 22 anni buttati via, 22 anni che non posso più recuperare. Oggi chiedo ai parlamentari di predisporre misure di prevenzione, affinché le ragazze non cadano più nella prostituzione; ma anche di aiutarle ad uscirne e chiedo di fornire alle psicologhe una formazione che consenta loro di liberare la parola delle donne".
Rosen Hicher
 
 
" Me ne sto rintanata in casa. Ho paura di tutto. Di presentare domanda per un posto di lavoro, di andare dal medico, di recarmi alla Sécurité Sociale (n.d.t ente che eroga le pensioni)... Tutte le violenze che ho subito, la reclusione nei bordelli per tre anni, tutto ciò ammorba la mia vita. E' necessario che la legge sanzioni i clienti che ricorrono alla prostituzione. Il denaro non ripaga il rapporto sessuale. Si tratta di uno stupro. Il denaro non lo risarcisce. Anche il cliente più corretto mi ha fatto subire ciò che è intollerabile."
Carole
 
 
" Ho l'impressione di avere un'etichetta stampata in fronte con la parola "prostituta" e mi vergogno. In Prefettura, ho chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno della durata di 10 anni. Ma l'impiegato mi ha posto delle domande sulle precedenti attività svolte e c'erano tantissime persone dietro di me. Non sono stata in grado di rispondere, così non ho osato chiedere il rilascio del permesso di soggiorno. Anche dopo tanti anni, rimane tutto così difficile!"
Marie-Ange


 
 
 

martedì 17 giugno 2014

Cosa sappiamo del ricorso alle prostitute minorenni?




 
 
 
 
Ci si rifugia abitualmente dietro l'idea che i clienti delle minorenni presentino profili patologici. Ora:
 
I clienti delle bambine prostitute spesso non sono altro che membri di gruppi di utenti della prostituzione in generale e non sono persone che manifestano un interesse sessuale focalizzato sui bambini. (Julia O’Connell Davidson, L’exploiteur sexuel, 2e Congrès mondial contre l’exploitation sexuelle des enfants, Yokohama, 2001.)
 
In altre parole, i clienti delle prostitute minorenni non sono in genere, pedofili, ma uomini comuni.
Norma Hotaling, fondatrice del Programma Sage [1] a San Francisco, che ha avuto occasione di parlare con circa 5000 uomini nell'ambito della John's School, è giunta alle stesse conclusioni:
 
[..] La maggioranza dei milioni di uomini che sfruttano ogni anno prostitute minorenni sono in primo luogo clienti della prostituzione che abusano delle bambine in seguito al loro consumo di prostituzione. (...) Il mondo della prostituzione, legale o meno, offre uno spazio in cui questi uomini possono trasgredire le leggi e le norme che regolano il sesso con i minori. (N. Hotaling, Increased Demand Resulting in the Flourishing Recruitment and Trafficking in Women, réunion d’experts, Séoul, Corée, 2003.)
 
L'inchiesta effettuata nel Perù da Save the Children [2] rivela che "la maggioranza dei clienti sono uomini che hanno rapporti sia con donne adulte che con ragazze minorenni, in relazione alle opportunità che si offrono loro. Essi percepiscono il sesso con le minorenni come naturale".
Questi uomini riaffermano la propria identità sessuale, confermano il proprio potere su chi ha meno esperienza sessuale, manifestano il proprio dominio e la propria superiorità. Alcuni parlano di un aumento dell'eccitazione, altri, semplicemente, considerano le minorenni delle merci. I loro discorsi e comportamenti sono fortemente impregnati di machismo.
E' importante sottolineare che, per gli uomini, è proprio la transazione commerciale a rassicurarli e a indurli a ritenere legittimo il proprio comportamento. Non si sentono responsabili "perché per loro la dazione di denaro legittima il diritto di avere rapporti sessuali. Dicono di non usare violenza per costringere bambine e adolescenti ad avere rapporti sessuali e quindi sono convinti di non violare i loro diritti".
Come scrive O' Connell Davidson [3]: "questo genere di indifferenza morale è, in fondo, molto ben accolto nella società di mercato. Ci si aspetta generalmente dai consumatori che agiscano in base ai propri interessi senza sentirsi legati agli operai che fabbricano i prodotti acquistati, né assumere obblighi morali nei loro confronti".
L'indagine condotta in Nepal [4] mostra l'esistenza di una forte domanda di ragazze molto giovani. A 15 anni esse sono considerate adulte dai prostitutori.
Le ricerche recenti confermano dunque le conclusioni cui era approdata per prima Julia O' Connell Davidson.
 
NOTE
 [1] Programma di formazione destinato ai clienti statunitensi arrestati per adescamento.
[2] The Client Goes Unnoticed, Save the Children, Svezia, 2004.
[3] J. O’Connell Davidson, op. cit., 2001.
[4] A Study of Trafficked Nepalese Girls and Women in Mumbai and Kolkata, Inde, Terre des Hommes, 2005.
 
 
 
 
 
 
 

lunedì 16 giugno 2014

Il comportamento dei prostitutori (= clienti)

 

 

Poche ricerche studiano il rapporto tra il modo in cui il prostitutore si rappresenta la donna in generale e l'atteggiamento che adotta nei confronti della persona prostituita. Per contro, la maggioranza delle ricerche concorda sulla violenza esercitata dai clienti nei confronti delle persone prostituite.
 
Qual è il comportamento dei prostitutori nei confronti delle persone vittime della tratta? Quale rapporto sussiste tra domanda dei prostitutori e tratta degli esseri umani?
Nel rapporto Traite des êtres humains, recrutement par Internet (Tratta degli esseri umani, reclutamento tramite Internet) [1], il Consiglio d'Europa osserva che nei racconti degli uomini sull'acquisto di sesso sono disseminati numerosi indizi che lasciano intuire che essi consumino donne vittime della tratta. Il rapporto precisa che uno studio effettuato nel 2006 e nel 2007 dall'Università di Tracia, nel quadro del progetto AGIS 66, in tre Paesi europei (Grecia, Cipro, Germania) sulla tratta generata dalla domanda: Demand of Stolen Lives. Researching the Demand Side of Trafficking, rivela che la maggior parte dei clienti chiude gli occhi, finge di non percepire il carattere criminale della tratta degli esseri umani e che una percentuale elevata di essi si mostra totalmente indifferente alla sorte delle donne [che ne sono vittime]. A loro interessa una sola cosa: fruire dei servizi che hanno comprato.
Una ricerca israeliana [2] rivela che quasi la metà dei clienti intervistati ritiene che le donne straniere eseguano una prestazione migliore per la stessa somma. Un terzo pensa di avere più potere su di loro. Un terzo non esita a considerare la tratta un vantaggio, spiegando che le vittime sono più disponibili nei confronti dei clienti, i quali traggono dal rapporto maggior piacere. Sostengono anche che le vittime sono meno costose. Certi hanno affermato di disinteressarsi alle condizioni vissute dalla donna prostituita che è  soltanto una che fornisce un "servizio".
Altri affermano di provare un sentimento di repulsione all'idea di ricorrere alle vittime di tratta. Ma alcuni, in questo gruppo, hanno ammesso di aver già pagato delle donne che sospettavano essere vittime di tratta. In questo caso  hanno giustificato il loro comportamento invocando il fatto di essere stati ubriachi o di non avere avuto abbastanza denaro per permettersi persone più costose o  hanno invocato il fatto che la persona in questione era a portata di mano, immediatamente disponibile [3]. [...]
 
Il ricorso alla prostituzione  all'estero
Più della metà, precisamente il 56% dei 110 uomini intervistati in Scozia [4], hanno già fatto ricorso alla prostituzione all'estero (in 40 Stati di tutti i continenti, ma soprattutto nei Paesi Bassi) [5]
Secondo lo studio irlandese Escort Surveys, [6] una significativa percentuale di uomini si reca all'estero per praticare turismo sessuale. Il 26% si è recato per questo motivo in Gran Bretagna, il 21% nei Paesi Bassi, il 12% nell'Europa dell'Est, il 10% negli Stati Uniti, il 9% in Germania e il 9% in  Stati africani.
 
Le violenze dei clienti nei confronti delle persone prostituite
Tutte le inchieste mostrano il grado elevato di violenza, esercitata soprattutto dai clienti, subita dalle persone prostituite: insulti, percosse, minacce, umiliazioni, stupri, persino omicidi [7].
Così risulta dallo studio irlandese Globalisation, Sex Trafficking and Prostitution, the Experiences of Migrant Women in Ireland [8], che si occupa del vissuto delle persone prostituite, dei danni psicologici che subiscono, della violenza dei clienti,  dell'impatto che ha sulla salute di chi ne è colpita.
Tra le ricerche recenti, quella condotta a Ginevra [9] è senza appello: quale che sia il luogo dove ci si prostituisce, la prima fonte di violenza è il prostitutore. Violenza economica, fisica, psichica, verbale.
Se è difficile avere informazioni precise al riguardo, sembrerebbe però che la maggioranza delle violenze dichiarate siano commesse da una minoranza di prostitutori [10].
Tuttavia, lo studio del sociologo Grubman Black [11] - che, secondo Donna Hughes, ha impiegato metodi meno compiacenti nei confronti degli uomini intervistati - ha rivelato la presenza nei clienti di una maggiore attitudine all'aggressività e alla violenza nei confronti delle donne.
Secondo un'indagine sudafricana del 2008, [12] una delle cause della violenza dei clienti sarebbe il rifiuto della persona prostituita di soddisfare certe richieste,  in particolare di praticare il sesso anale o senza preservativo (e ciò rinvia alle norme che regolano la mascolinità e che vogliono che sia l'uomo a decidere in questo campo).
Una forma di violenza frequente è messa in rilievo da tutte le ricerche  ed osservazioni sul campo: un notevole numero di uomini chiede rapporti non protetti. Citiamo ad esempio l'indagine effettuata in Irlanda nel 2008 che ha coinvolto 469 escort e i loro clienti: il 9% dei clienti intervistati ha detto di aver avuto rapporti vaginali non protetti e una percentuale molto più elevata (fra il 36% e il 57%)  ha sostenuto di aver effettuato altre pratiche non protette (rapporti anali e orali).
Nella situazione molto concorrenziale del mercato del sesso, le persone prostituite sono chiaramente  soggette a notevoli rischi.
 
Qual è il rapporto dei prostitutori con le donne in genere? Sappiamo qual è la loro posizione su problemi come lo stupro, ad esempio?
Si tratta di un tema poco studiato, anche se determinante. I risultati sono contraddittori.
L'inchiesta scozzese mostrerebbe [13] l'esistenza presso la maggioranza dei prostitutori di una forma di misoginia latente, da debole a molto forte. Nella ricerca di Mcleod, gli uomini che ricorrono alla prostituzione e che guardano immagini pornografiche sono più suscettibili degli altri a commettere atti sessualmente aggressivi contro le partner. Il fatto di essere clienti non farebbe che rinforzare i sentimenti di svalutazione delle donne, al punto da cambiare la loro opinione, ma anche il loro comportamento nei confronti di queste ultime. Per contro, Monto [M. A. Monto e N. McRee, A Comparison of the Male Customers of Female Street Prostitutes with National Samples of Men, International Journal of Offender Therapy and Comparative Criminology, XX(X), 2005], che ha messo a confronto 1672 clienti statunitensi con uomini che non lo erano, giunge alla conclusione che i prostitutori non presentano  maggiori probabilità di aver già costretto una donna qualsiasi ad avere rapporti sessuali. Questo punto è confermato da altri studi [14] che mostrano come i clienti non tendano più degli altri uomini a sostenere i miti relativi allo stupro.
Ciò però non rimette in discussione il fatto che le persone prostituite siano frequentemente vittime di violenza.
Per Davidson [15], l'immaginario relativo alla prostituta si ripercuote su tutte le donne. La "puttana" rappresenta "l'animale sessuale", le pulsioni e i desideri, desideri sessuali che, in gran parte, sono ritenuti colpevoli. La "puttana" rappresenta una delle due immagini della donna che gli uomini della società patriarcale hanno interiorizzato. Questa immagine orienta il modo in cui gli uomini si comportano con le donne nelle più svariate situazioni. [...]
 
NOTE
[1] A. P. Sykiotou, Traite des êtres humains : recrutement par Internet. L’usage abusif d’Internet pour le recrutement des victimes de la traite des êtres humains, COE, 2007. À télécharger sur cette page.
[2] H. Ben Israel et N. Levenskron, The Missing Factor. Clients of Trafficked Women in Israel’s Sex Industry, Israël, 2005.
[3] B. Anderson et J. O’Connell Davidson, "Is Trafficking in Human Beings Demand Driven ? A Multi-Country Pilot Study", Migration Research Series, n°15, OIM, 2003.
[4] L. Anderson, M. Farley, J. Golding et J. Macleod, Challenging Men’s Demand for Prostitution in Scotland. A Research Report Based on 110 Interviews with Men Who Bought Women in Prostitution, Women’s Support Project, 2008. À télécharger sur cette page.
[6] Studio citato in P. Kelleher et M. O’Connor, Globalisation, Sex Trafficking & Prostitution, the Experiences of Migrant Women in Ireland, Immigrant Council of Ireland, 2009. À télécharger sur cette page.
[7] D. Alvarez, A. Cotton, U. Ezgin, M. Farley, J. Lynne, M. E. Reyes, F. Spiwak et S. Zumbeck, Prostitution & Posttraumatic Stress Disorder : Update from Nine Countries, Journal of Trauma Practice, vol. 2, n° 3/4, 2003.
[8] P. Kelleher, M. O’Connor, ibidem.
[9] A. Földhazi et M. Chimienti, Marché du sexe et violences à Genève, Université de Genève, 2006.
[10] H. Bell, N. B. Busch, N. Hotaling et M. A. Monto, Male Customers of Prostituted Women : Exploring the Perceptions of Entitlement to Power and Control and Implications for Violent Behavior Toward Women, Violence Against Women, vol. 8, n°9, 2002.
[11] S. Grubman Black, Deconstructing John, Demand Dynamics Conference, Depaul University, Chicago, Illinois, 16 octobre 2003.
[12] C. Gould, N Fick, (en collaboration avec), Selling Sex in Cape Town : Sex Work and Human Trafficking in a South African City, Pretoria/Tshwane, South Africa, 2008.
[13] L. Anderson, M. Farley, J. Golding et J. Macleod, op. cit.
[14] M. Monto et N. Hotaling, Predictors of Rape Myth Acceptance among the Male Clients of Female street prostitutes, Violence against Women, n°7, 2001.
[15] J. O’Connell Davidson, Prostitution, Power and Freedom, University of Michigan Press, 1998