Maudy Piot, psicanalista,
presidente di "Femmes pour le dire, femmes pour agir"
[...] Lo scopo della nostra associazione
"Femmes pour le dire, femmes pour agir" è di impegnarci perché alle
persone con disabilità sia riconosciuta la piena cittadinanza, dal momento che
la disabilità non rappresenta la nostra identità, essendo dovuta al caso.
Lottiamo contro tutte le discriminazioni, in particolare contro quella di
essere donne con disabilità, e rifiutiamo qualsiasi forma di ghettizzazione.
Il progetto degli
assistenti sessuali ci crea un duplice problema. Da un lato, perché
costituisce una forma di prostituzione (osservo che la domanda proviene per
l'80% da uomini con disabilità e che l'offerta è prevalentemente soddisfatta da
donne). Dall'altro lato, questo progetto va in direzione contraria al
movimento verso l'esterno che vogliamo privilegiare nella nostra azione. Vogliamo
che le persone con disabilità possano uscire di casa o dall'istituto in cui
sono ricoverate per recarsi in luoghi resi accessibili, accessibili soprattutto
agli incontri, ivi compresi gli incontri amorosi (ristoranti, cinema, locali
notturni, viaggi ecc.). Far venire a domicilio o nell'istituto degli
"assistenti", a ora fissa e remunerati, è la negazione di questo
movimento verso l'esterno.
Certo, la società
preferirà liberarsi del senso di colpa inchiodandoci al nostro ruolo sociale di
"poveri handicappati". La compassione si sostituirà alla riflessione
etica.
In nessun caso -
lo ripeto - la prostituzione, comunque la si voglia chiamare, può costituire la
risposta al problema della vita sessuale ed affettiva delle persone con
disabilità. La risposta non consiste nella reclusione delle persone con
disabilità che attendono al chiuso una "prestazione" supplementare,
ma nell'apertura dell'ambiente circostante, nel senso della reale accessibilità
degli spazi, per permettere il moltiplicarsi delle opportunità di incontro.
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