giovedì 30 dicembre 2021

 


Ma che ci faccio qui? Io, ex cliente di prostitute, diventato abolizionista

 

di Jean-Marie Blanchard -   

 

Ho cominciato ad andare a prostitute a 22 anni circa. Un inizio piuttosto atipico, visto che la maggior parte dei clienti sono uomini sposati con figli. Non piacevo molto alle ragazze e mi concentravo sul mio dolore per il quale ritenevo di meritare una sorta di risarcimento. E' così che ho avuto il mio primo rapporto sessuale, con una prostituta.

Andavo a Parigi, in via Saint-Denis, una o due volte alla settimana. E' durato un mese. I primi rapporti costavano circa 50 euro, poi alcune hanno finito per propormi una tariffa di 30 euro senza che io chiedessi nulla.

Di fronte a questa riduzione di prezzi, ho capito che quelle ragazze erano sfruttate dai prosseneti, costrette ad avere ogni giorno molti rapporti. Allora ho smesso immediatamente di andare con le prostitute che esercitavano in strada. Erano in maggioranza Nigeriane anglofone. Non c'era alcuno spazio per la conversazione; l'imperativo di moltiplicare i clienti impediva qualsiasi interazione non meramente sessuale.


Le escorts sfruttate dai prosseneti non sono rare

Ho contattato allora delle escorts in Internet, pensando che la mia richiesta fosse banale, che queste donne fossero libere e che a loro piacesse avere rapporti con gli sconosciuti. Fandonie che i clienti si raccontano per legittimare i propri atti. Così mi sono reso rapidamente conto che la realtà era molto meno sfolgorante.

Nel corso dei rapporti pagati ad ore e non ad atto, alcune mi raccontavano a volte la loro vita. Il loro passato complicato, la loro infanzia e altri fattori che avevano condizionato il loro ingresso nella prostituzione.

Non sono poche le escorts sfruttate dai prosseneti. I Sudamericani, ad esempio, si trinceravano dietro una sedicente mutua assistenza per affittare il loro alloggio alle compatriote e intascare una percentuale sui rapporti sessuali. Gli articoli di stampa che ho letto all'epoca non lasciavano margine ad ambiguità su questa questione.

Il mio egoismo continuava ad imporsi e non potevo impedirmi di ritornare dalle escorts. Non ne ero affatto contento, ma non avendo alcuna relazione, mi dicevo che era sempre  meglio che restare da soli. Una solitudine prodotta principalmente dalla mia introversione. I miei fallimenti con le donne mi rendevano misogino e impermeabile all'idea di dover compiere degli sforzi per rendermi attraente.


Avevo la sensazione di abusare della situazione

Le escorts mi facevano spesso capire di non esercitare la prostituzione per la gioia di farlo. Avevo l'impressione di abusare della situazione, di essere l'artefice di un processo distruttivo. Neppure le Girlfriend experience che simulavano il desiderio, l'affetto e l'attenzione riuscivano più a convincermi che la prostituzione fosse un'attività banale.

Mi sono detto che era necessario che fissassi una data per dare un taglio a questa pratica e che meritavo ben altro che questa sessualità da stupidi. Ho smesso per la prima volta nel 2003, sei mesi dopo aver iniziato. Ci sono tuttavia ricaduto due volte nel 2004, poi altre due volte l'anno successivo.

L'ultima volta ero nel letto di una donna che mi raccontava la sua infanzia dolorosa. Poi, mi ha fatto capire che io ero l'esatto opposto del suo tipo di uomo. Mi sono immediatamente detto: "Ma che ci faccio io qui?" e ho smesso definitivamente di avere rapporti mercenari.

Successivamente, mi sono tenuto lontano da questo mondo, che mi ha tuttavia raggiunto, grazie alle amicizie intessute qua e là. Le confidenze che ho raccolto riecheggiano il contenuto delle ricerche della dottoressa Judith Trinquart e della psichiatra Muriel Salmona, la cui lettura ha confermato le mie prime impressioni. Carenze affettive e abusi sessuali sono potenti fattori che determinano la scelta prostitutiva. Attività globalmente nociva per chi la pratica, fatta eccezione per una minoranza di persone.


L'approccio più efficace è la penalizzazione dei clienti.

Sono diventato un militante abolizionista da un anno e mezzo, grazie al contatto con la persona che è diventata la mia migliore amica: un'ex prostituta che chiedeva 300 euro per ogni ora di rapporto. Malgrado condizioni di esercizio della prostituzione apparentemente buone, l'esperienza l'ha pesantemente traumatizzata. Dopo aver studiato le politiche adottate dagli Stati vicini, ci siamo resi conto che l'approccio più efficace, o, comunque, il meno cattivo, era la penalizzazione dei clienti delle prostitute. Il regolamentarismo tedesco o catalano ha prodotto risultati spaventosi.

Nel 2002 non mi sarei rassegnato ad essere punito. Mi sarei senza dubbio recato nei bordelli dei Paesi confinanti, dove le donne esercitano la prostituzione in condizioni atroci. Ma dopo aver frequentato come amico alcune donne che si prostituiscono e aver constatato gli effetti traumatici che tale pratica produce, non posso che essere favorevole alla penalizzazione dei clienti. Il nostro Paese resta maschilista. E' illusorio sperare che gli uomini si responsabilizzino e scoprano l'empatia.

La legge avrà dunque un impatto pedagogico e può servire da leva per l'uscita dalla prostituzione delle persone che lo desiderano. A condizione, tuttavia, di destinare a questo scopo una somma ben superiore a quella prevista oggi.

E' essenziale chiarire che il corpo delle donne non deve essere una merce. Anche se una minoranza di prostitute è felice, la maggioranza ne esce rovinata, se non distrutta. Constatazione che mi induce ad affermare che la prostituzione è una questione molto importante  perché distrugge la salute e il benessere di chi la pratica.

Il mio ideale è la fine graduale del sesso mercificato, nel quale l'uomo compra (con denaro materiale o simbolico) una donna-oggetto. Io sono favorevole ad una sessualità fondata sul desiderio e sul piacere, in modo tale da  eliminare questi vetusti comportamenti che condizionano le nostre scelte sessuali.

 

martedì 12 marzo 2019

Testo e commento del DDL N.1047 del senatore Rufa sulla regolamentazione della prostituzione



Scongiurato il rischio di abolizione del reato di favoreggiamento,  tocca ora affrontare il pericolo rappresentato dal DDL n.1047 d'iniziativa del senatore Gianfranco Rufa.

L'impronta leghista del testo è evidente fin dall'esposizione nel preambolo degli intenti che animano il disegno di legge che si dichiara volto alla  "tutela della sicurezza pubblica, della salute pubblica" e, soprattutto, "alla salvaguardia della moralità pubblica", che sarebbe turbata "dall'ostentazione oscena lungo le nostre strade  che portano alle proteste della società civile, sempre più esasperata dal degrado ambientale".

La prostituzione non costituisce, dunque, per il proponente e per i colleghi leghisti un problema in quanto forma di violenza e di oppressione, ma in quanto fenomeno indecoroso che concorre a deteriorare il paesaggio e in quanto potenziale fonte di trasmissione di malattie sessuali, della cui eventuale diffusione sono semmai responsabili i clienti-prostitutori - qui neppure evocati- che si rifiutano di indossare il preservativo.

Di conseguenza, l'obiettivo perseguito dal disegno di legge è quello di sottrarre il fenomeno alla vista dei cittadini e di confinarlo in spazi chiusi. L'art.1 stabilisce, infatti, che l'esercizio della prostituzione è vietato in luoghi pubblici o aperti al pubblico ed è consentito soltanto, previa domanda al questore competente per territorio, in edifici ove non siano presenti abitazioni con destinazione d'uso diversa "per evitare - si legge nel preambolo - sgradite convivenze con i privati cittadini" e in comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti.

Vedremmo così sorgere interi condomini-bordello del tipo dei Wohnungsbordelle austriaci e tedeschi.

La prostituzione si può esercitare in comune con non più di altre tre persone (art.6, comma 1)

Per praticarla la persona richiedente dovrà presentare un certificato attestante l’assenza di malattie sessualmente trasmissibili ed entro novanta giorni, accertata la sussistenza dei requisiti richiesti, il questore disporrà l’iscrizione della persona interessata in un apposito registro e informerà dell’avvenuta registrazione l’azienda sanitaria locale e l’amministrazione tributaria.

Ora: l'obbligo di registrazione non funziona da nessuna parte. E' ampiamente inevaso dappertutto. 
Entrato in vigore nel 2017 in Germania, nel giugno 2018 l'obbligo era stato ottemperato da solo 6959 donne sulle 200.000 che, secondo la stima del governo federale, esercitano la prostituzione nel Paese. A Berlino si sono registrate 270 donne su circa 7.000, a Stoccarda 170 su 2000, a Lipsia 47 su 3600. Inoltre, solo 76 donne in condizione di prostituzione nel 2018 si sono iscritte alla previdenza sociale.

Il mercato del sesso è rimasto opaco e vulnerabile ad abusi e violenze come prima dell'introduzione della riforma legislativa del 2017, osserva Gyde Jensen (FDP),  presidente del Comitato parlamentare per i diritti umani. " L'industria della prostituzione rimane una scatola nera", afferma. "Non si è registrato alcun sensibile miglioramento" rispetto a prima.

Ben poche donne desiderano, in effetti, registrarsi come prostitute


Se il sistema non funziona in questi Stati, perché dovrebbe funzionare in Italia?

Non si capisce proprio come si possa lottare contro la mafia, la tratta e lo sfruttamento adottando questo regime.

Aggiungo che nei Paesi Bassi, paradossalmente, il maggior numero di donne in condizione di prostituzione  registrate e note alle autorità fiscali  è il gruppo sottomesso al più intenso e brutale sfruttamento  da parte dei prosseneti.L'iscrizione è, in questo caso, imposta da questi ultimi al fine di evitare controlli da parte della polizia. 

L'obbligo di registrazione, poi, com'è ovvio, non può essere assolto dalle donne che non dispongono del permesso di soggiorno o che hanno presentato domanda di asilo. Esse non potranno neppure fruire, quindi, degli interventi sociali previsti dall'art.10 del ddl a favore delle persone che manifestino la volontà di cessare l'esercizio della prostituzione.

Il disegno di legge impone a chi pratica la prostituzione di  sottoporsi ad accertamenti sanitari ogni sei mesi (art 7) e prevede, addirittura, che il presidente del tribunale competente per territorio possa adottare un provvedimento coercitivo, disponendo, su proposta del responsabile del gruppo speciale interforze e sentito il sindaco,  trattamenti sanitari obbligatori a carico di persone per le quali sussista fondato motivo di ritenere che  siano abitualmente dedite all’esercizio della prostituzione (art.8).

Nessuna responsabilità è attribuita, invece, ai clienti che, considerati gli obblighi di prevenzione sanitaria che incombono alle donne, saranno ancora più insistenti di quanto già non lo siano nel pretendere rapporti sessuali non protetti. 

L'art.11, sancendo l'assoggettamento a imposizione fiscale delle persone che esercitano la prostituzione, trasforma lo Stato in prosseneta che riscuote le tasse sui loro corpi mercificati, traendo profitto dal loro sfruttamento.

Peraltro, l'obbligo del versamento delle imposte è strettamente connesso, com'è ovvio, a quello di registrazione che raramente viene ottemperato nei Paesi in cui vige e non si comprende perché debba invece esserlo in Italia. Ben poche - prevedo - saranno, quindi, le persone in condizione di prostituzione che pagheranno le tasse.

La sanzione prevista per chi esercita la prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico (art 2 ,comma 1), per i clienti delle suddette persone (art 2, comma 2) e per chi esercita la prostituzione in abitazione privata senza essere registrata (art 2, comma 3) è l'ammenda di valore compreso fra 1000 e 10.000 euro. Il comma 5 dell'art.2 - e anche qui emerge chiaramente l'ispirazione leghista del provvedimento - sancisce la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione della cittadina/o non appartenente all'Unione Europea che "commetta uno dei reati previsti dai commi 1, 2 o 3" dell'articolo.

Questo disegno di legge di regolamentazione della prostituzione si configura, quindi, come un ulteriore dispositivo volto alla deportazione di cittadine (e in alcuni casi di cittadini), soprattutto di origine nigeriana, albanese, brasiliana, ma anche provenienti da altri Stati non aderenti alla UE.

Il comma 5 dell'art.2  introduce, quindi, una disparità di trattamento fra cittadine italiane e cittadine migranti e anche fra clienti di diversa provenienza. Questi ultimi dovrebbero invece essere sanzionati tutti allo stesso modo (con un'ammenda) indipendentemente dal Paese di origine e dal tipo di prostituzione (all'aperto o al chiuso) cui fanno ricorso.

Se questo progetto fosse convertito in legge, l'esercizio della prostituzione diverrebbe in larga misura un'attività illegale, mentre i clienti verrebbero sanzionati solo in caso di ricorso a quella di strada, che è la più diffusa. La  violenza e lo sfruttamento della prostituzione non verrebbero minimamente scalfite da questa legge, ispirata - mi pare - ad una logica punitiva nei confronti di chi la esercita, (in gran parte donne) anziché ad un principio di responsabilizzazione di chi, con la sua domanda, la produce (i clienti, che possiamo appunto chiamare prostitutori). 






Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI
E DI CARATTERE PENALE

Art. 1.

(Disposizioni generali)

1. L'esercizio della prostituzione è vietato in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

2. L'esercizio della prostituzione è consentito nelle abitazioni private, previa domanda al questore competente per territorio.

3. Ricevuta la domanda di cui al comma 2, il questore accerta la sussistenza dei seguenti requisiti:

a) esercizio della prostituzione in edifici ove non sono presenti abitazioni con destinazione d'uso diversa;

b) esercizio della prostituzione in comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;

c) presentazione, da parte della persona richiedente, di un certificato attestante l'assenza di malattie sessualmente trasmissibili, rilasciato in data non anteriore a quindici giorni rispetto a quella di presentazione della domanda.

4. Verificata entro novanta giorni la sussistenza dei requisiti di cui al comma 3, il questore dispone l'iscrizione della persona interessata in un apposito registro istituito presso la questura e informa dell'avvenuta registrazione la persona interessata, l'azienda sanitaria locale e l'amministrazione tributaria. Le persone che sospendono o cessano l'esercizio della prostituzione ne danno comunicazione alla questura. Tutte le annotazioni di cui al presente comma sono riservate e sono cancellate quando la persona interessata comunica la cessazione dell'esercizio della prostituzione.



Art. 2.

(Sanzioni)

1. Chiunque esercita la prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, in violazione del divieto di cui all'articolo 1, è punito con l'ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro.

2. Chiunque ricorre alle prestazioni sessuali dei soggetti che esercitano la prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con l'ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro.

3. Chiunque esercita la prostituzione nell'abitazione privata senza essere iscritto nel registro di cui all'articolo 1, comma 4, della questura competente per territorio è punito con l'ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro.

4. L'autorità di pubblica sicurezza intima ai soggetti di cui ai commi 1, 2 e 3, colti in flagranza di reato, di sottoporsi ad accertamenti sanitari nel termine di un mese. Nei confronti delle persone che non ottemperano all'intimazione entro tale termine si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 10.000 euro.

5. È revocato il permesso di soggiorno del cittadino non appartenente all'Unione europea che commette uno dei reati di cui ai commi 1, 2 e 3. Si applica nei suoi confronti la disciplina concernente l'espulsione amministrativa prevista dagli articoli 13 e 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

6. Chiunque non ottempera a uno degli obblighi di cui al comma 2 dell'articolo 7 è punito con l'ammenda da 500 euro a 10.000 euro.

7. Chiunque non ottempera all'obbligo di interruzione dell'esercizio della prostituzione di cui al comma 3 dell'articolo 7 è punito ai sensi degli articoli 582 e 583 del codice penale.



Art. 3.

(Prostituzione minorile)

1. All'articolo 600-bis, secondo comma, del codice penale, le parole: « con la multa da euro 1.500 a euro 6.000 » sono sostituite dalle seguenti: « con la multa non inferiore a euro 12.000 ».



Art. 4.

(Associazione per delinquere finalizzata
allo sfruttamento della prostituzione)

1. All'articolo 416 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

« Le pene previste dal presente articolo sono aumentate fino a due terzi per coloro che promuovono, costituiscono od organizzano l'associazione e da un terzo alla metà coloro che vi partecipano, nel caso in cui l'associazione a delinquere sia diretta a commettere più delitti di reclutamento, induzione o agevolazione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione ».



Art. 5.

(Programmi di protezione
per la lotta alla prostituzione)

1. Le disposizioni del capo II del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, si applicano anche nei confronti delle persone che, ai sensi dell'articolo 9 del medesimo decreto-legge n. 8 del 1991, collaborano efficacemente con l'autorità di polizia o giudiziaria relativamente ai delitti di cui agli articoli 416, settimo comma, e 600-bis del codice penale.

Art. 6.

(Casi di non punibilità)

1. Non commette reato ai sensi dell'articolo 3, primo capoverso, numero 1), della legge 20 febbraio 1958, n. 75, chi, esercitando la prostituzione, utilizza l'immobile di cui all'articolo 1, comma 2, della presente legge, del quale ha la legittima disponibilità, in comune con non più di tre soggetti dediti alla stessa attività e dispone di beni mobili e di servizi in comune.

2. Non commette reato ai sensi dell'articolo 3, primo capoverso, numeri 2) e 8), della legge 20 febbraio 1958, n. 75, chi concede in locazione per civile abitazione a canoni di mercato appartamenti nei quali si esercita la prostituzione.

3. Non commette reato, ai sensi dell'articolo 3, primo capoverso, numero 8), della legge 20 febbraio 1958, n. 75, chi, esercitando la prostituzione, svolge in qualsiasi forma attività senza fini di lucro di assistenza reciproca con altri soggetti che esercitano la medesima attività.



Capo II

INTERVENTI DI CARATTERE
PREVENTIVO E SANITARIO

Art. 7.

(Servizi e trattamenti sanitari)

1. Le aziende sanitarie locali effettuano visite di controllo, a richiesta delle persone che esercitano la prostituzione, e rilasciano la certificazione degli esiti di tali visite.

2. Chiunque esercita la prostituzione è tenuto a sottoporsi ad accertamenti sanitari ogni sei mesi e a esibire, a richiesta dell'autorità sanitaria o di polizia, l'ultima certificazione sanitaria ottenuta.

3. Chiunque esercita la prostituzione è tenuto a interromperne l'esercizio in caso di accertamento positivo di patologie a trasmissione sessuale.



Art. 8.

(Trattamenti sanitari obbligatori)

1. Il presidente del tribunale competente per territorio, su proposta del responsabile del gruppo speciale interforze di cui all'articolo 9, comma 2, può disporre, sentito il sindaco, accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori a carico di persone per le quali sussiste fondato motivo di ritenere che sono abitualmente dedite all'esercizio della prostituzione.

2. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui al presente articolo sono attuati, ai sensi dell'articolo 32 della Costituzione, nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili, compreso, per quanto possibile, il diritto alla scelta del medico e del luogo di cura.

3. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono attuati dai presìdi e dai servizi pubblici territoriali e, ove si renda necessaria la degenza, dalle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.

4. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono accompagnati da iniziative rivolte a conseguire il consenso e la partecipazione da parte del soggetto che vi è obbligato.

5. Al procedimento relativo agli accertamenti e ai trattamenti sanitari obbligatori in condizione di degenza ospedaliera di cui al presente articolo e alla relativa tutela giurisdizionale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall'articolo 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.



Capo III

INTERVENTI IN MATERIA
DI ORDINE PUBBLICO

Art. 9.

(Misure contro la tratta delle persone
e istituzione di gruppi speciali interforze)

1. Il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, adotta le misure necessarie, anche tramite opportuni accordi a livello internazionale, al fine di favorire la prevenzione e la repressione della tratta delle persone e delle fattispecie criminose collegate alla prostituzione.

2. È istituito a cura del Ministero dell'interno, presso ogni provincia, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un gruppo speciale interforze, composto da appartenenti all'Arma dei carabinieri, alla Polizia di Stato e al Corpo della guardia di finanza, ai fini di una più efficace opera di repressione del fenomeno della prostituzione esercitata in luogo pubblico o aperto al pubblico.



Capo IV

INTERVENTI DI CARATTERE SOCIALE

Art. 10.

(Progetti di prevenzione e di recupero)

1. Le regioni, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio e di quelli aggiuntivi ai sensi dei commi 3 e 4, disciplinano le misure di sostegno e la realizzazione di progetti, anche attraverso convenzioni con le organizzazioni di volontariato, in favore delle persone che esercitano la prostituzione.

2. Le misure e i progetti di cui al comma 1 sono diretti alle persone che manifestano la volontà di cessare l'esercizio della prostituzione e riguardano:

a) l'istruzione, la formazione professionale e l'inserimento al lavoro;

b) il sostegno economico, sociale e psicologico;

c) il recupero sociale;

d) l'informazione mirata alla popolazione e alle persone che esercitano la prostituzione sui rischi e sui danni umani, sociali e sanitari ad essa connessi, nonché la realizzazione di interventi per prevenire e ridurre tali danni.

3. Per favorire la realizzazione delle misure e dei progetti di cui al comma 1 del presente articolo, le disponibilità del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono aumentate di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.

4. Il ricavato delle sanzioni per le violazioni di cui all'articolo 600-bis del codice penale, agli articoli 3, 4, 5 e 6 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, e all'articolo 2 della presente legge confluisce nel Fondo nazionale per le politiche sociali di cui al comma 3 del presente articolo ed è destinato a finanziare le misure e i progetti di cui al comma 1.

5. Entro il 30 settembre di ciascun anno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, individua le risorse finanziarie da destinare alla realizzazione delle misure e dei progetti di cui al comma 1 e provvede alla ripartizione delle medesime risorse tra le regioni.



Art. 11.

(Disposizioni fiscali)

1. I redditi derivanti dall'esercizio della prostituzione sono soggetti a un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Capo V

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 12.

(Relazione annuale alle Camere)

1. Il Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, presenta entro il 31 gennaio di ogni anno una relazione alle Camere sull'andamento del fenomeno della prostituzione nell'anno precedente e sullo stato di attuazione della presente legge.



Art. 13.

(Copertura finanziaria)

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nel programma « Fondi di riserva e speciali » della missione « Fondi da ripartire » dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.



Art. 14.

(Modifiche alla legge 20 febbraio 1958, n. 75)

1. Alla legge 20 febbraio 1958, n. 75, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) gli articoli 1 e 2 sono abrogati;

b) all'articolo 7 sono premesse le seguenti parole: « Fatte salve le disposizioni di legge relative all'iscrizione negli appositi registri e all'accertamento dell'insussistenza di patologie a trasmissione sessuale, ».