mercoledì 27 febbraio 2019

Condannato il proprietario del celebre bordello "Paradise" nei pressi di Stoccarda



 
Jürgen Rudloff, proprietario del "Paradise", famoso bordello nei pressi di Stoccarda, è stato condannato per tratta, sfruttamento della prostituzione e frode a cinque anni di reclusione e al pagamento di una sanzione di un milione e trecento mila di euro. Al capo del marketing del Paradise è stata inflitta una pena di tre anni e tre mesi di carcere. 
Il 30 novembre 2014 quasi 1.000 poliziotti fecero irruzione nei bordelli di Rudloff: il Paradise di Leinfelden-Echterdingen nei pressi di Stoccarda e le "sedi decentrate" di Graz, in Austria, di Francoforte sul Meno e di Saarbrücken.
Come accertato dal tribunale di Stoccarda, le donne nei bordelli di Jürgen Rudloff erano costrette a prostituirsi, sfruttate e picchiate. Sul loro corpo era impresso, come un marchio da schiave, il nome del loro prosseneta. Chi si ribellava veniva pesantemente minacciata e picchiata. Il controllo all'interno dei locali era brutalmente esercitato dai rockers degli Hells Angels  e degli United Tribuns.
Infine, Jürgen Rudloff e il suo consulente fiscale sono ritenuti responsabili di una frode milionaria a danni di   istituti di credito ed "investitori", fra i quali l'ex manager di Michael Schumacher: Willi Weber.

 

Questo caso dovrebbe dissuaderci dall'adottare il modello tedesco. Cosa potrebbe accadere, infatti, nel nostro Paese, caratterizzato dalla presenza capillare e pervasiva di varie organizzazioni mafiose, sicuramente interessate ad entrare nel business delle "case chiuse"?

Dovrebbe inoltre farci comprendere che la regolamentazione della prostituzione non riduce lo sfruttamento, la tratta e la condizione di subordinazione di chi la esercita, non ne accresce la sicurezza e non comporta una riduzione della criminalità organizzata. Al contrario!



venerdì 22 febbraio 2019

Perché il reato di favoreggiamento è conforme alla Costituzione



La Corte d’Appello di Bari, nel corso del processo contro l'imprenditore Gianpaolo Tarantini, ha sollevato la questione di costituzionalità in merito all'art.3, comma primo, n. 4) prima parte e n. 8) della legge 20 febbraio 1958 n. 75, nella parte in cui configura come illecito penale il reclutamento ed il favoreggiamento della prostituzione anche quando volontariamente e consapevolmente esercitata,  ritenendola in contrasto con gli artt. 2, 3, 13, 25 comma 2°, 27 e 41 della Costituzione.

Mi permetto di esprimere la mia opinione.

A mio parere, la fattispecie penale del reclutamento  e del favoreggiamento della prostituzione non è affatto in contrasto con gli articoli costituzionali sopracitati.



Il principio di legalità

Innanzitutto, essa non viola il principio di legalità, in particolare il sottoprincipio di determinatezza/tassatività delle norme giuridiche (art.25, comma 2 Cost.).  In materia la  Corte Costituzionale si è già espressa, ritenendo la questione infondata. Con la Sentenza n. 44 del 1964, la Consulta osservò, infatti, che



I concetti di agevolazione e di sfruttamento della prostituzione altrui presentano una obiettività ben definita, anche perché acquisiti da tempo nel Codice penale e sottoposti a lunga elaborazione dottrinale. Essi hanno un preciso ed inconfondibile significato, che non si presta ad equivoche interpretazioni.

Allargare il raggio di applicazione della previsione legislativa fino a comprendere attività che prima rimanevano impunite non significa svuotare di contenuto la norma, ma estenderla e rafforzarla. E la circostanza che sia stata usata una formula, la quale, pur essendo di più ampio contenuto, risulti

sinteticamente espressa, non costituisce un vizio della norma - siccome ritiene l'ordinanza di rimessione - ma un fatto normale in materia penale. Ed invero, tutti i comandi giuridici sono per loro natura di carattere generale ed astratto; ed è ben noto che, nell'indicare i fatti tipici costituenti reato, la legge a volte fa una descrizione minuta di essi, ma spesso si limita a dare un'ampia nozione del fatto, senza scendere a particolari di esecuzione. E già questa Corte ha avuto occasione

di affermare in proposito che ‘il principio in virtù del quale nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge (art. 1 del Codice penale) non è attuato nella legislazione penale seguendo sempre un criterio di rigorosa descrizione del fatto. Spesso le norme penali si limitano ad una descrizione sommaria ed all'uso di espressioni meramente indicative, realizzando nel miglior modo possibile l'esigenza di una previsione tipica dei fatti costituenti reato” (Sentenza n. 27 del 23 maggio 1961).



Recentemente la Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 49643/2015, ha, a sua volta, osservato che "  certamente non può ritenersi vulnerato il principio di legalità e determinatezza della pena sol perché la norma penale manchi di definizioni precise che delineino preventivamente i confini dell’illecito penale. Tocca all’interprete, ovviamente, fornire della norma una interpretazione costituzionalmente orientata".

In effetti, sancendo che è punito con la reclusione " chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui", il legislatore è stato preciso, tassativo e determinato. Non ha esposto il cittadino all'arbitrio del giudice, ha soltanto stabilito che debba essere punito chiunque, in qualsiasi maniera, agevoli la prostituzione altrui o ne tragga profitto. 



Il principio di offensività

Assumiamo pure come riferimento il liberalismo penale, che costituisce la corrente filosofica giuridica  più evocata da chi vorrebbe abrogare il reato di favoreggiamento della prostituzione.

Ispirata al pensiero di John Stuart Mill, questa teoria trova la sua massima espressione nell'opera The Moral Limits of the Criminal Law di Joel Feinberg.

Secondo l'impostazione di questo giusfilosofo, un comportamento può essere punito se si verifica almeno una di queste due condizioni: 1) la condotta in questione arreca un danno a persona diversa da quella che agisce, purché l'interesse sia apprezzabile (è il principio del danno, harm principle); 2) provoca una grave molestia (offense)  a persona diversa dall'agente.

Ora: il ricorso alla prostituzione da parte del cliente (spiegherò poi perché mi riferisco a tale  soggetto) realizza entrambe le condizioni.

In primo luogo, tale attività causa un danno alla persona in condizione di prostituzione, come attesta non solo l'elevatissimo tasso di violenza e di mortalità che colpisce chi la esercita, ma anche l'amplissima diffusione, di gran lunga superiore a quella che si registra nella popolazione generale, del disturbo post-traumatico da stress, della depressione, dell'ideazione suicidaria e del suicidio, dell'ansia, della dissociazione dal corpo e del senso di disgusto nei confronti dei clienti, che induce ad un elevato consumo di alcool, sostanze stupefacenti e psicofarmaci finalizzato alla soppressione dei sentimenti negativi e alla produzione di uno stato di anestesia, di abolizione della sensibilità.

Il comportamento irresponsabile dei clienti è all'origine di gravidanze indesiderate e provoca la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili. L'intensa pratica della prostituzione genera alle interessate seri disturbi ginecologici. In Prostitution and Trafficking in Nine Countries: an update on Violence and Posttraumatic Stress Disorder Melissa Farley e le sue collaboratrici elencano, inoltre, ben 22 disturbi che affliggono un'assai consistente percentuale di donne in condizione di prostituzione e che sono determinati dalla reiterazione di atti sessuali non desiderati.

Questo fatto rappresenta la radicale negazione dell'autodeterminazione sessuale. Il consenso non può essere comprato. Inoltre, nel corso del rapporto, la sua presenza viene considerata come irrilevante dai clienti, in conseguenza della dazione di denaro  e della corrispondente concezione dell'atto sessuale come lavoro, più precisamente  come oggetto di un contratto d'opera in cui una parte (la persona che si prostituisce) si obbliga, verso un corrispettivo, a compiere l'atto " a regola d'arte", ossia nel modo più appagante per il "cliente-committente". Il contratto crea, infatti, degli obblighi giuridici, sicché chi ha espresso all'inizio il proprio consenso dietro compenso si trova poi costretto ad eseguire gli atti previsti dall'accordo e a rinunciare alla propria libertà sessuale. Ma cos'è un rapporto sessuale che prescinde dal consenso di uno dei due soggetti se non uno stupro?

Pertanto il cliente lede la libertà di autodeterminazione di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione della persona cui richiede un rapporto mercenario.

Ne viola anche la dignità, ossia il diritto ad essere rispettata e trattata come essere umano e non come merce sessuale. E' sufficiente la lettura di qualche post pubblicato sui forum riservati agli acquirenti di rapporti mercenari per comprendere come la dazione di denaro induca loro a considerare le donne in condizione di prostituzione meri prodotti merceologici. Essi disquisiscono, infatti, di "qualità del prodotto" , si lamentano del fatto che in Italia sia ormai difficile " scopare merce buona" o "roba buona", parlano di "usato sicuro" o, al contrario, di "spazzatura" o di "materiale di scarto"….

I clienti si percepiscono come "tecnici" che sperimentano l'efficacia e le prestazioni di un prodotto, di una macchina da sesso e, pertanto,  impiegano verbi come "provare", "periziare", "testare", effettuare un "controllo di qualità". In altri casi, invece, concepiscono il rapporto mercenario come l'impressione  del proprio marchio sulla donna-merce, per cui  parlano di "mettere una tacca" o di "timbrare" una prostituta o una sua parte del corpo.

L'attività dei clienti della prostituzione realizza anche la seconda condizione succitata in quanto genera  gravi e molteplici danni a tutte le donne.

L'oggettivazione e la mercificazione che la caratterizzano si ripercuote su ogni donna, accentuando la disuguaglianza nei confronti degli uomini. I clienti   concepiscono l'atto sessuale come una forma di dominio, di asservimento e, spesso,  di vendetta nei confronti di tutte le donne.

Questi atteggiamenti costituiscono - ed è il dato più allarmante - catalizzatori di violenze, come attestano diversi studi. La deumanizzazione connessa all'oggettivazione  è considerata un fattore estremamente importante di legittimazione della violenza [1]

Esistono prove dell'esistenza di una connessione tra aggressione sessuale e  ricorso alla prostituzione.

L'acquisto di sesso è stato, infatti, associato alla perpetrazione di violenza fisica e sessuale contro le partner. [2]

Il 32,7% dei partecipanti a una ricerca pubblicata nel 2009  condotta su 1585 uomini di età compresa fra i 18 e i 35 anni residenti in un'area metropolitana del Nord-Est degli Stati Uniti  aveva commesso violenza fisica o sessuale nei confronti delle compagne. Fra i fattori associati a tale condotta vi era anche il ricorso ai rapporti mercenari. Il 22,5% degli aggressori, infatti, aveva confessato di aver fatto ricorso alla prostituzione contro il 5,6%  degli uomini non violenti [3]

Come si evince da altri studi, l'acquisto di sesso si configura come un fattore di rischio associato allo stupro,  oltre che delle partner,  anche di altre donne. E' quel che risulta, ad esempio, da un'indagine del 2006  riguardante 1370 ragazzi di età compresa fra i 15 e i 26 anni provenienti da zone rurali della Repubblica Sudafricana. Il 41,7% dei 115 uomini che avevano ammesso di aver stuprato la partner aveva fatto ricorso al sesso transazionale di contro al 14,3 % dei non stupratori. Vi aveva fatto ricorso, inoltre,  il 35% dei 223 autori di stupri nei confronti di donne diverse dalla partner contro il 13% dei non stupratori. [4]

Un rapporto intitolato  The Making of Sexual Violence pubblicato nel 2014 riporta dati raccolti tra il 2008 e il 2010 su cinque campioni di 1000 uomini ciascuno residenti rispettivamente in Cile, Croazia, India, Messico e Ruanda. La percentuale di intervistati che dichiara di aver commesso stupro è elevata e varia dal 4% al 25%. Gli acquirenti di sesso hanno maggiori probabilità di aver perpetrato atti di violenza sessuale in tutti i cinque Paesi considerati, soprattutto in Cile e in Croazia dove le probabilità aumentano di 3,42 volte. Nel primo dei due Stati citati, infatti, il 24, 9% di chi ha fatto ricorso alla prostituzione ha commesso uno stupro di contro al 5% di chi non ha mai acquistato sesso. In Croazia il 28,7% dei clienti della prostituzione ha compiuto atti di violenza sessuale contro al 6,2% di chi non vi ha mai fatto ricorso. Negli altri Paesi le relative percentuali sono rispettivamente: 36,5% e 20,3% in India, 8,6% e 3,2% in Messico (1 volta e mezzo in più), 18,6% e 7,4% in Ruanda ( oltre una volta in più). [5]

Nel 2015 Melissa Farley, Jacqueline M. Golding, Emily Schuckman Matthews, Neil M. Malamuth  e Laura Jarrett hanno pubblicato uno studio imperniato sul confronto tra un campione di 101 acquirenti di sesso e 101 uomini che non lo sono mai stati. I due gruppi erano affini quanto ad età, istruzione e classe sociale. I clienti della prostituzione hanno espresso  un'identità maschile più ostile rispetto agli altri. Il 15% di loro contro il 2% dei non clienti ha riferito che costringerebbe  una donna a far sesso o la stuprerebbe  se potesse  fuggire e se nessuno lo venisse a sapere. In percentuale più consistente dei primi, ha dichiarato di aver già adottato comportamenti sessualmente aggressivi,  raggiungendo una media di 1,59 tipi di condotte di questo genere rispetto a una media di 0,53 per i non clienti. Gli acquirenti di sesso si sono rivelati, inoltre, molto meno empatici nei confronti delle donne in condizione di prostituzione. [6]

Qualcuna/o si chiederà come mai mi sia soffermata così a lungo sui clienti in un articolo dedicato al reato di favoreggiamento. La ragione è questa: se il ricorso alla prostituzione costituisce un'attività dannosa per chi si prostituisce e, in via generale, per tutte le donne, lo è a maggior ragione l'operato di chi la favorisce e la incentiva. Pertanto, il favoreggiamento deve continuare a configurarsi come reato perché agevola un'attività che si rivela lesiva di beni giuridici fondamentali costituzionalmente garantiti  (vita, integrità fisica e psichica, dignità, uguaglianza …).  

La Corte di Cassazione con Senzenza n. 49643 del 22 settembre 2015 ha inoltre opportunamente osservato come l'agevolazione della prostituzione altrui costituisca "il primo passo verso lo sfruttamento economico del corpo della prostituta" e, dunque, meriti di essere sanzionata.

Un cenno, infine, all'art. 41 della Costituzione con cui, secondo i ricorrenti, il reato di favoreggiamento entrerebbe in conflitto. Non è così, a mio parere, perché se è vero che " l'iniziativa economica privata è libera", è altrettanto vero che essa " non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana" e il favoreggiamento, così come il ricorso alla prostituzione da parte del cliente, attenta a questi diritti fondamentali.



NOTE

1. Cito solo qualche opera a titolo di esempio: Haslam, N., Loughnan, S., Reynolds, C., & Wilson, S. Dehumanization: A new perspective. Social & Personality Psychology Compass, 1, 2007, pp. 409-422; Chiara Volpato, Deumanizzazione. Come si legittima la violenza, Laterza, 2011. Si veda la bibliografia ivi indicata; Maria Giuseppina Pacilli, Quando le persone diventano cose, il Mulino, 2014.

2. Anita Raj, Elizabeth Reed, Seth L. Welles, Maria Christina Santana, Intimate Partner Violence Perpetration, Risky Sexual Behavior, and STI/HIV Diagnosis Among Heterosexual African American Men, in "American journal of men's health",  2(3),  October 2008, pp. 291-5 

3. M. R. Decker,  G R Seage, D. Hemenway, J Gupta, A Raj, J G Silverman, Intimate partner violence perpetration, standard and gendered STI/HIV risk behaviour, and STI/HIV diagnosis among a clinic-based sample of men, in " Sexually transmitted infections", vol.85, n.7, 2009, pp. 555-560. Documento consultabile al seguente indirizzo:https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3623286/pdf/U9G-85-07-0555.pdf

4. Rachel Jewkes, Kristin Dunkle, Mary P. Koss, Jonathan B. Levin, Mzikazi Nduna, Nwabisa Jama, Yandisa Sikweyiya, Rape perpetration by young, rural South African men: Prevalence, patterns and risk factors in "Social Science & Medicine", Vol.63, Issue 11, Juanuary 2007, pp. 2949-2961. 

5.  Heilman, B.; Hebert, L.; and Paul-Gera, N., The Making of Sexual Violence. How Does a Boy Grow Up to Commit Rape? Evidence from Five IMAGES Countries, Washington, DC: International Center for Research on Women(ICRW) and Washington, DC: Promundo. June 2014. Documento reperibile all'indirizzo web: https://promundoglobal.org/wp-content/uploads/2014/12/The-Making-of-Sexual-Violence-How-Does-a-Boy-Grow-Up-to-Commit-Rape.pdf

6. Melissa Farley , Jacqueline M. Golding , Emily Schuckman Matthews , Neil M. Malamuth  e Laura Jarrett,  Comparing Sex Buyers With Men Who Do Not Buy Sex: New Data on Prostitution and Trafficking in " Journal of Interpersonal Violence", 32 (23), 2015, pp.1-25 Documento disponibile all'indirizzo: http://prostitutionresearch.com/wp-content/uploads/2015/09/Comparing-Sex-Buyers-With-Men-Who-Do-Not-Buy-Sex.pdf







 





































































mercoledì 20 febbraio 2019

I miti sulla regolamentazione della prostituzione







 

Articolo originariamente pubblicato, nel 2014, sul blog di Massimo Lizzi
Mito n. 1 — La regolamentazione della prostituzione accresce la sicurezza delle donne
Falso. Nei Paesi che hanno legalizzato o regolamentato la prostituzione le donne coinvolte continuano ad essere esposte a gravi atti di violenza. Secondo il rapporto prodotto dal governo della Nuova Zelanda nel 2008 “la maggioranza delle sex workers intervistate ha sostenuto che la decriminalizzazione della prostituzione poteva fare ben poco per ridurre la violenza esercitata” nell’industria del sesso. [justice.govt.nz p.14]
L’omicidio insoluto della vittima ungherese della tratta Bernadette Szabò nel 2009, che è stata accoltellata in un bordello legale del quartiere a luci rosse di Amsterdam, mostra come la pratica dei rapporti mercenari in un locale autorizzato non garantisca protezione contro la violenza. Inoltre, anche se il crimine è stato eseguito in una zona apparentemente controllata, quasi quattro anni dopo, non è stato ancora individuato alcun responsabile né dell’omicidio, né della tratta della donna.
Nel Nuovo Galles del Sud (Australia), un ufficiale di polizia che si occupa della tratta ha così commentato gli effetti della regolamentazione: “Benché l’intenzione fosse quella di offrire un ambiente di lavoro sicuro alle sex workers, è accaduto il contrario, vale a dire che i magnaccia e i gestori dei bordelli hanno acquisito più potere e si sono arricchiti” A Victoria, in Australia, un funzionario di polizia si è lamentato che “molti bordelli non vengano controllati da anni”, mentre il Project Respect, un’organizzazione che offre aiuto alle donne nella prostituzione, ha sostenuto che l’accesso ai locali dove si praticano rapporti mercenari “è limitato e a discrezione della direzione di ciascun bordello”. [Jacqui Hunt, Direttrice di Equality Now, ufficio di Londra]
Neppure l’installazione di dispositivi come i pulsanti di emergenza nelle stanze ove si esercita la prostituzione garantisce la sicurezza delle persone che la praticano. Nei Paesi Bassi, dove, teoricamente, tutte le camere dei bordelli e delle vetrine dovrebbero esserne provviste, il 70% delle donne prostituite confessa di aver subito uno stupro nell’esercizio della propria attività.
Una ricerca compiuta a San Francisco ha rivelato che il 62% delle donne di origine asiatica che praticava la prostituzione nelle sale massaggio della città era stata aggredita dai clienti. Che l’esercizio della prostituzione nei bordelli non sia affatto sicura lo testimoniano, fra le altre donne, una sopravvissuta californiana che riferisce di tentativi di strangolamento e di atti di sadismo e Rebecca Mott.
In Colombia il 59%, in Germania il 52%, in Messico (dove sono state intervistate anche le lap dancers) il 48%, in Turchia il 68% delle donne prostituite sono state minacciate con armi. Negli stessi Paesi rispettivamente il 70%, il 61%, il 59%, l’80% di loro ha subito violenze fisiche; il 47%, il 63%, il 46% e il 50% di loro è stata stuprata. Sono dati ricavati da uno studio di Melissa Farley del 2003 (pag.43) e si riferiscono a Stati che hanno adottato una normativa di regolamentazione della prostituzione.
Richard Poulin, sociologo marxista canadese che si occupa di prostituzione, scrive in La marchandisation sexuelle mondialisée des femmes et des fillettes:
Per provare che la regolamentazione della prostituzione e la legalizzazione del prossenetismo consentirebbero alle donne di operare in un ambiente più sicuro, bisognerebbe dimostrare che gli omicidi delle prostitute sono: 1) collegati al regime giuridico e non sono soltanto la conseguenza della violenza sessuale maschile; 2) che sono connessi, in sostanza, alla prostituzione di strada. Infatti, i promotori della regolamentazione della prostituzione sostengono che la prostituzione negli appartamenti, nei bordelli, nelle agenzie di escort, nelle sale massaggio ecc. è più sicura di quella che si esercita in strada. Ora: tra i 29 omicidi di donne prostituite o legate alla prostituzione avvenuti nel Québec a partire dal 1989 vi sono stati almeno 19 assassini di donne, vale a dire i due terzi dei casi, che non esercitavano un’attività prostituzionale sul marciapiede al momento dell’assassinio. La lista delle donne assassinate, legate alla prostituzione, ci dice che molte di loro prestavano servizio presso agenzie di escort, operavano nei loro appartamenti o si recavano a casa dei clienti. Alcune sono state uccise dai clienti, altre dai prosseneti. Alcune sono state assassinate da un loro cliente abituale, altre da sconosciuti nell’ambito di un regolamento dei conti (crimine organizzato). E’ dunque arbitrario sostenere che la regolamentazione della prostituzione nei bordelli e in altri luoghi simili garantisca una maggiore sicurezza alle prostitute.
Se si analizza il problema avvalendosi di un confronto, sorgono parecchi dubbi sul fatto che la legislazione eserciti l’influenza che i sostenitori della regolamentazione le attribuiscono. Il camionista Eckert Volker, soprannominato l’assassino della Polaroid, perché nella cabina del suo camion conservava le fotografie delle sue vittime, ha ucciso 23 donne, soprattutto prostitute. Ha seminato la morte in diversi Paesi europei, tra cui la Spagna dove il prossenetismo è legale, in Germania (dove il prossenetismo e la prostituzione nei bordelli sono stati legalizzati nel 2002, pratiche che, prima della legalizzazione, erano tuttavia largamente tollerate), in Francia e forse anche in Italia. Un altro assassino: Jack Unterweger ha percorso in lungo e in largo l’Europa, il Canada e gli Stati Uniti. Dopo l’estradizione dagli Stati Uniti (dove ha ucciso almeno tre prostitute) è stato accusato in Austria dell’assassinio di 11 prostitute, dieci in Austria e una nella Slovacchia, ed è stato condannato per l’omicidio di nove di loro. Ora: in Austria la prostituzione è legale nei bordelli dal XIX esimo secolo e la prostituzione di strada è proibita.
Nei Paesi dove la prostituzione e il lenocinio sono stati legalizzati, un’alta percentuale di prostitute, se non la maggioranza, esercita al di fuori del contesto legale […] Nello Stato di Vittoria, in Australia, dove la prostituzione nei bordelli è regolamentata dal 1984, le autorità stimano che vi siano 500 bordelli, 400 dei quali illegali.
La causa degli omicidi è l’odio degli uomini verso le donne, sopratutto verso le prostitute, quale che sia l’inquadramento giuridico della prostituzione : regolamentarista o no e indipendentemente dal fatto che l’attività prostitutiva si svolga in bordelli, in appartamenti, sul marciapiede, nelle agenzie di escort, nei bar o nelle sale massaggio.
Gli assassini sessuali seriali colpiscono le donne per pura misoginia e per bisogno di dominio. Aggrediscono soprattutto le prostitute perché sanno che la scomparsa di queste donne e la loro morte non interessano alle autorità e che essi possono pertanto cavarsela. In Canada, se le prostitute sono di origine autoctona o meticcia, questo fattore risulta aggravato. Ciò spiega in buona parte la scarsa efficacia della polizia, messa in evidenza, tra l’altro, dal caso di Robert Pickton a Vancouver in Canada e dal caso Gary Ridgway, l’assassino di Green River nella zona di Seattle negli Stati Uniti. Questi omicidi hanno potuto proseguire le proprie attività per molti anni, perché la polizia non si preoccupava affatto della scomparsa e dell’assassinio di donne prostituite. La violenza sessuale letale nei confronti delle donne operanti nell’industria del sesso deriva dalla natura stessa di questa industria e dai rapporti sociali ad essa sottesi, incluso il razzismo. Sono le donne più fragili, quelle appartenenti soprattutto a minoranze etniche e nazionali, vittime di aggressioni sessuali nell’infanzia ad opera di membri della loro cerchia familiare, le più suscettibili di essere reclutate dall’industria del sesso.
Mito n. 2 — La regolamentazione della prostituzione incrementa la salute e il benessere delle donne
Falso. In un rapporto redatto nel 2007, il ricercatore olandese Daalder osserva come il grado di benessere psicologico delle donne che si prostituiscono si sia ridotto tra il 2001 e il 2006. Corrispondentemente, si è accresciuta l’entità del disagio, così come l’impiego dei sedativi . [A. Daalder, Prostitution in the Netherlands since the lifting of the brothel ban, 2007, p.66. www.wodc.nl. pp.15 e 71] Questa informazione trova conferma nel rapporto stilato nel 2010 da Anton van Wijk e da altri autori, che segnalano anche il consumo di sostanze stupefacenti come “farmaci” che consentono di tollerare il malessere connesso alla pratica dei rapporti mercenari. [Anton van Wijk et al., Kwetsbaar beroep. Een onderzoek naar de prostitutiebranche in Amsterdam (Una professione vulnerabile. Un’indagine sul settore della prostituzione ad Amsterdam), 2010, pp.33 e 38, ecpat.nl pp60]
Le organizzazioni di aiuto sono particolarmente preoccupate per le condizioni di salute delle prostitute dell’Europa dell’Est ed in particolare delle ragazze rom che praticano rapporti mercenari nei Paesi Bassi. Queste ultime vengono frequentate da uomini che pretendono rapporti sessuali estremi, adottano un comportamento violento e non vogliono pagare il prezzo pattuito [Ibidem, p.59].
Dalla ricerca succitata di Melissa Farley si apprende che l’86% delle prostitute colombiane, il 60% di quelle tedesche, il 54% di quelle messicane e il 66% di quelle turche soffre di sindrome da stress post traumatico, un disturbo psicologico caratteristico delle donne che hanno subito stupri.
L’abuso di alcool, stupefacenti e psicofarmaci è elevatissimo. In un’alta percentuale di prostitute è stata riscontrata la presenza di ansia e di depressione che può condurre ad ideazioni suicidarie. Quanto ai disturbi fisici sono frequenti disturbi gastrointestinali: dolori allo stomaco, nausea, vomito, disturbi pelvici e molti altri tipi di affezioni. Ingente il numero di infezioni uterine ed anali e di gravidanze indesiderate. [Melissa Farley, pp.53–54] La diffusione delle malattie sessualmente trasmesse merita una considerazione a parte.
Mito n. 3 — La regolamentazione della prostituzione favorisce la diffusione di pratiche sessuali più sicure
Nei bordelli tedeschi, almeno in quelli che applicano la tariffa forfettaria, non è infrequente che venga pubblicizzata dai proprietari e, quindi, sostanzialmente imposta alle prostitute la pratica del sesso orale senza preservativo, come accade ad esempio nel celeberrimo Pascha.
In Svizzera, altro Paese regolamentarista, è molto diffusa la prostituzione coatta che si svolge sotto il controllo di prosseneti particolarmente violenti. Le ragazze, provenienti soprattutto dalla comunità rom dell’Ungheria, vengono picchiate fino a perdere conoscenza, costrette ad abortire e ad accettare qualsiasi tipo di rapporto sessuale senza l’uso del profilattico [rts.ch]. L’80% dei clienti chiede che non venga usato il preservativo[criminologiaonline.com].
Anche nei bordelli del Senegal la maggior parte dei clienti rifiuta l’uso del condom. [Michael Pelz, The Senegalese and South African Responses to HIV/AIDS: Different actors, different outcomes?, 2012, p.9]
Nei Paesi Bassi, per evitare che le prostitute contraggano malattie sessualmente trasmissibili, i proprietari dei sex club dovrebbero rifornirle di preservativi, come prescritto da una serie di regolamenti comunali. Non sempre, però, questa norma viene rispettata. Vi sono gestori che accollano alle prostitute l’onere di provvedere alla tutela della propria salute. Alcuni di loro sono perfettamente consapevoli che alcune ragazze non impiegano il preservativo e sono convinti che questo comportamento sia positivo perché genera introiti supplementari al locale. Per attirare clienti, molte prostitute dell’Europa dell’Est che espongono il proprio corpo nelle vetrine riducono il prezzo della prestazione e praticano rapporti senza profilattico, con il rischio di contrarre malattie, di rimanere incinte, di abortire. Dalle recensioni pubblicate su un forum di clienti si apprende che circa un sesto e anche più di escort ad Amsterdam pratica rapporti orali senza condom (il contatto tra sperma infetto e mucose è una delle vie di contagio del virus HIV). Dal 17% al 22% degli accompagnatori della città che servono una clientela maschile ha contratto una malattia sessualmente trasmissibile. Come ammettono i clienti, anche le prostitute che esercitano in casa offrono abbastanza frequentemente prestazioni sessuali non protette, soprattutto ai frequentatori abituali. Lo stesso accade nelle sale massaggio cinesi e thailandesi. Delle 405 ragazze che si sono rivolte al Centro Prostituzione e Salute di Amsterdam nel 2008 54 sono risultate affette da malattie sessualmente trasmissibili (in particolare dall’infezione della clamidia = 63%, dalla sifilide = 26% e dalla gonorrea = 11%) . Il 15% delle donne dell’Europa dell’Est sottopostesi volontariamente ai test è risultato affetto da una malattia sessualmente trasmissibile. Lo stesso è accaduto al 9% delle olandesi. [Anton van Wijk et al., Kwetsbaar beroep. Een onderzoek naar de prostitutiebranche in Amsterdam (Una professione vulnerabile. Un’indagine sul settore della prostituzione ad Amsterdam), cit].
Mito n. 4 — La regolamentazione della prostituzione offre a chi la pratica migliori condizioni di lavoro e opportune garanzie previdenziali
Falso. Nel 2007, cinque anni dopo la promulgazione della legge che regolamenta l’industria del sesso, il Ministero della Famiglia tedesco ha redatto un rapporto dal quale si evince come la nuova normativa non abbia «apportato alcun apprezzabile miglioramento reale alla sicurezza sociale delle prostitute» e alle loro condizioni di lavoro. Del resto, soltanto l’1% delle donne intervistate aveva dichiarato di aver sottoscritto un contratto di lavoro come prostituta. Analogamente: iscrizioni delle prostitute alla previdenza sociale sono quasi inesistenti. Le condizioni di lavoro, poi, sono pessime, in particolare nei bordelli che hanno introdotto la tariffa forfettaria che prevede che i clienti, dietro corresponsione di una determinata somma di denaro, (ad esempio: 70 euro) possano consumare rapporti mercenari con tutte le donne che desiderano, per tutto il tempo che vogliono e in qualsiasi forma (sesso vaginale, orale anche senza preservativo, anale, gang-bang). Naturalmente ciò si traduce per le ragazze in un ritmo infernale di sfruttamento, in un susseguirsi frenetico di intrusioni di estranei nel proprio corpo, al quale non possono. Le condizioni di lavoro delle donne prostituite sono «peggiorate nel corso degli ultimi anni», spiega l’operatrice sociale Andrea Weppert. «In Germania, nel complesso, sono offerti molti più servizi sessuali in condizioni più rischiose e per meno soldi che 10 anni fa» [consumabili.blogspot.it].
Lo stesso accade nei Paesi Bassi, dove circa il 95% delle prostitute che praticano rapporti mercenari nel settore legale vengono trattate come lavoratrici autonome, che affittano le stanze ove si prostituiscono. Eppure, la maggioranza di loro ha un rapporto di lavoro che si configura come dipendente. Teniamo presente che nei Paesi Bassi le lavoratrici e i lavoratori autonomi non possono ottenere un prestito o un mutuo per l’acquisto della casa, a causa della mancanza di un reddito fisso, e non possono fruire di servizi come la pensione, l’assicurazione malattia, quella contro l’invalidità [A.L. Daalder, Prostitution in the Netherlands…, cit. p.67]. Dunque: la quasi totalità delle prostitute è esclusa dal godimento dei diritti sociali e dall’applicazione delle norme di tutela del lavoro.
Lo stesso accade a Victoria in Australia. [Parliament of Victoria Drugs and Crime Prevention Committee, Inquiry into People Trafficking for Sex Work: Final Report, June 2010, pp.138–139]. Aggiungo che a tutti andrebbero garantiti i diritti sociali fondamentali, indipendentemente dal fatto che siano lavoratori o disoccupati, a prescindere cioè dal loro “valore economico” come “produttori”.
Mito n. 5 — La regolamentazione della prostituzione riduce lo stigma delle persone coinvolte
Falso. La stigmatizzazione e la discriminazione delle persone nella prostituzione è fortemente radicata anche nei Paesi che hanno adottato una normativa fondata sulla regolamentazione. Lo testimonia il rapporto del Parlamento di Victoria in Australia [Parliament of Victoria Drugs and Crime Prevention Committee, Inquiry into People Trafficking for Sex Work: Final Report, pp. 131 e 138].
In Senegal le donne che esercitano la prostituzione sono fortemente marginalizzate e percepite come reiette. La maggior parte di loro non si registra per evitare lo stigma e le molestie della polizia [Foley, E.E. and Nguer, R., Courting success in HIV/AIDS prevention: the challenges of addressing a concentrated epidemic in Senegal. African Journal of AIDS Research, 2010, cit da Equality Now, Does Legalizing Prostitution Protect Women and Girls?].
Il rapporto del governo della Nuova Zelanda del 2008 afferma che nonostante la regolamentazione lo stigma continua a colpire le persone coinvolte nell’industria del sesso. Lo sfruttamento è presente anche nei bordelli legali, mentre le donne che praticano rapporti mercenari in strada subiscono molestie ed abusi dai passanti [New Zealand Ministry of Justice, Report of the Prostitution Law Committee on the Operation of the Prostitution Reform Act 2003, May 2008, p. 154 e p.124].
Nei Paesi Bassi, la maggior parte delle prostitute non è iscritta, come previsto dalla legge, alla Camera di Commercio. Molte di loro indicano come causa di questo comportamento il desiderio di conservare l’anonimato in quanto la pratica dei rapporti mercenari rimane fortemente stigmatizzata [A.L. Daalder, Prostitution in the Netherlands since the lifting of the brothel ban, 2007, p.66–67]
Jacqui Hunt, direttrice dell’ufficio di Londra di Equality Now, osserva a proposito della permanenza della stigmatizzazione negli Stati che hanno adottato una legislazione imperniata sulla regolamentazione:
E’ difficile per la legalizzazione o per la regolamentazione sopprimere — o almeno ridurre — la stigmatizzazione delle persone nella prostituzione, poiché questi approcci non tengono conto del suo intrinseco carattere imperniato sullo sfruttamento. Lo statu quo è mantenuto e rafforzato, nella misura in cui la legalizzazione e la regolamentazione accettano l’iniquo rapporto di potere che sussiste tra una donna e il suo acquirente. Per contro, anche se acquista l’uso del corpo di un altro essere umano, il compratore di sesso non è in alcun modo stigmatizzato da tali misure. Ciò contribuisce al mantenimento di un sistema, in cui la donna nella prostituzione continua ad essere subordinata, stigmatizzata, sfruttata e non tutelata dai pregiudizi, mentre il suo acquirente si vede accordare l’immunità.
Mito n. 6 — La regolamentazione della prostituzione elimina la clandestinità o comporta, comunque, una riduzione dell’irregolarità, rendendo più trasparente il mercato del sesso
Nient’affatto! Nei Paesi Bassi negli ultimi anni si è verificato un incremento del numero di prostitute che offrono prestazioni sessuali attraverso Internet. La rete offre opportunità alle donne che non possono o non vogliono praticare rapporti mercenari nel circuito dei locali muniti di regolare licenza. [A.L. Daalder, Prostitution in the Netherlands…, cit., p.81]. Secondo dati del Servizio Sanitario Nazionale riferiti al periodo 2002–2004 ad Amsterdam, città sulla quale possediamo un maggior numero di informazioni, vi sarebbero 8000 prostitute, il 25% delle quali esporrebbero il proprio corpo nelle vetrine, l’1% eserciterebbe in strada, il 25% nei sex club e nelle case chiuse e il 49% in altri luoghi illegali (alberghi, bar, sale massaggio, la propria casa) o in altre forme (escort) [Anton van Wijk et al., Kwetsbaar beroep, cit, p.32]. Dunque: quasi la metà della prostituzione ad Amsterdam sarebbe sommersa.
Anton van Wijk e i suoi collaboratori hanno redatto un rapporto nel 2010 che conferma questo preoccupante quadro con riferimento alla città di Amsterdam. Gli autori osservano che, secondo dati del 2009, il numero delle escort operanti ad Amsterdam si aggira tra le 536 e le 580, tra le 200 e le 350, ossia tra un terzo e la metà delle quali non dipendenti da un’agenzia e, pertanto, irregolari [Ibidem, p.98]. Tra le altre forme di prostituzione non autorizzate vi è la pratica dei rapporti mercenari a casa propria che coinvolgerebbe un numero massimo di 1680 donne [Ibidem, p.121].
Anche nelle sale massaggio cinesi e thailandesi possono essere offerte illegalmente prestazioni sessuali.
Diversi informatori indicano, poi, l’esistenza di una tendenza sempre più diffusa ad impiegare gli hotel per esercitare la prostituzione. Questa prassi non è legale. E’ probabile che nei Paesi Bassi vi siano 68 hotel in cui si praticano rapporti mercenari su un totale di 254 (dunque, quasi un quarto del totale) [Ibidem, pp.138 e 140]
Altra forma di prostituzione illegale è quella praticata nei bar, nei coffee shops e nei ristoranti che non dispongono di apposita autorizzazione, così come quella esercitata nei parchi dai gay.
Nel 2009 uno studio condotto dall’università di Queensland in Australia ha rivelato che circa il 90% dell’industria del sesso è irregolare [Andreas Shloenhardt & Human Trafficking Working Group, Happy Birthday, Brothels! Ten Years of Prostitution Regulation in Queensland, The University of Queensland, TC Beirne School of Law, 21 September 2009, p.31]
Sempre in Australia, ma nello stato di Victoria, secondo l’ Australian Adult Entertainment Industry, esisterebbero un centinaio di bordelli legali e ben 300 (il triplo) illegali [Wikipedia]
In Austria, nell’aprile 2007, erano registrate 1352 prostitute e 21 prostituti, ma il numero di donne che praticavano rapporti mercenari era stimato tra i 3500 [http://en.wikipedia.org/wiki/Prostitution_in_Austria] e i 6000 [Idem e http://www.sjoe.at/content/frauen/themen/koerper/article/618.html]. Dunque la prostituzione irregolare è diffusissima. Chi la pratica rischia di essere arrestata. A un quarto delle donne arrestate perché esercitano rapporti mercenari sono state diagnosticate diverse malattie trasmesse sessualmente [Wikipedia]
Nella Nuova Zelanda la polizia sostiene che la regolamentazione della prostituzione abbia ridotto i controlli sulla regolarità delle condizioni di lavoro nei bordelli, rendendo più difficile scoprire la presenza di abusi e dello sfruttamento da parte dei prosseneti [New Zealand Ministry of Justice, Report of the Prostitution Law Committee on the Operation of the Prostitution Reform Act 2003, May 2008, pag. 101] La medesima situazione è denunciata dalla polizia tedesca che lamenta la drastica erosione del diritto di perseguire trafficanti e prosseneti, l’impossibilità di ispezionare i bordelli e di avviare indagini senza la preventiva querela delle vittime di tratta e condanna l’abrogazione del paragrafo 180 del codice penale che sanzionava il favoreggiamento della prostituzione. [“Die Zuhälter baden doch in Schampus!”, Emma, 2011. Articolo tradotto anche in francese].
Mito n. 7 — La regolamentazione della prostituzione riduce lo sfruttamento e la subordinazione ai prosseneti.
Al contrario! La regolamentazione della prostituzione comporta la legalizzazione e la legittimazione sociale del prossenetismo, realizzata attraverso una duplice operazione: la trasformazione dello Stato in magnaccia e dei papponi in rispettabili imprenditori del sesso. Inoltre non determina neppure l’eliminazione della tratta, della prostituzione coatta e delle forme illegali di lenocinio. Nei Paesi Bassi la diffusione della prostituzione coatta sarebbe così estesa da raggiungere cifre comprese tra il 50% e l’85- 90% del totale. Nelle vetrine del quartiere a luci rosse di Amsterdam: il De Wallen almeno il 90% delle prostitute risultano subordinate ad un magnaccia, che estorce loro almeno la metà dei proventi.
La situazione non è diversa in Germania, dove, come rivela un articolo pubblicato sul De Bild, la maggioranza delle prostitute non lo è per libera scelta, ma per coercizione. Christian Zahel, capo dell’Ufficio sulla criminalità organizzata nel Land della Bassa Sassonia dichiara che 9 ragazze su 10 praticano rapporti mercenari perché costrette. Il suo collega Hohmann, che dirige le inchieste sulla prostituzione a Stoccarda, valuta che soltanto il 3%-5% delle donne che si prostituiscono in città non sia soggetta ad un prosseneta. [caloupile.blogspot.fr]
Mito n. 8 — La regolamentazione della prostituzione comporta una riduzione della criminalità organizzata
Ogni anno vengono riciclati in Olanda 18,5 miliardi di Euro. Il 10% di questo denaro deriva dal gioco d’azzardo e dallo sfruttamento della prostituzione. [Gemeente Amsterdam, Ministerie van Veiligheid en Justitie, Projectgroep Emergo, De gezamenlijke aanpak van de zware ( georganiseerde) misdaad in het hart van Amsterdam, cit., p.68]
Più della metà dei coffee shop e delle vetrine dove si esercita la prostituzione ad Amsterdam è risultato essere di proprietà di bande criminali organizzate e di gruppi mafiosi provenienti, oltre che dall’Olanda, da Stati dell’Europa orientale, in particolare dalla Bulgaria e dall’Ucraina. E’ per questo motivo che le autorità comunali hanno deciso di procedere alla chiusura di 200 dei 480 bordelli con vista su strada della città [digitaljournal.com; telegraph.co.uk]. Già nel 2003, del resto, il sindaco di Amsterdam aveva dichiarato che la legalizzazione non era riuscita a prevenire la tratta ed aveva riconosciuto che era “apparentemente impossibile creare una zona sicura e controllata per le donne che fosse al riparo dalle violenze commesse dal crimine organizzato” [“Why streetwalkers are getting the boot,” Expatica, 9 December 2003].
Secondo fonti della Comisaría General de Extranjería, la mafia gestisce ben 4000 locali spagnoli dove si esercita la prostituzione.
Nel Nuovo Galles del Sud alti funzionari di polizia ritengono che il crimine organizzato sia diffuso a macchia di leopardo nei bordelli legali. [“Legal brothels linked to international sex trafficking rings,” The Sydney Morning Herald, 10 October 2011].