Mona Chollet
Vi propongo la traduzione di un articolo della
giornalista femminista Mona Chollet apparso sul numero di settembre del mensile
di sinistra Le Monde diplomatique, che in Italia viene allegato a Il Manifesto.
Sulla versione italiana del mensile troverete un altro articolo di Chollet consacrato
al dibattito francese sulla nuova legge sulla prostituzione. Concordo con la
giornalista sulla necessità che la prospettiva abolizionista includa una seria
lotta contro le politiche di austerità.
Qui potete leggere l'articolo
originale:
Volere la legalizzazione della
prostituzione implica negare la sua dimensione sessista, ma anche occultare i
rapporti di forza economici e sociali particolarmente violenti presenti in essa.
Le "sex workers"
che si battono per la legalizzazione della loro attività ripetono spesso con
insistenza di essere indipendenti e di non avere magnaccia. Questo discorso
tende a far dimenticare i profitti colossali generati [dalla prostituzione],
dei quali le dirette interessate sono le ultime a godere, sempre che ne godano
(1). Ne beneficiano ampiamente agenzie
di viaggi, società di trasporti, alberghi e altri intermediari, per non parlare
dei trafficanti. Nel mondo economico francese la prassi della "camera
ammobiliata" [n.d.t. il "consumo" di escort come
"moneta di scambio" per fluidificare le relazioni tra potere
economico potere politico] permette di
concludere un gran numero di affari. Le grandi imprese del settore dell'acqua,
ad esempio, hanno abbondantemente utilizzato i servizi delle call-girls nei
rapporti con i deputati allo scopo di conquistare il mercato. (2) Il Belgio, la Spagna, l'Italia e il
Regno-Unito hanno deciso di recente di includere la prostituzione, assieme al
traffico di droga, nel calcolo del PIL, indicatore strategico più di qualsiasi
altro. La Francia per il momento si è rifiutata di farlo; una scelta che alcuni
giudicano "stupida". (3)
Parlare di
"libertà" o di "diritto di disporre del proprio corpo"
significa negare il rapporto di dominio e di sfruttamento. "A chi solleva il problema della costrizione
economica, rispondo che ci sono milioni di donne povere che non si
prostituiscono", dichiara ad esempio la filosofa Élisabeth Badinter (Elle, 22 novembre 2013). Si noterà en
passant come molti sostenitori del "diritto di prostituirsi"
appartengano alle classi superiori (secondo la classifica di Challenges, Badinter occupa il cinquantatreesimo
posto tra gli individui francesi più ricchi
http://www.challenges.fr/classements/fortune/fiche/elisabeth-badinter-et-sa-famille;26.html):
:
Marcela Iacub, Catherine Millet, Catherine Robbe-Grillet, Claude Lanzmann,
Georges Vigarello... (4) Per contro, come notava nel 2003 il sociologo Lilian
Mathieu, a diventare prostitute sono le donne della classe operaia o del
sottoproletariato ". (5) Donne che, nella stragrande maggioranza, non
avranno probabilmente mai l'occasione di far ascoltare la propria opinione
sull'argomento.
L'ossessione di "non essere una vittima"
L'energica rimostranza contro la concezione delle prostitute
come vittime concorre alla stessa negazione [del rapporto di dominio e di
sfruttamento]. (6) "Questo giornale
non ha mai trovato plausibile l'idea che tutte le prostitute siano delle
vittime", scrive ovviamente The Economist in un recente editoriale. (7) L'individuo
liberista e responsabile del proprio destino deve essere "invulnerabile",
osserva la giornalista svedese Kajsa Ekis Ekman. La sola violenza
che gli si possa infliggere è di "definirlo
vittima" (8). Si finge di credere che la parola "vittima" designi un tratto psicologico del carattere
(un'attitudine passiva e pavida) e non la posizione occupata in un rapporto di potere.
Questo discorso assume talvolta un tono caricaturale: una ricercatrice può così
scrivere, a proposito di bambini prostituiti incontrati in un villaggio
tailandese, che essi "rifiutano
categoricamente di essere identificati come vittime" (9).
Questa concezione delle "sex workers" libere ed indipendenti
aveva ispirato a Pierre-Yves Geoffard, del Centro Nazionale della Ricerca
scientifica (CNRS) un dibattito pubblicato da Libération, (10) intitolato:
"Prostitute: regolarizzare il
mercato" (20 marzo 2006).
L'economista vi rendeva omaggio al collettivo Les Putes (Le puttane),
allora appena costituito, antenato del Sindacato del lavoro sessuale (Strass).
Egli invitata la sinistra ad ammettere che "dal
momento che esiste una domanda di rapporti sessuali, l'offerta di prestazioni cerca di soddisfare
tale domanda". Proponeva che la legge "riconoscesse il diritto di proprietà sul rendimento dell'uso del
proprio corpo", affinché le prostitute potessero negoziare "il premio di rischio" più
elevato possibile per i rapporti senza preservativo.
L'autore libertario di fumetti Chester Brown, come i militanti
dello Strass Morgane Merteuil, Maîtresse Nikita e Thierry Schaffauser (11),
difende il progetto di una società in cui tutti possano pagare per avere
rapporti sessuali. Egli offre, tuttavia, un racconto della sua esperienza agghiacciante,
soprattutto per chi si identifichi almeno un po' con le prostitute che
frequenta (rappresentate senza volto, cosa che giustifica con la preoccupazione
di salvaguardarne l'anonimato). La violenza dei rapporti che descrive
rappresenta, senza che se ne renda conto, una smentita flagrante della
concezione pacificata e utopista che propone (12).
La trappola della legalizzazione
L'attuale governo francese
difende posizioni abolizioniste tramite la legge che "rafforza la lotta contro il sistema prostituente". Lo
Strass ha condotto una battaglia contro la disposizione cruciale del testo -
soppressa dai senatori lo scorso luglio: la penalizzazione dei clienti che potrebbero
essere sanzionati con un' ammenda di 1500 euro. Ha sottolineato i rischi che la
legge farebbe correre alla sicurezza e alla salute delle prostitute, costrette
anch'esse alla clandestinità, benché
non rischino di essere perseguitate, dal momento che la legge abolisce
il reato di adescamento.
Nessun affidabile studio
dimostra che si sia verificato un simile deterioramento delle condizioni delle
prostitute in Svezia dopo l'approvazione nel 1999 della legge che penalizza i
clienti, legge che, adottata successivamente anche dalla Norvegia e
dall'Islanda, è servita da modello al progetto francese. (13) Nel confronto fra
le differenti legislazioni europee proposto recentemente dal settimanale The Nation la soluzione svedese appare
chiaramente preferibile a quella tedesca e a quella olandese. Non solo non
sembra aver avuto l'effetto di "rendere
più clandestina la prostituzione", come si sente spesso dire, ma le
donne che la esercitano ancora beneficiano delle condizioni di lavoro che in
genere si spera di creare ricorrendo alla legalizzazione: il costo di un
rapporto sessuale è il più alto in Europa (mentre i bordelli tedeschi riducono
i prezzi), hanno accesso al welfare e, infine, operano in condizioni piuttosto
sicure: dopo l'approvazione della legge,
non è stato registrato alcun omicidio di prostitute nel corso
dell'esercizio dell' attività. (14).
Per contro, Germania e Paesi
Bassi si stanno accorgendo che la legalizzazione non serve a niente. Al
contrario! Serve ai magnaccia, ma anche ai trafficanti, poiché la domanda
eccede l'offerta, così da far aumentare la tratta (la Germania è diventata il
più grande mercato del sesso d'Europa) e porta al degrado della condizione
delle prostitute (15).
Abolire la prostituzione, mentre
contemporaneamente si aumenta la precarietà?
Tuttavia, non si può non
rilevare la contraddizione tra la volontà abolizionista manifestata dalla
Francia e l'aggravamento della precarietà
e delle diseguaglianze prodotte dalla politica di François Hollande. Il
miglior modo di combattere la prostituzione non sarebbe quello di evitare che
le donne vi siano spinte dal deterioramento delle loro condizioni di vita?
Qualche anno fa Lilian
Mathieu suggeriva, più che una politica specificamente concentrata sulle
prostitute, qualche misura che condurrebbe contemporaneamente a migliorare la
loro condizione e quella delle altre categorie di precari: porre fine alla
criminalizzazione dei tossicomani e offrire loro accesso medico alle sostanze
dalle quali sono dipendenti, regolarizzare gli stranieri irregolari, rivalutare
significativamente l'importo del sussidio di disoccupazione. Egli inseriva la
sua riflessione nel quadro del "rapporto Pinot" che, elaborato dal
magistrato Guy Pinot nel 1975, dopo l'occupazione di una chiesa da parte del movimento
delle prostitute a Lione, poneva, secondo lui, le basi di un "abolizionismo pragmatico". Per
il resto, la legislazione del 2002 - repressione dello sfruttamento e del favoreggiamento della prostituzione
(16), ma "vuoto giuridico" sulla prostituzione in sé - gli sembrava
la soluzione meno cattiva.
Proprio come i vostri libri e i vostri vestiti
Lo Strass, da parte sua,
riconosce che la libertà di scelta nella prostituzione è piuttosto limitata, ma
afferma che, poiché si deve lavorare per vivere, prostituirsi non costituisca
un mestiere più penoso di altri. Questa negazione della specificità del sesso
(non vi sarebbe alcuna differenza fra affittare gli organi genitali e affittare
le braccia) passa per la neolingua che parla di "prestazioni
sessuali" e di "lavoratrici sessuali". "Tenga, cinque chili di sesso. Ecco la fattura", ironizza
Ekman. Questa neolingua mette in pericolo il riconoscimento dello stupro come
reato specifico, per il quale si sono battute le femministe: perché stuprare
qualcuno sarebbe diverso dallo spezzargli le braccia? Essa induce a spingere
all'estremo, sotto il pretesto della razionalizzazione, la credenza irrazionale
nella dualità del corpo e della psiche tipica della tradizione occidentale. "Il vostro corpo vi appartiene proprio
come le altre vostre proprietà, come i vostri libri o i vostri vestiti"
scrive Brown in Vingt-trois prostituées (Ventitre
prostitute), senza apparentemente accorgersi del carattere aberrante di
questo paragone.
Le donne che, incapaci di operare tale dissociazione
dal proprio io, hanno la debolezza di vivere male i rapporti sessuali non
desiderati sono considerate delle idiote sentimentali (isteriche?) che non
meritano ascolto. Schaffauser definisce "lagne" le
testimonianze delle prostitute menzionate nel rapporto parlamentare della
socialista Danielle Bousquet (18). La saggista Marcela Iacub ritiene che se le
donne stuprate soffrono è perché è stato imposto loro di essere traumatizzate
(19); nella stessa logica Merteuil scrive che se tante prostitute vivono male
la loro attività è a causa dei discorsi delle "femministe antiputtane" che "le svalorizzano sistematicamente". Il femminismo, ecco
il nemico....
Ekman sottolinea tuttavia che la legislazione svedese, lungi dal
discendere da una posizione dogmatica, "moralista" e avulsa dalla
realtà, è il risultato di ricerche che, effettuate alla fine degli anni
Settanta, hanno accordato un'importanza eccezionale alle inchieste sul campo e
alla parola delle prostitute. Ricerche alle quali ha, fra l'altro, contribuito,
nell'ambito della sua attività di giornalista, Stieg Larsson, l'autore
(deceduto nel 2004) della trilogia di romanzi polizieschi e femministi Millenium.
Una dimensione costitutiva della persona?
Senza tema di contraddizione, lo Strass presenta contemporaneamente
la prostituzione come un lavoro "non peggiore di altri" (di qui il
suo definirsi come sindacato) e come una dimensione costitutiva della persona,
un orientamento sessuale represso. Schaffauser e Maîtresse Nikita arrivano
persino a denunciare (in Fieri di essere
puttane) un'insopportabile "costrizione
a non prostituirsi". Ciò permette di forgiare il neologismo "puttanofobia", utile ad esecrare le
abolizioniste e gli abolizionisti. "Le
puttanofobe e i puttanofobi che vogliono abolire la prostituzione sono come gli
omofobi che vogliono guarire l'omosessualità", essi affermano.
Paragone confuso che suscita parecchie perplessità: in un caso si tratta di
accettare di mettere fra parentesi i propri desideri, mentre nell'altro si
tratta di rivendicare il diritto di esprimerli e di viverli.
Un tuffo nella letteratura che raccomanda l'adozione della
legalizzazione conduce a chiedersi se non sarebbe meglio per quanti, a
sinistra, dichiarano di essere solidali con le "sex workers" in
lotta, riconoscere piuttosto il proprio attaccamento a quel privilegio maschile
che è rappresentato dall'esistenza della prostituzione. Sarebbe più onesto e
creerebbe meno confusione.
Note
(1) Leggere« Qui
profite de la prostitution ? », Le Monde diplomatique, luglio 2006.
(2) Cf. Yvonnick Denoël, Sexus
Economicus. Le grand
tabou des affaires, Nouveau
Monde, Paris, 2010.
(3) Zachary Karabell, « La
stupide décision française de ne pas inclure le trafic de drogue et la
prostitution dans le PIB », Slate.fr, 25 giugno 2014.
(4) « Ni
coupables ni victimes : libres de se prostituer », Le Monde, 9 gennaio 2003 ; « L’interdiction
de la prostitution est une chimère », Le Nouvel Observateur, Parigi, 23 agosto 2012.
(5) Lilian Mathieu, « On ne se prostitue pas par plaisir », Le Monde diplomatique, febbraio 2003.
(6) Leggere « Arrière-pensées des discours sur la “victimisation” », Le Monde diplomatique, settembre
2007.
(7) « A personal choice », The Economist, Londres, 9 agosto
2014.
(8) Kajsa Ekis Ekman, L’Etre et la Marchandise.
Prostitution, maternité de substitution et dissociation de soi, M Editeur,
coll. « Mobilisations », Ville Mont-Royal (Québec), 2013.
(9) Heather Montgomery, « Children, prostitution, and identity », in Kamala Kampadoo e Joe Doezema, Global
Sex Workers, Routledge, New York, 1998. Citato da Kajsa Ekis Ekman, L’Etre et la
Marchandise, op. cit.
(10) Su Libération e la prostituzione, cf. « Luc,
son DSK et la prostitution heureuse chez Libé », Les Nouvelles News, 22 ottobre 2013.
(11) Morgane Merteuil, Libérez le féminisme !, L’Editeur, coll. « Idées et controverses », Paris, 2012 ; Maîtresse Nikita et Thierry Schaffauser, Fières
d’être putes, L’Altiplano, coll. « Agit’Prop », Paris, 2007.
(12) Chester Brown, Vingt-trois prostituées,
Cornélius, Paris, 2012.
(13) Florencia Rovira Torres, « Punir
les clients des prostitués : le modèle suédois a bon dos », Rue89.com, 25 luglio 2013.
(14) Michelle Goldberg, « Should buying sex be illegal ? », The Nation, New York, 30 luglio 2014.
(15) « Unprotected :
How legalizing prostitution has failed », Spiegel Online International, 30 mai 2013 ; Jean-Pierre Stroobants, « Les
Néerlandais commencent à regretter la légalisation de la prostitution », M le magazine du Monde, 23 dicembre
2011.
(16) Il reato di adescamento è
stato introdotto nel 2003 dalla Legge
per la sicurezza. La legge « che rafforza la lotta contro il sistema prostituente » prevede la sua abrogazione.
(17) Lilian Mathieu, « La prostitution, zone de vulnérabilité sociale », Nouvelles questions féministes,
vol. 21, n° 2, Losanna, 2002.
(18) Thierry Schaffauser, « Le “modèle suédois”
est un échec », Les mots sont importants, 2 luglio 2012.
(19) Marcela Iacub, Qu’avez-vous fait de la libération
sexuelle ?, Flammarion, coll. « Points », Paris, 2002 ; Morgane Merteuil, Libérez le féminisme !, op. cit.
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