La giornalista Sophie Bouillon, premio Albert-Londres,
pubblica un documento scioccante sul sesso a pagamento. Iniziata l'inchiesta
senza alcuna particolare diffidenza nei confronti della prostituzione, la
giornalista compie un impressionante
viaggio da voltastomaco.
[...] In un libro che è un vero e proprio pugno nello
stomaco: "Elles. Les prostituées et nous" (editore Premier
Parallèle), la giornalista Sophie Bouillon, che ha ottenuto nel 2009 il premio
Albert-Londres, dà la parola alle donne che praticano la prostituzione, a
quelle che la società ignora o disprezza, alle "sopravvissute" che ne
sono uscite, ma anche ai clienti che la consumano.
Una lunga inchiesta che spazia dalla Nigeria alla
boscaglia del bois de Boulogne, dai saloni in stile coloniale di Ginevra ai bar
con le insegne al neon di Pigalle e che getta una cruda luce sul business del
sesso:
"Checché ne dicano i più noti sostenitori della
liberazione sessuale, gli habitués degli hotel di lusso e delle serate
libertine [n.d.t il riferimento è a Dominique Strauss-Kahn e ad altri
importanti personaggi implicati in un giro di prostituzione organizzato
all'hotel Carlton di Lille], la prostituzione raramente rende felice chi la
pratica".
Ecco alcuni brani estrapolati dal libro:
Il Venusia (bordello ginevrino)
Indossava uno string, un reggiseno
nero e giocava con l'IPad, mentre attendeva i clienti. Erano le 4h30 del
mattino. Ero spossata, stavo concludendo il mio reportage. Anche lei era stanca
morta, ma andava avanti. Il suo treno per Marsiglia partiva alle 9. [...]
Camilla non avrebbe mai corso
il rischio di mischiare le sue due vite. Quella del week-end al Venusia, un
salone erotico nel centro di Ginevra dove guadagnava diverse migliaia di euro,
e quella del resto della settimana in Francia dove era una ragazzina di
periferia, senza diploma e senza lavoro.
Ho guardato lei e la sua
compagna. Carine, seducenti, terribilmente giovani. Una ventina d'anni
soltanto.
Prostrate dalla notte. Le
ragazze "della sera" - dalle 21 alle 9 del mattino - sono spesso
senza obblighi famigliari. Le madri di famiglia preferiscono lavorare di
giorno. In questo salone di Ginevra circa l'80% di chi vi lavora è francese e
abita nei quartieri delle periferie.
Il "Menu dei piaceri"
Ho seguito lungo il corridoio
la mia guida dai lunghi capelli neri e dai tacchi alti. Clac-cla-clac. Siamo
passate davanti alla "sala d'esposizione" dove i clienti scelgono la
loro ragazza. Immaginavo Camilla e le sue colleghe allineate contro il muro,
davanti ad uno sconosciuto. Clac-clac-clac. Appeso al muro il "Menu dei
piaceri": fellatio con eiaculazione sul corpo (170 CHF = franchi
svizzeri), fellatio regale con eiaculazione sul viso (210 CHF), supplemento
sodomia o leccata d'ano (+ 100 CHF), supplemento urinare sul corpo (+ 50 CHF).
Lì c'era Lisa, la
proprietaria del salone, bionda e
prosperosa. Era schietta e le piacevano i suoi due mestieri: "puttana e
pappona".
"Puoi dirlo tranquillamente.
Non me ne frega niente. In Svizzera non è illegale essere una pappona".
In quanto proprietaria del
salone e "lavoratrice", Lisa preleva una percentuale del 50%
sull'importo di ciascun rapporto sessuale.
Ufficialmente le ragazze sono
autonome e libere di accettare o di rifiutare le prestazioni proposte dal
"Menu dei piaceri". In pratica, hanno interesse ad accettare le
prestazioni che apportano un maggior guadagno.
Laurence e la "camera alta"
Ho conosciuto Laurence nel
marzo 2014. Quel giorno aveva un'audizione presso la commissione speciale del
Senato. Minuta, con i capelli corti, una pochette sotto braccio, Laurence
assomigliava più a una dipendente del Senato che ad un'ex prostituta. Laurence
è diventata formatrice (promozione e sviluppo delle risorse umane), lavoro che
svolge in carcere. Ogni volta che deve raccontare la sua storia, si sente male.
"Non si nasce
prostituta. Non ci si sveglia una mattina dicendo: "Wow! Che bello! Farò
la prostituta!" C'è sempre un motivo. [..] La mia esperienza? Un'infanzia di
violenza, maltrattamenti, abusi sessuali. Non avevo una camera da letto. Ho
trascorso l'infanzia e l'adolescenza in un bagno grande come la cella di una
prigione. Sono cresciuta con la convinzione che se mamma non mi amava e papà mi
aveva abbandonato al momento della nascita, era perché ero cattiva. E poi
nell'adolescenza sono fuggita da casa e sono caduta nelle mani di una rete di
sfruttatori della prostituzione. Mi hanno illusa, facendomi credere che mi
avrebbero protetto, mi avrebbero amato, mi avrebbero dato l'affetto che non ho
mai ricevuto da piccola. E la trappola è scattata. Un bel giorno mi sono
ritrovata sui marciapiedi di via Saint-Denis".
[...] Ero giovane. Carne
fresca. I rapporti sessuali si susseguivano incessantemente, uno dopo l'altro.
Dieci minuti per ogni rapporto, trenta clienti ogni notte. Era davvero
insostenibile! Non parlo mai di queste cose. E' così volgare la prostituzione!
Se vi raccontassi quel che succede con i clienti, vi verrebbe da vomitare.
Per poter sopportare, ho
iniziato a bere un'enorme quantità di alcool. Ho contratto una malattia
venerea. Non volevo più lavorare. Se non ci fossero state le associazioni
[n.d.t. che propongono un percorso di uscita dalla prostituzione], sarei
morta".
Con la sola eccezione del
presidente della commissione: Godefroy, i senatori sono rimasti in silenzio.
Alcune senatrici sembravano visibilmente imbarazzate. Di mattina avevano
ricevuto alcuni militanti dello Strass, il "sindacato" dei lavoratori
del sesso. Anch'essi sono stati ascoltati dalla commissione. Per loro la
prostituzione è una scelta.
"Arriva un cliente. Le
sue ascelle puzzano di sudore, ha l'alitosi, è grosso, grasso, ci disgusta. Non
possiamo rifiutarlo. Dove sta la libertà di scelta? Sapete, nella
prostituzione, cerchiamo di desensibilizzarci. Ci dissociamo dal nostro corpo e
dalle nostre sensazioni.
Bisogna pensare all'1%-2% di
donne che sostengono di divertirsi o al restante 98%? [...] Una legge deve
essere pensata per la maggioranza".
Precious e i trafficanti di esseri umani
Arrivano dalla Romania, dalla
Nigeria o dalla Cina e attraversano le nostre frontiere alla ricerca del sogno
europeo, per finire sui nostri marciapiedi. Ma chi sono davvero? Chi le
ascolta? Non parlano né alla stampa, né alla polizia, né ai senatori. Avrebbero
troppo da perdere. E troppe botte da prendere. Precious non ha più paura. E'
riuscita a fuggire. Sono andata a cercarla nella casa dei migranti, nella
banlieue parigina. Uno squallido albergo, pieno di scarafaggi e puzzolente.
Originaria di Benin City, una
grande città del sud della Nigeria, ha conosciuto "solo lacrime e
preoccupazioni". Suo padre è morto quando era piccola. Sua madre aveva un
deficit cognitivo. Precious dormiva con altri bambini in un hangar del mercato
centrale, chiedeva l'elemosina, finché un giorno un uomo le ha rivelato di
essersi innamorato di lei e le ha proposto di andare ad abitare a casa sua.
Precious aveva 15 anni.
Quest'uomo era "cattivo,
violento ed infedele". Da lui ha avuto 3 figli. A 19 anni, Precious decise
di cercare lavoro. "Una donna mi disse che mi avrebbe pagato il viaggio
fino in Italia. Una volta arrivata, mi avrebbe procurato falsi documenti. Non
dovevo preoccuparmi di nulla. Avrei lavorato per lei qualche anno; il tempo
necessario a rimborsare il mio debito: 65.000 Euro".
Benin City è nota come la
"capitale" nigeriana della tratta. Le "maman", spesso esse
stesse ex-prostitute, ingaggiano centinaia di ragazze per ripopolare i
marciapiedi europei, soprattutto quelli dell'Italia meridionale. Per ottenere
protezione pagano tangenti alla mafia nigeriana. Questa, a sua volta, condivide
una parte del lucroso traffico con la mafia italiana.
Precious affidò allora i figli
alla madre, promettendo di inviare loro denaro. "Arrivederci!" Non li
ha più rivisti. "Il viaggio in mare è stato orribile - ricorda. Non
abbiamo mangiato nulla per quattro giorni. Ma non siamo naufragati. Eravamo
tutti vivi quando il battello ci ha trovati". Sono approdati in Sicilia.
Il seguito della storia lo
conoscono tutte le ragazze di Benin City. Appena uscite dal centro di primo
soccorso ed accoglienza, è venuto a cercarle un uomo. Ha procurato loro falsi
documenti, abiti corti e scarpe con i
tacchi alti. La sera stessa erano sparpagliate su una strada di campagna ad
aspettare i clienti. "Il primo giorno ho avuto 10 clienti. Di sera - mi ricordo
- ho dovuto riscaldare dell'acqua e bagnare un pezzo di stoffa. L'ho applicato
lì". Mi mostra il basso ventre. "Ha calmato un po' il dolore".
Passeggiamo
Al brigadiere capo non
piacciono le ronde al bois de Boulogne. Non ama neppure fermare le ragazze, ma
ha degli ordini da rispettare.
"Se queste ragazze sono
sfruttate dai trafficanti, sappiamo per certo che il giorno dopo non saranno
più qui [..] Devono vedersela con persone non troppo gentili!"
Nel nord ovest del 16°
arrondissement le prostitute sono di origine africana. In una via ci sono le
Centroafricane, in un'altra le Nigeriane. A Porte Maillot ci sono [invece] le
Romene. Verso Place de l'Etoile, nei quartieri eleganti, da dieci anni ci sono
gli stessi camioncini: qui si trovano le donne che esercitano la prostituzione
da tempo. Nel bosco, luogo prediletto dai travestiti e dai transessuali, anche
le reti di trafficanti rumeni iniziano a collocare le loro ragazze.
Non fa proprio caldo stasera,
ma Kristina non indossa nulla sotto la finta pelliccia bianca. Si intravedo sotto la pelliccia il seno enorme e anche il
sesso. Ancheggia daanti ai finestrini dell'auto di un potenziale cliente. La
sua collega Paola è molto più elegante. Indossa un abitino blu notte molto
corto, che valorizza le lunghe gambe perfettamente depilate. Anche Paola prima
era un uomo. Sei mesi dopo l'operazione si sarebbe ritrovata a lavorare tutta
la notte come prostituta. Ma ora viene qui solo una volta alla settimana. Dal
Perù sono arrivate nuove trans, racconta. "Fanno le loro cose per 5 euro!
5 euro, ti rendi conto?"
I clienti
La "prima volta" si
era recato per lavoro in una piccola città di provincia. Si annoiava e ha fatto
una telefonata dalla reception dell'hotel. "Non mi ricordo se fosse o meno
carina. Ma ricordo che era molto giovane. Molto, molto giovane. E io ero molto
imbarazzato [...] Non so come sia per gli altri, ma per me era molto importante
che anche lei godesse."
Evidentemente è quello che lei le ha fatto credere. La seconda volta è accaduto
a Las Vegas. Lungo la strada illuminata, come in un brutto remake di
"Pretty Woman".
" L'ho fatta salire a
bordo con la stessa eccitazione con cui mi sarei sniffato una striscia di
coca".
Ricorda che l'indomani,
ripassando sulla stessa strada di giorno, gli fu possibile osservare il viso
delle donne sul marciapiede. "La luce rivelava le cicatrici della loro
vita. Era una cosa triste".
Jean-Marie è un operaio manutentore,
ma per i capelli grigi e il corpo gracile assomiglia ad un filosofo comunista
dell'Est che vive a Parigi. Jean-Marie è un habitué dell'ambiente della
prostituzione. O meglio: lo era, visto
che ha smesso completamente di frequentarlo. Sarà un caso, ma conserva
perfettamente nella memoria il ricordo del giorno in cui ha avuto l'ultimo
rapporto sessuale a pagamento, così come le prostitute rammentano il giorno in
cui sono state con il primo cliente.
A 21 anni, Jean-Marie
frequentava due o tre volte alla settimana via Saint-Denis. Poi ha iniziato a
contattare escort. "Mi sono detto che avrei pagato di più, ma che almeno
sarei stato sicuro che queste donne godessero di maggiore libertà di
scelta...Che sciocchezza!", osserva. In quel periodo Jean-Marie moltiplicò
le ore di straordinario in fabbrica per poter soddisfare la libido e realizzare
le sue costose fantasie. Entrò allora in
un processo "puramente masturbatorio" nel quale a contare era
soltanto il suo desiderio.
"Durante il rapporto
sessuale, ci si focalizza sui propri diritti, sui propri bisogni e sul proprio
dolore. Mi rifiutavo di vedere i sintomi del loro trauma, quando c'erano".
I sintomi del trauma: la
dissociazione della mente durante il rapporto, ferite e segni sul corpo,
l'alcolismo, la droga, le scarificazioni, l'aggressività...E' senza dubbio per
questo che i clienti preferiscono cambiare spesso ragazze, per evitare di
cogliere i segreti di un'intimità che farebbe loro prendere coscienza del fatto
di far parte integrante di questo percorso traumatico.
La maggior parte dei siti di
escort propongono una sezione di commenti dove i clienti possono valutare le performance
e l'equilibrio delle ragazze e scrivere i giudizi anche sotto il loro profilo.
Come un socio di Airbnb che può assegnare da una a cinque stelle al suo ultimo
alloggio. Viene annotato il più piccolo segno di imperfezione: una cicatrice
alla base del seno prova che l'escort ha il seno rifatto. Peggio ancora la
cicatrice di un parte cesareo. Viene proscritta qualsiasi espressione di una
vita esterna a quella che si svolge fra l'escort e i clienti.
Una buona prostituta deve
avere un corpo da top model. Deve mostrare di amare quel che fa. Deve anche
essere capace di conversare, perché "da una donna ci si aspetta più di un
buco da trapanare". Un cliente spiega di aver insistito affinché una
ragazza lo infilasse fra altri due. Ciò non gli ha impedito in seguito di
lamentarsi della performance della "signorina". "Era un po'
svogliata". Con un moto di comprensione e senza un errore di ortografia
prosegue: "Forse si era surriscaldata dopo una lunga serie di
appuntamenti".
Mélanie e il processo dell'hotel Carlton
Mélanie è riuscita a reggere
fino al 5 febbraio 2015, giorno in cui è stata convocata dal tribunale di Lille
per testimoniare al processo di Carlton. Poi è crollata [..] Mélanie ha
incontrato Dominique Strauss-Kahn per la prima volta il giorno dell'udienza, ma
ha lavorato per Dodo la Saumure, il magnaccia più celebre della Francia e del
Belgio. "Dodo" lo chiama, quando non lo definisce "il gran porco"
o "il maiale".
Prostituta da quando aveva 17
anni, è stata dappertutto. Nei bar dove si beve champagne e si pratica la
prostituzione e nei quali percepiva anche una percentuale su ogni bottiglia
consumata dai clienti. Aveva in media otto rapporti sessuali ogni notte e doveva
andare continuamente in bagno a smaltire il troppo alcool bevuto. Mélanie è
stata nelle vetrine di Gand, nelle case chiuse di Tournai, nei bordelli di
Bruges, dove i clienti e i padroni la costringevano a rapporti orali senza
preservativo. Questo fino a 19 anni. Prima di ricaderci a 25 anni. O forse più
tardi. "Ho perso la nozione del tempo" assicura.
Proponeva i suoi servizi con
annunci pubblicati su internet. Mélanie assicura di aver visto sfilare davanti
a lei uomini importanti: star, atleti, avvocati, attori, medici. Poi, un
giorno, due agenti di polizia hanno bussato alla sua porta e le hanno
notificato l'avviso di comparizione presso il tribunale di Lille per
testimoniare contro il suo ex magnaccia: Dodo. Il suo nome e il suo volto sono apparsi
sui giornali. E' stata riconosciuta dai suoi cari, dai vicini, dagli ex datori
di lavoro. E anche dall'ex marito con il quale è in causa per riavere l'affido
dei due figli. Ora è lui a chiederle i danni e gli interessi per il pregiudizio
subito dai bambini. Il processo l'ha consacrata professionalmente, confessa.
Ma l'ha anche indotta ad
affrontare ciò che aveva rimosso e che le è accaduto durante l'infanzia.
"L'ascolto delle testimonianze di Jade e di Mounia [le due ex prostitute
che hanno partecipato alle serate con Dominique Strauss-Kahn] mi ha fatto
venire in mente quel che ho vissuto". Le ha ricordato lo stupro subito all'età
di 13 anni. Le ha fatto venire in mente la madre "una donna venale. [..]
Una prostituta in un certo senso". Mélanie aveva solo 5 anni e la madre già
le prometteva un futuro da "puttana".
A Mélanie piacerebbe rifarsi
una vita. Ma per andare dove? Come uscirne?
"Mi hanno offerto 10.000
euro per un week-end. Tu cosa faresti al mio posto?"
A forza di fare il camaleonte,
Mélanie si è persa. "Lotterò tutta la vita perché i miei figli diventino
qualcuno. Non come me. Io non sono una persona. Sono già morta 10, 20, 30 volte".
Si riaggiusta la parrucca: "Non sono neppure in grado di dirti quante
volte sono morta".
Zaza la rana
Isabelle è alcolista da quando aveva otto anni.
Le piacerebbe molto smettere di prostituirsi nel camping. Ma ogni volta
"ci ricasca". In genere a partire dalla metà del mese, quando ha
ormai esaurito l'importo del reddito minimo [RSA = reddito di solidarietà
attiva]. "Ho bisogno di aprire le gambe per comprarmi da bere e ho bisogno
di bere per dimenticare di averle aperte".
Potrei raccontarvi che suo
padre ha ucciso sua madre quando Isabelle aveva due anni, scaraventandola
dall'auto in marcia. Potrei raccontarvi che la piccola è stata sballottata a casa di zii e cugini durante
l'incarcerazione del padre. Che è rimasta incinta di due gemelli all'età di 16
anni e che ha avuto il primo rapporto sessuale a pagamento con il macellaio del
paese in cambio di due bistecche. In seguito, ha chiesto 25 euro per ogni rapporto
orale. "Non conoscevo i prezzi, non sapevo quanto valessi", dice.
Potrei scrivere tutto questo.
Ma con quali parole
raccontare l'inimmaginabile? Isabelle ha 38 anni, un viso segnato dall'alcool e
un corpo infantile. Zaza si è stabilita qui da due anni con il marito, un ex
cliente. Non è che a lui piaccia molto vedere
la moglie prostituirsi, ma non sa come fare per impedirlo. Isabelle è violenta.
E anche lui, pare.
Mi ha fatto vedere la sua
casa. Un museo di rane. Nel suo vecchio paese i vicini la chiamavano "rana"
perché camminava con le gambe aperte. Allora ha iniziato a collezionarle.
"Per dir loro: vi prendo in giro. Dite che sono una rana? D'accordo!"
Al piano di sopra c'è la camera da letto del figlio più piccolo. Le è stato
tolto ed è stato dato in affido, come gli altri due più grandi. Ma la mamma ha
lasciato la camera intatta per "quando tornerà".
Sul balcone Isabelle si è messa a piangere.
"Scherzo, faccio battute
e tutto quanto, ma in realtà non sto per niente bene. Faccio sei docce al
giorno. Mio marito non mi può più toccare. Mi faccio schifo".