venerdì 22 febbraio 2019

Perché il reato di favoreggiamento è conforme alla Costituzione



La Corte d’Appello di Bari, nel corso del processo contro l'imprenditore Gianpaolo Tarantini, ha sollevato la questione di costituzionalità in merito all'art.3, comma primo, n. 4) prima parte e n. 8) della legge 20 febbraio 1958 n. 75, nella parte in cui configura come illecito penale il reclutamento ed il favoreggiamento della prostituzione anche quando volontariamente e consapevolmente esercitata,  ritenendola in contrasto con gli artt. 2, 3, 13, 25 comma 2°, 27 e 41 della Costituzione.

Mi permetto di esprimere la mia opinione.

A mio parere, la fattispecie penale del reclutamento  e del favoreggiamento della prostituzione non è affatto in contrasto con gli articoli costituzionali sopracitati.



Il principio di legalità

Innanzitutto, essa non viola il principio di legalità, in particolare il sottoprincipio di determinatezza/tassatività delle norme giuridiche (art.25, comma 2 Cost.).  In materia la  Corte Costituzionale si è già espressa, ritenendo la questione infondata. Con la Sentenza n. 44 del 1964, la Consulta osservò, infatti, che



I concetti di agevolazione e di sfruttamento della prostituzione altrui presentano una obiettività ben definita, anche perché acquisiti da tempo nel Codice penale e sottoposti a lunga elaborazione dottrinale. Essi hanno un preciso ed inconfondibile significato, che non si presta ad equivoche interpretazioni.

Allargare il raggio di applicazione della previsione legislativa fino a comprendere attività che prima rimanevano impunite non significa svuotare di contenuto la norma, ma estenderla e rafforzarla. E la circostanza che sia stata usata una formula, la quale, pur essendo di più ampio contenuto, risulti

sinteticamente espressa, non costituisce un vizio della norma - siccome ritiene l'ordinanza di rimessione - ma un fatto normale in materia penale. Ed invero, tutti i comandi giuridici sono per loro natura di carattere generale ed astratto; ed è ben noto che, nell'indicare i fatti tipici costituenti reato, la legge a volte fa una descrizione minuta di essi, ma spesso si limita a dare un'ampia nozione del fatto, senza scendere a particolari di esecuzione. E già questa Corte ha avuto occasione

di affermare in proposito che ‘il principio in virtù del quale nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge (art. 1 del Codice penale) non è attuato nella legislazione penale seguendo sempre un criterio di rigorosa descrizione del fatto. Spesso le norme penali si limitano ad una descrizione sommaria ed all'uso di espressioni meramente indicative, realizzando nel miglior modo possibile l'esigenza di una previsione tipica dei fatti costituenti reato” (Sentenza n. 27 del 23 maggio 1961).



Recentemente la Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 49643/2015, ha, a sua volta, osservato che "  certamente non può ritenersi vulnerato il principio di legalità e determinatezza della pena sol perché la norma penale manchi di definizioni precise che delineino preventivamente i confini dell’illecito penale. Tocca all’interprete, ovviamente, fornire della norma una interpretazione costituzionalmente orientata".

In effetti, sancendo che è punito con la reclusione " chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui", il legislatore è stato preciso, tassativo e determinato. Non ha esposto il cittadino all'arbitrio del giudice, ha soltanto stabilito che debba essere punito chiunque, in qualsiasi maniera, agevoli la prostituzione altrui o ne tragga profitto. 



Il principio di offensività

Assumiamo pure come riferimento il liberalismo penale, che costituisce la corrente filosofica giuridica  più evocata da chi vorrebbe abrogare il reato di favoreggiamento della prostituzione.

Ispirata al pensiero di John Stuart Mill, questa teoria trova la sua massima espressione nell'opera The Moral Limits of the Criminal Law di Joel Feinberg.

Secondo l'impostazione di questo giusfilosofo, un comportamento può essere punito se si verifica almeno una di queste due condizioni: 1) la condotta in questione arreca un danno a persona diversa da quella che agisce, purché l'interesse sia apprezzabile (è il principio del danno, harm principle); 2) provoca una grave molestia (offense)  a persona diversa dall'agente.

Ora: il ricorso alla prostituzione da parte del cliente (spiegherò poi perché mi riferisco a tale  soggetto) realizza entrambe le condizioni.

In primo luogo, tale attività causa un danno alla persona in condizione di prostituzione, come attesta non solo l'elevatissimo tasso di violenza e di mortalità che colpisce chi la esercita, ma anche l'amplissima diffusione, di gran lunga superiore a quella che si registra nella popolazione generale, del disturbo post-traumatico da stress, della depressione, dell'ideazione suicidaria e del suicidio, dell'ansia, della dissociazione dal corpo e del senso di disgusto nei confronti dei clienti, che induce ad un elevato consumo di alcool, sostanze stupefacenti e psicofarmaci finalizzato alla soppressione dei sentimenti negativi e alla produzione di uno stato di anestesia, di abolizione della sensibilità.

Il comportamento irresponsabile dei clienti è all'origine di gravidanze indesiderate e provoca la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili. L'intensa pratica della prostituzione genera alle interessate seri disturbi ginecologici. In Prostitution and Trafficking in Nine Countries: an update on Violence and Posttraumatic Stress Disorder Melissa Farley e le sue collaboratrici elencano, inoltre, ben 22 disturbi che affliggono un'assai consistente percentuale di donne in condizione di prostituzione e che sono determinati dalla reiterazione di atti sessuali non desiderati.

Questo fatto rappresenta la radicale negazione dell'autodeterminazione sessuale. Il consenso non può essere comprato. Inoltre, nel corso del rapporto, la sua presenza viene considerata come irrilevante dai clienti, in conseguenza della dazione di denaro  e della corrispondente concezione dell'atto sessuale come lavoro, più precisamente  come oggetto di un contratto d'opera in cui una parte (la persona che si prostituisce) si obbliga, verso un corrispettivo, a compiere l'atto " a regola d'arte", ossia nel modo più appagante per il "cliente-committente". Il contratto crea, infatti, degli obblighi giuridici, sicché chi ha espresso all'inizio il proprio consenso dietro compenso si trova poi costretto ad eseguire gli atti previsti dall'accordo e a rinunciare alla propria libertà sessuale. Ma cos'è un rapporto sessuale che prescinde dal consenso di uno dei due soggetti se non uno stupro?

Pertanto il cliente lede la libertà di autodeterminazione di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione della persona cui richiede un rapporto mercenario.

Ne viola anche la dignità, ossia il diritto ad essere rispettata e trattata come essere umano e non come merce sessuale. E' sufficiente la lettura di qualche post pubblicato sui forum riservati agli acquirenti di rapporti mercenari per comprendere come la dazione di denaro induca loro a considerare le donne in condizione di prostituzione meri prodotti merceologici. Essi disquisiscono, infatti, di "qualità del prodotto" , si lamentano del fatto che in Italia sia ormai difficile " scopare merce buona" o "roba buona", parlano di "usato sicuro" o, al contrario, di "spazzatura" o di "materiale di scarto"….

I clienti si percepiscono come "tecnici" che sperimentano l'efficacia e le prestazioni di un prodotto, di una macchina da sesso e, pertanto,  impiegano verbi come "provare", "periziare", "testare", effettuare un "controllo di qualità". In altri casi, invece, concepiscono il rapporto mercenario come l'impressione  del proprio marchio sulla donna-merce, per cui  parlano di "mettere una tacca" o di "timbrare" una prostituta o una sua parte del corpo.

L'attività dei clienti della prostituzione realizza anche la seconda condizione succitata in quanto genera  gravi e molteplici danni a tutte le donne.

L'oggettivazione e la mercificazione che la caratterizzano si ripercuote su ogni donna, accentuando la disuguaglianza nei confronti degli uomini. I clienti   concepiscono l'atto sessuale come una forma di dominio, di asservimento e, spesso,  di vendetta nei confronti di tutte le donne.

Questi atteggiamenti costituiscono - ed è il dato più allarmante - catalizzatori di violenze, come attestano diversi studi. La deumanizzazione connessa all'oggettivazione  è considerata un fattore estremamente importante di legittimazione della violenza [1]

Esistono prove dell'esistenza di una connessione tra aggressione sessuale e  ricorso alla prostituzione.

L'acquisto di sesso è stato, infatti, associato alla perpetrazione di violenza fisica e sessuale contro le partner. [2]

Il 32,7% dei partecipanti a una ricerca pubblicata nel 2009  condotta su 1585 uomini di età compresa fra i 18 e i 35 anni residenti in un'area metropolitana del Nord-Est degli Stati Uniti  aveva commesso violenza fisica o sessuale nei confronti delle compagne. Fra i fattori associati a tale condotta vi era anche il ricorso ai rapporti mercenari. Il 22,5% degli aggressori, infatti, aveva confessato di aver fatto ricorso alla prostituzione contro il 5,6%  degli uomini non violenti [3]

Come si evince da altri studi, l'acquisto di sesso si configura come un fattore di rischio associato allo stupro,  oltre che delle partner,  anche di altre donne. E' quel che risulta, ad esempio, da un'indagine del 2006  riguardante 1370 ragazzi di età compresa fra i 15 e i 26 anni provenienti da zone rurali della Repubblica Sudafricana. Il 41,7% dei 115 uomini che avevano ammesso di aver stuprato la partner aveva fatto ricorso al sesso transazionale di contro al 14,3 % dei non stupratori. Vi aveva fatto ricorso, inoltre,  il 35% dei 223 autori di stupri nei confronti di donne diverse dalla partner contro il 13% dei non stupratori. [4]

Un rapporto intitolato  The Making of Sexual Violence pubblicato nel 2014 riporta dati raccolti tra il 2008 e il 2010 su cinque campioni di 1000 uomini ciascuno residenti rispettivamente in Cile, Croazia, India, Messico e Ruanda. La percentuale di intervistati che dichiara di aver commesso stupro è elevata e varia dal 4% al 25%. Gli acquirenti di sesso hanno maggiori probabilità di aver perpetrato atti di violenza sessuale in tutti i cinque Paesi considerati, soprattutto in Cile e in Croazia dove le probabilità aumentano di 3,42 volte. Nel primo dei due Stati citati, infatti, il 24, 9% di chi ha fatto ricorso alla prostituzione ha commesso uno stupro di contro al 5% di chi non ha mai acquistato sesso. In Croazia il 28,7% dei clienti della prostituzione ha compiuto atti di violenza sessuale contro al 6,2% di chi non vi ha mai fatto ricorso. Negli altri Paesi le relative percentuali sono rispettivamente: 36,5% e 20,3% in India, 8,6% e 3,2% in Messico (1 volta e mezzo in più), 18,6% e 7,4% in Ruanda ( oltre una volta in più). [5]

Nel 2015 Melissa Farley, Jacqueline M. Golding, Emily Schuckman Matthews, Neil M. Malamuth  e Laura Jarrett hanno pubblicato uno studio imperniato sul confronto tra un campione di 101 acquirenti di sesso e 101 uomini che non lo sono mai stati. I due gruppi erano affini quanto ad età, istruzione e classe sociale. I clienti della prostituzione hanno espresso  un'identità maschile più ostile rispetto agli altri. Il 15% di loro contro il 2% dei non clienti ha riferito che costringerebbe  una donna a far sesso o la stuprerebbe  se potesse  fuggire e se nessuno lo venisse a sapere. In percentuale più consistente dei primi, ha dichiarato di aver già adottato comportamenti sessualmente aggressivi,  raggiungendo una media di 1,59 tipi di condotte di questo genere rispetto a una media di 0,53 per i non clienti. Gli acquirenti di sesso si sono rivelati, inoltre, molto meno empatici nei confronti delle donne in condizione di prostituzione. [6]

Qualcuna/o si chiederà come mai mi sia soffermata così a lungo sui clienti in un articolo dedicato al reato di favoreggiamento. La ragione è questa: se il ricorso alla prostituzione costituisce un'attività dannosa per chi si prostituisce e, in via generale, per tutte le donne, lo è a maggior ragione l'operato di chi la favorisce e la incentiva. Pertanto, il favoreggiamento deve continuare a configurarsi come reato perché agevola un'attività che si rivela lesiva di beni giuridici fondamentali costituzionalmente garantiti  (vita, integrità fisica e psichica, dignità, uguaglianza …).  

La Corte di Cassazione con Senzenza n. 49643 del 22 settembre 2015 ha inoltre opportunamente osservato come l'agevolazione della prostituzione altrui costituisca "il primo passo verso lo sfruttamento economico del corpo della prostituta" e, dunque, meriti di essere sanzionata.

Un cenno, infine, all'art. 41 della Costituzione con cui, secondo i ricorrenti, il reato di favoreggiamento entrerebbe in conflitto. Non è così, a mio parere, perché se è vero che " l'iniziativa economica privata è libera", è altrettanto vero che essa " non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana" e il favoreggiamento, così come il ricorso alla prostituzione da parte del cliente, attenta a questi diritti fondamentali.



NOTE

1. Cito solo qualche opera a titolo di esempio: Haslam, N., Loughnan, S., Reynolds, C., & Wilson, S. Dehumanization: A new perspective. Social & Personality Psychology Compass, 1, 2007, pp. 409-422; Chiara Volpato, Deumanizzazione. Come si legittima la violenza, Laterza, 2011. Si veda la bibliografia ivi indicata; Maria Giuseppina Pacilli, Quando le persone diventano cose, il Mulino, 2014.

2. Anita Raj, Elizabeth Reed, Seth L. Welles, Maria Christina Santana, Intimate Partner Violence Perpetration, Risky Sexual Behavior, and STI/HIV Diagnosis Among Heterosexual African American Men, in "American journal of men's health",  2(3),  October 2008, pp. 291-5 

3. M. R. Decker,  G R Seage, D. Hemenway, J Gupta, A Raj, J G Silverman, Intimate partner violence perpetration, standard and gendered STI/HIV risk behaviour, and STI/HIV diagnosis among a clinic-based sample of men, in " Sexually transmitted infections", vol.85, n.7, 2009, pp. 555-560. Documento consultabile al seguente indirizzo:https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3623286/pdf/U9G-85-07-0555.pdf

4. Rachel Jewkes, Kristin Dunkle, Mary P. Koss, Jonathan B. Levin, Mzikazi Nduna, Nwabisa Jama, Yandisa Sikweyiya, Rape perpetration by young, rural South African men: Prevalence, patterns and risk factors in "Social Science & Medicine", Vol.63, Issue 11, Juanuary 2007, pp. 2949-2961. 

5.  Heilman, B.; Hebert, L.; and Paul-Gera, N., The Making of Sexual Violence. How Does a Boy Grow Up to Commit Rape? Evidence from Five IMAGES Countries, Washington, DC: International Center for Research on Women(ICRW) and Washington, DC: Promundo. June 2014. Documento reperibile all'indirizzo web: https://promundoglobal.org/wp-content/uploads/2014/12/The-Making-of-Sexual-Violence-How-Does-a-Boy-Grow-Up-to-Commit-Rape.pdf

6. Melissa Farley , Jacqueline M. Golding , Emily Schuckman Matthews , Neil M. Malamuth  e Laura Jarrett,  Comparing Sex Buyers With Men Who Do Not Buy Sex: New Data on Prostitution and Trafficking in " Journal of Interpersonal Violence", 32 (23), 2015, pp.1-25 Documento disponibile all'indirizzo: http://prostitutionresearch.com/wp-content/uploads/2015/09/Comparing-Sex-Buyers-With-Men-Who-Do-Not-Buy-Sex.pdf







 





































































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