Megan Murphy
La legislazione sul mercato
del sesso ha occupato la ribalta del dibattito femminista sin dalla storica
causa legale Bedford v. Canada presentata nel 2007. Gli attori della causa
hanno sostenuto che le leggi esistenti che criminalizzano lo sfruttamento della
prostituzione, la pubblicità della
prostituzione e la gestione dei bordelli
sono incostituzionali. Il 26 marzo 2012 la magistrata Susan Himel ha sancito la
depenalizzazione della gestione dei bordelli dell'Ontario.
Mentre molte femministe
concordano sul fatto che le leggi attuali sono problematiche, perché
criminalizzano le donne che hanno ben poche altre scelte oltre alla vendita di
sesso, gli avvocati sono divisi sul modo migliore di procedere. La povertà, il
razzismo, la dipendenza dalla droga e il sessismo definiscono chi entra nel
mercato del sesso, non solo in Canada, ma in tutto il mondo. Eppure, molti
parlano della cosiddetta scelta di esercitare il lavoro sessuale, senza
considerare il contesto di ingiustizia e di oppressione come l'elemento centrale
che porta le donne a lavorare nel settore.
Jeannette Corbiere Lavell,
presidente della Native Women's Association of Canada, sostiene che le donne
che lavorano nel mercato del sesso non dovrebbero essere punite, ma è salda
nella sua opposizione alla legalizzazione dei bordelli. Vuole che il focus
della criminalizzazione si concentri precisamente sui magnaccia e sui clienti.
Una storia di razzismo
"A causa della mentalità colonialista, molte persone pensano che le
donne aborigene abbiano sempre fatto le prostitute" afferma Lavell.
Lei dice che questo non è vero. Piuttosto le donne e le ragazze indigene
finirono nella prostituzione a causa della disgregazione delle famiglie e delle
culture aborigene. "La prostituzione
non fa parte delle nostre tradizioni. Non fa parte del nostro modo di
essere", dice.
" I nostri anziani hanno
affermato che la nostra organizzazione di donne deve far sentire la sua
voce" ha aggiunto Lavell. "Le
nostre donne non vogliono essere prostitute. Non vogliono vivere questa vita".
Ma Lavell dice che molte
donne hanno ben poche altre scelte, non avendo la possibilità di guadagnare in
altro modo il denaro e dovendosi prendere cura a casa di bambini ed anziani.
"Così quando vengono approcciate dai
magnaccia e dai clienti, quando vengono loro offerti soldi, sembra che quello
sia l'unico modo di guadagnarli. Vengono così coinvolte nella
prostituzione".
Uno studio pubblicato
nell'edizione del 2003 del
periodico Social Science and Medicine mostra che il 70% delle prostitute che
lavorano a Downtown Eatside a Vancouver sono donne aborigene. Jackie Lynne, esponente della Aboriginal
Women's action Network, è rimasta colpita dal numero di donne aborigene
presenti nel mercato del sesso, quando ha iniziato a effettuare ricerche
sull'argomento nel 1998.
"Ho iniziato come volontaria in un drop-in center
di Downtown Eatside. La maggioranza dei volti delle donne era di colore. Questo
fatto ha ispirato la domanda della mia ricerca: "Perché ci sono così tante
donne indigene coinvolte nella prostituzione?" Lynne, uscita lei stessa dal lavoro sessuale 20 anni
fa, ha iniziato a delineare le radici storiche del razzismo, del sessismo e del
classismo e ha individuato un indissolubile legame tra prostituzione e
colonialismo.
Cherry Smiley è un'attivista
e un'operatrice anti-violenza presso le nazioni Nlaka'pamux (Thompson) e Dine
(Navajo). Lei sostiene che il fatto che le donne e le ragazze aborigene siano
sovra-rappresentate nel mercato del sesso non sia casuale. Al contrario, dice,
le donne aborigene sono "instradate" verso il lavoro sessuale come
risultato della storia del razzismo in Canada, una storia che include le scuole
differenziali, il sistema delle riserve e il sistema di adozione.
"Tutte queste istituzioni con le quali dobbiamo
misurarci quotidianamente stanno contribuendo a determinare la condizione in
cui vengono a trovarsi le donne e le
ragazze. La prostituzione è la conseguenza di queste istituzioni", sostiene. "Non
è come se tutte noi ci fossimo svegliate
alla mattina e avessimo deciso che questa doveva essere la nostra carriera,
perché ci piace far sesso con gli sconosciuti".
La scelta non ha alcuna attinenza con la questione
La retorica della scelta che circonda
il lavoro sessuale è stata menzionata molte volte dalle donne con cui ho
parlato. Esse hanno messo in discussione l'idea che il lavoro sessuale possa
essere davvero una scelta nel contesto di una società fondata sulla
disuguaglianza.
"Il liberismo nord-americano ama la parola "scelta", ma
presuppone che tutti siamo su un piano di parità" dice Lynne. Il
problema della parola "scelta", secondo Lynne, è che ha deviato
l'attenzione dalla questione della domanda, dal problema di chi compra le donne
e di chi perpetra l'abuso. "Abbiamo
bisogno di inquadrare il problema della
prostituzione all'interno della
questione dei diritti umani e nel contesto dell'uguaglianza fra uomini e donne
e vedo che ciò non accade"
aggiunge.
"Se ci fosse vera uguaglianza, la prostituzione non esisterebbe. La
prostituzione esiste, perché esiste la diseguaglianza", dice Lynne. "Se guardiamo alla prostituzione e alla
normativa sulla prostituzione attraverso questa lente, dobbiamo chiederci se la
depenalizzazione dei magnaccia e dei clienti abbia davvero senso, se il nostro impegno è diretto verso la
creazione di una società giusta".
Smiley dice che l'idea che le
donne "scelgano" semplicemente il lavoro sessuale come una carriera
professionale è offensiva. "Se fosse
così, significherebbe che le donne e le ragazze native amerebbero far sesso con
gli estranei in misura molto maggiore delle donne bianche, in numero sproporzionato",
dice. "Ciò alimenta i miti
razzisti che noi siamo selvagge, incontrollabili, poco intelligenti, dei corpi
sessualizzati e questo non è vero. Le donne e le ragazze aborigene sono molto
più di questo".
Smiley afferma che quando ci
concentriamo sulla "scelta", evitiamo di porci domande estremamente
rilevanti sui sistemi e sulle
ingiustizie che conducono le donne aborigene al lavoro sessuale.
Colonialismo e patriarcato: sono la
stessa cosa
Non è possibile separare
l'arrivo dei coloni europei dall'imposizione alle culture indigene del sistema
patriarcale e di quello capitalista. Smiley dice che questa verità deve essere
tenuta assolutamente in considerazione quando riflettiamo sulle donne nel
mercato del sesso.
Smiley dice: "La prostituzione è solo un'altra istituzione
del colonialismo. Quindi prende di mira in modo particolare le donne e le
ragazze native, non solo in Canada, ma in tutto il mondo. Siamo assoggettate
alle stesse forze".
"Colonialismo e patriarcato vanno di pari
passo", aggiunge. "Sono la stessa cosa".
E infatti, la storia del
colonialismo in Canada rivela inestricabili legami con l'introduzione delle
idee patriarcali in quella che si dice essere, tradizionalmente, una cultura
più egualitaria.
Levell mi racconta che, prima
che i colonizzatori europei giungessero nella zona nota come la Terra di Rupert (poi acquistata dal Canada) per stabilirvi i propri
insediamenti, le donne erano tenute in grande considerazione. La diseguaglianza
e l'idea che le donne non abbiano gli
stessi diritti e il medesimo potere decisionale degli uomini "sono un'imposizione della cultura
occidentale", afferma Lavell.
"Tutto quello che so e che mi è stato insegnato dalle mie nonne, è che
uomini e donne venivano percepiti come uguali prima del contatto con gli
Europei. Le donne erano veramente libere" dice Smiley.
Certo le cose non erano
perfette, ma l'oppressione non era diffusa su scala sistematica, fino
all'arrivo degli Europei, mi ha detto Smiley. "Si è visto che in molte comunità delle Prime Nazioni le donne erano
rispettate e avevano il potere
decisionale. Godevano di una situazione di maggiore parità con gli
uomini e penso che quel che è accaduto, in seguito all'arrivo dei coloni, sia molto
irritante" dice.
In un saggio del 1998,
intitolato "Colonialismo e
sfruttamento sessuale delle donne delle Prime Nazioni del Canada" ,
Lynne ha studiato i modi in cui lo
sfruttamento sessuale delle donne delle Prime Nazioni è direttamente connesso
al colonialismo e le modalità della "creazione della nostra inferiorità
come classe sia rispetto agli uomini delle Prime Nazioni che rispetto agli uomini
europei". Lynne si richiama al
libro di Kathleen Barry intitolato "Schiavitù
sessuale femminile", che sostiene che la domanda di sex workers
richieda una classe di donne svalutata.
"Non riesco a pensare a una classe di donne più svalutata
della classe delle native", dice
Lynne.
Le donne europee non vennero
autorizzate ad emigrare nei primi cent'anni della colonizzazione, mi dice
Lynne. Di conseguenza, i coloni pensarono di poter ricorrere alle cosiddette
"mogli del posto". Si trattava di donne native di cui si servivano commercianti e cacciatori
per accedere alle loro conoscenze. Esse
potevano aiutare gli uomini a sopravvivere in un territorio sconosciuto.
"Queste mogli sono state usate per le loro conoscenze e per il
sesso", dice Smiley. "In
cambio potevano ottenere sicurezza o cibo, ma quando fu permesso alle donne
bianche di raggiungere il Canada, le native vennero cacciate e abbandonate in condizioni
di povertà". Naturalmente, in quel periodo, vennero aperti anche i
bordelli.
Date le condizioni, dice Lynne,
le donne delle Prime Nazioni divennero le prime prostitute del Canada.
La storia razzista, sessista e classista dello sfruttamento sessuale non è
limitata al Canada, naturalmente. "Se
si guarda alla prostituzione su scala mondiale, che è sempre una cosa
importante da fare, si vedrà che la maggior parte delle donne sono prostituite
per questi motivi", dice Smiley. "Sono soprattutto le donne povere, aborigene e di colore ad essere nella
prostituzione".
Smiley evidenzia anche che
"molte donne native e molte che sono
in strada soffrono di dipendenza dall'alcool o dalla droga e hanno problemi di
salute mentale. Che dire di questi problemi? Che sono il risultato del
patriarcato e del colonialismo. Le donne consumano droghe e alcool per soffocare
il dolore, perché noi non offriamo loro altre soluzioni reali".
Legislazione: criminalizzare gli
sfruttatori della prostituzione e i clienti e depenalizzare le donne
Per quanto riguarda le leggi
sul mercato del sesso, Smiley ritiene che la depenalizzazione dei clienti e la
legalizzazione dei bordelli non sia una soluzione che possa aiutare le donne
aborigene.
"Soffriamo e stiamo male, perché abbiamo perso le nostre lingue e la
nostra terra e ci offrono droghe e alcool per soffocare questo dolore",
dice. "Le donne dovrebbero aver
accesso a ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere, senza dover stare nella
prostituzione; dovrebbero poter accedere a posti per disintossicarsi e poter svolgere
lavori che diano soddisfazione - noi vorremmo che tutte avessero queste cose.
Definire una soluzione la legalizzazione dei bordelli sarebbe come dire alle
donne: "Questo è quanto, questo va
bene per voi, non pensate di poter chiedere di più".
Lavell è d'accordo e dice che
il Canada dovrebbe promulgare una legislazione simile a quella che è stata
introdotta in Norvegia, comunemente indicata con il nome di "modello
nordico". Questo modello include leggi che depenalizzano le donne
prostituite e criminalizzano gli sfruttatori della prostituzione e i clienti.
Lavell dice di essere
veramente rattristata dalla decisione assunta
dai giudici dell'Ontario di legalizzare i bordelli e spera che questa
sentenza venga ribaltata dalla Corte Suprema del Canada.
"Se la prostituzione viene legalizzata, le donne continueranno a poter
essere assassinate", dice. "Le
nostre donne sono molto chiare e molto determinate su questo punto. Soprattutto
le donne anziane che adottano ancora le nostre tradizioni culturali e praticano
il nostro tipo di spiritualità". Lavell vuole che alle donne e alle
ragazze aborigene siano offerte altre opportunità, non semplicemente quella di
essere spostate dalle strade ai bordelli.
Il problema che molti gruppi
di donne notano nel dibattito sulla legislazione sul lavoro sessuale è la
mancanza di attenzione ai clienti: gli uomini.
"Vorrei, per quanto possibile, attirare l'attenzione sul modo di fermare la domanda" dice
Lynne. "Le femministe sono costrette
a discutere infruttuosamente con coloro che non riconoscono la responsabilità
degli uomini. Le discussioni sulla legalizzazione distraggono da ciò che io
ritengo essere la fonte del problema". Lynne vuole che gli uomini
siano ritenuti responsabili delle proprie azioni e dei propri comportamenti.
Smiley è d'accordo e ritiene
che le discussioni sulla legalizzazione dei bordelli distraggano dai problemi
reali e dall'apprestamento di soluzioni concrete per le ragazze e per le donne che vivono in
condizioni di povertà o che sono dipendenti da alcool o droghe.
"I soggetti responsabili del
fatto che donne e ragazze native vengano uccise o scompaiano sono gli stessi
che fanno sì che le donne e le ragazze indigene entrino nella prostituzione e
rimangano bloccate lì. Questi soggetti sono gli uomini", dice Smiley.
"La soluzione non è consegnare loro donne e ragazze su un piato
d'argento e dire: "Tenetevele". La soluzione è dir loro:
"Cambiate il vostro comportamento".
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