sabato 6 settembre 2014

L'utopia liberista della prestazione sessuale


Mona Chollet

Vi propongo la traduzione di un articolo della giornalista femminista Mona Chollet apparso sul numero di settembre del mensile di sinistra Le Monde diplomatique, che in Italia  viene allegato a Il Manifesto. Sulla versione italiana del mensile troverete un altro articolo di Chollet consacrato al dibattito francese sulla nuova legge sulla prostituzione. Concordo con la giornalista sulla necessità che la prospettiva abolizionista includa una seria lotta contro le politiche di austerità.
Qui potete leggere l'articolo originale:
 
 
 
Volere la legalizzazione della prostituzione implica negare la sua dimensione sessista, ma anche occultare i rapporti di forza economici e sociali particolarmente violenti presenti in essa.
 
Le "sex workers" che si battono per la legalizzazione della loro attività ripetono spesso con insistenza di essere indipendenti e di non avere magnaccia. Questo discorso tende a far dimenticare i profitti colossali generati [dalla prostituzione], dei quali le dirette interessate sono le ultime a godere, sempre che ne godano (1).  Ne beneficiano ampiamente agenzie di viaggi, società di trasporti, alberghi e altri intermediari, per non parlare dei trafficanti. Nel mondo economico francese la prassi della "camera ammobiliata" [n.d.t.   il "consumo" di escort come "moneta di scambio" per fluidificare le relazioni tra potere economico  potere politico] permette di concludere un gran numero di affari. Le grandi imprese del settore dell'acqua, ad esempio, hanno abbondantemente utilizzato i servizi delle call-girls nei rapporti con i deputati allo scopo di conquistare il mercato. (2)  Il Belgio, la Spagna, l'Italia e il Regno-Unito hanno deciso di recente di includere la prostituzione, assieme al traffico di droga, nel calcolo del PIL, indicatore strategico più di qualsiasi altro. La Francia per il momento si è rifiutata di farlo; una scelta che alcuni giudicano "stupida". (3)
Parlare di "libertà" o di "diritto di disporre del proprio corpo" significa negare il rapporto di dominio e di sfruttamento. "A chi solleva il problema della costrizione economica, rispondo che ci sono milioni di donne povere che non si prostituiscono", dichiara ad esempio la filosofa Élisabeth Badinter (Elle, 22 novembre 2013). Si noterà en passant come molti sostenitori del "diritto di prostituirsi" appartengano alle classi superiori (secondo la classifica di Challenges, Badinter occupa il cinquantatreesimo posto tra gli individui francesi più ricchi http://www.challenges.fr/classements/fortune/fiche/elisabeth-badinter-et-sa-famille;26.html): : Marcela Iacub, Catherine Millet, Catherine Robbe-Grillet, Claude Lanzmann, Georges Vigarello... (4) Per contro, come notava nel 2003 il sociologo Lilian Mathieu,  a diventare prostitute  sono le donne della classe operaia o del sottoproletariato ". (5) Donne che, nella stragrande maggioranza, non avranno probabilmente mai l'occasione di far ascoltare la propria opinione sull'argomento.
 
L'ossessione di "non essere una vittima"
L'energica rimostranza contro la concezione delle prostitute come vittime concorre alla stessa negazione [del rapporto di dominio e di sfruttamento]. (6) "Questo giornale non ha mai trovato plausibile l'idea che tutte le prostitute siano delle vittime", scrive ovviamente The Economist in un recente editoriale. (7) L'individuo liberista e responsabile del proprio destino deve essere "invulnerabile", osserva la giornalista svedese Kajsa Ekis Ekman. La sola violenza che gli si possa infliggere è di "definirlo vittima" (8). Si finge di credere che la parola "vittima" designi un tratto psicologico del carattere (un'attitudine passiva e pavida) e non la posizione occupata in un rapporto di potere. Questo discorso assume talvolta un tono caricaturale: una ricercatrice può così scrivere, a proposito di bambini prostituiti incontrati in un villaggio tailandese, che essi "rifiutano categoricamente di essere identificati come vittime" (9).
Questa concezione delle "sex workers" libere ed indipendenti aveva ispirato a Pierre-Yves Geoffard, del Centro Nazionale della Ricerca scientifica (CNRS) un dibattito pubblicato da Libération, (10) intitolato: "Prostitute: regolarizzare il mercato" (20 marzo 2006). L'economista vi rendeva omaggio al collettivo Les Putes (Le puttane), allora appena costituito, antenato del Sindacato del lavoro sessuale (Strass). Egli invitata la sinistra ad ammettere che "dal momento che esiste una domanda di rapporti sessuali,  l'offerta di prestazioni cerca di soddisfare tale domanda". Proponeva che la legge "riconoscesse il diritto di proprietà sul rendimento dell'uso del proprio corpo", affinché le prostitute potessero negoziare "il premio di rischio" più elevato possibile per i rapporti senza preservativo.
L'autore libertario di fumetti Chester Brown, come i militanti dello Strass Morgane Merteuil, Maîtresse Nikita e  Thierry Schaffauser (11), difende il progetto di una società in cui tutti possano pagare per avere rapporti sessuali. Egli offre, tuttavia, un racconto della sua esperienza agghiacciante, soprattutto per chi si identifichi almeno un po' con le prostitute che frequenta (rappresentate senza volto, cosa che giustifica con la preoccupazione di salvaguardarne l'anonimato). La violenza dei rapporti che descrive rappresenta, senza che se ne renda conto, una smentita flagrante della concezione pacificata e utopista che propone (12).
 
La trappola della legalizzazione
L'attuale governo francese difende posizioni abolizioniste tramite la legge che "rafforza la lotta contro il sistema prostituente". Lo Strass ha condotto una battaglia contro la disposizione cruciale del testo - soppressa dai senatori lo scorso luglio: la penalizzazione dei clienti che potrebbero essere sanzionati con un' ammenda di 1500 euro. Ha sottolineato i rischi che la legge farebbe correre alla sicurezza e alla salute delle prostitute, costrette anch'esse alla clandestinità, benché   non rischino di essere perseguitate, dal momento che la legge abolisce il reato di adescamento.
Nessun affidabile studio dimostra che si sia verificato un simile deterioramento delle condizioni delle prostitute in Svezia dopo l'approvazione nel 1999 della legge che penalizza i clienti, legge che, adottata successivamente anche dalla Norvegia e dall'Islanda, è servita da modello al progetto francese. (13) Nel confronto fra le differenti legislazioni europee proposto recentemente dal settimanale The Nation la soluzione svedese appare chiaramente preferibile a quella tedesca e a quella olandese. Non solo non sembra aver avuto l'effetto di "rendere  più clandestina la prostituzione", come si sente spesso dire, ma le donne che la esercitano ancora beneficiano delle condizioni di lavoro che in genere si spera di creare ricorrendo alla legalizzazione: il costo di un rapporto sessuale è il più alto in Europa (mentre i bordelli tedeschi riducono i prezzi), hanno accesso al welfare e, infine, operano in condizioni piuttosto sicure: dopo l'approvazione della legge,  non è stato registrato alcun omicidio di prostitute nel corso dell'esercizio dell' attività. (14).
Per contro, Germania e Paesi Bassi si stanno accorgendo che la legalizzazione non serve a niente. Al contrario! Serve ai magnaccia, ma anche ai trafficanti, poiché la domanda eccede l'offerta, così da far aumentare la tratta (la Germania è diventata il più grande mercato del sesso d'Europa) e porta al degrado della condizione delle prostitute (15).
 
Abolire la prostituzione, mentre contemporaneamente si aumenta la precarietà?
Tuttavia, non si può non rilevare la contraddizione tra la volontà abolizionista manifestata dalla Francia e l'aggravamento della precarietà  e delle diseguaglianze prodotte dalla politica di François Hollande. Il miglior modo di combattere la prostituzione non sarebbe quello di evitare che le donne vi siano spinte dal deterioramento delle loro condizioni di vita?
Qualche anno fa Lilian Mathieu suggeriva, più che una politica specificamente concentrata sulle prostitute, qualche misura che condurrebbe contemporaneamente a migliorare la loro condizione e quella delle altre categorie di precari: porre fine alla criminalizzazione dei tossicomani e offrire loro accesso medico alle sostanze dalle quali sono dipendenti, regolarizzare gli stranieri irregolari, rivalutare significativamente l'importo del sussidio di disoccupazione. Egli inseriva la sua riflessione nel quadro del "rapporto Pinot" che, elaborato dal magistrato Guy Pinot nel 1975, dopo l'occupazione di una chiesa da parte del movimento delle prostitute a Lione, poneva, secondo lui, le basi di un "abolizionismo pragmatico". Per il resto, la legislazione del 2002 - repressione dello sfruttamento  e del favoreggiamento della prostituzione (16), ma "vuoto giuridico" sulla prostituzione in sé - gli sembrava la soluzione meno cattiva.
 
Proprio come i vostri libri e i vostri vestiti
Lo Strass, da parte sua, riconosce che la libertà di scelta nella prostituzione è piuttosto limitata, ma afferma che, poiché si deve lavorare per vivere, prostituirsi non costituisca un mestiere più penoso di altri. Questa negazione della specificità del sesso (non vi sarebbe alcuna differenza fra affittare gli organi genitali e affittare le braccia) passa per la neolingua che parla di "prestazioni sessuali" e di "lavoratrici sessuali". "Tenga, cinque chili di sesso. Ecco la fattura", ironizza Ekman. Questa neolingua mette in pericolo il riconoscimento dello stupro come reato specifico, per il quale si sono battute le femministe: perché stuprare qualcuno sarebbe diverso dallo spezzargli le braccia? Essa induce a spingere all'estremo, sotto il pretesto della razionalizzazione, la credenza irrazionale nella dualità del corpo e della psiche tipica della tradizione occidentale. "Il vostro corpo vi appartiene proprio come le altre vostre proprietà, come i vostri libri o i vostri vestiti" scrive Brown in Vingt-trois prostituées (Ventitre prostitute), senza apparentemente accorgersi del carattere aberrante di questo paragone.
Le donne che, incapaci di operare tale dissociazione dal proprio io, hanno la debolezza di vivere male i rapporti sessuali non desiderati sono considerate delle idiote sentimentali (isteriche?) che non meritano ascolto. Schaffauser definisce "lagne" le testimonianze delle prostitute menzionate nel rapporto parlamentare della socialista Danielle Bousquet (18). La saggista Marcela Iacub ritiene che se le donne stuprate soffrono è perché è stato imposto loro di essere traumatizzate (19); nella stessa logica Merteuil scrive che se tante prostitute vivono male la loro attività è a causa dei discorsi delle "femministe antiputtane" che "le svalorizzano sistematicamente". Il femminismo, ecco il nemico....
Ekman sottolinea tuttavia che la legislazione svedese, lungi dal discendere da una posizione dogmatica, "moralista" e avulsa dalla realtà, è il risultato di ricerche che, effettuate alla fine degli anni Settanta, hanno accordato un'importanza eccezionale alle inchieste sul campo e alla parola delle prostitute. Ricerche alle quali ha, fra l'altro, contribuito, nell'ambito della sua attività di giornalista, Stieg Larsson, l'autore (deceduto nel 2004) della trilogia di romanzi polizieschi e femministi Millenium.
 
Una dimensione costitutiva della persona?
Senza tema di contraddizione, lo Strass presenta contemporaneamente la prostituzione come un lavoro "non peggiore di altri" (di qui il suo definirsi come sindacato) e come una dimensione costitutiva della persona, un orientamento sessuale represso. Schaffauser e Maîtresse Nikita arrivano persino a denunciare (in Fieri di essere puttane) un'insopportabile "costrizione a non prostituirsi". Ciò permette di forgiare il neologismo "puttanofobia", utile ad esecrare le abolizioniste e gli abolizionisti. "Le puttanofobe e i puttanofobi che vogliono abolire la prostituzione sono come gli omofobi che vogliono guarire l'omosessualità", essi affermano. Paragone confuso che suscita parecchie perplessità: in un caso si tratta di accettare di mettere fra parentesi i propri desideri, mentre nell'altro si tratta di rivendicare il diritto di esprimerli e di viverli.
Un tuffo nella letteratura che raccomanda l'adozione della legalizzazione conduce a chiedersi se non sarebbe meglio per quanti, a sinistra, dichiarano di essere solidali con le "sex workers" in lotta, riconoscere piuttosto il proprio attaccamento a quel privilegio maschile che è rappresentato dall'esistenza della prostituzione. Sarebbe più onesto e creerebbe meno confusione.
 
Note
(1) Leggere« Qui profite de la prostitution ? », Le Monde diplomatique, luglio 2006.
(2) Cf. Yvonnick Denoël, Sexus Economicus. Le grand tabou des affaires, Nouveau Monde, Paris, 2010.
(4) « Ni coupables ni victimes : libres de se prostituer », Le Monde, 9 gennaio 2003 ; « L’interdiction de la prostitution est une chimère », Le Nouvel Observateur, Parigi, 23 agosto 2012.
(5) Lilian Mathieu, « On ne se prostitue pas par plaisir », Le Monde diplomatique, febbraio 2003.
(6) Leggere « Arrière-pensées des discours sur la “victimisation” », Le Monde diplomatique, settembre 2007.
(7) « A personal choice », The Economist, Londres, 9 agosto 2014.
(8) Kajsa Ekis Ekman, L’Etre et la Marchandise. Prostitution, maternité de substitution et dissociation de soi, M Editeur, coll. « Mobilisations », Ville Mont-Royal (Québec), 2013.
(9) Heather Montgomery, « Children, prostitution, and identity », in Kamala Kampadoo e Joe Doezema, Global Sex Workers, Routledge, New York, 1998. Citato da Kajsa Ekis Ekman, L’Etre et la Marchandise, op. cit.
(10) Su Libération e la prostituzione, cf. « Luc, son DSK et la prostitution heureuse chez Libé », Les Nouvelles News, 22 ottobre 2013.
(11) Morgane Merteuil, Libérez le féminisme !, L’Editeur, coll. « Idées et controverses », Paris, 2012 ; Maîtresse Nikita et Thierry Schaffauser, Fières d’être putes, L’Altiplano, coll. « Agit’Prop », Paris, 2007.
(12) Chester Brown, Vingt-trois prostituées, Cornélius, Paris, 2012.
(13) Florencia Rovira Torres, « Punir les clients des prostitués : le modèle suédois a bon dos », Rue89.com, 25 luglio 2013.
(14) Michelle Goldberg, « Should buying sex be illegal ? », The Nation, New York, 30 luglio 2014.
(15) « Unprotected : How legalizing prostitution has failed », Spiegel Online International, 30 mai 2013 ; Jean-Pierre Stroobants, « Les Néerlandais commencent à regretter la légalisation de la prostitution », M le magazine du Monde, 23 dicembre 2011.
(16) Il reato di adescamento  è stato introdotto nel 2003  dalla Legge per la sicurezza. La legge « che rafforza la lotta contro il sistema prostituente » prevede la sua abrogazione.
(17) Lilian Mathieu, « La prostitution, zone de vulnérabilité sociale », Nouvelles questions féministes, vol. 21, n° 2, Losanna, 2002.
(18) Thierry Schaffauser, « Le “modèle suédois” est un échec », Les mots sont importants, 2 luglio 2012.
(19) Marcela Iacub, Qu’avez-vous fait de la libération sexuelle ?, Flammarion, coll. « Points », Paris, 2002 ; Morgane Merteuil, Libérez le féminisme !, op. cit.
 
 

 

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