Gérard Biard
Bisognerebbe essere sordi e
ciechi per ignorare che la proposta di legge volta ad abolire la prostituzione,
che è stata discussa venerdì scorso e deve essere sottoposta al voto mercoledì
4 dicembre, è "liberticida", "moralista" e "contro il
sesso". Da mesi si assiste ad un susseguirsi di articoli, petizioni ed
interventi di ogni genere che ci mettono in guardia contro questo pericolo che
minaccia la Francia dei Lumi: la penalizzazione dei clienti. Il tutto, ovviamente, invocando la lotta
contro sfruttatori della prostituzione e reti di trafficanti, ma sviluppando
argomentazioni che li ignorano bellamente.
Menzione speciale a Le Monde, che punta decisamente sul
rigore giornalistico e sull'illustrazione scioccante: "clienti puniti, prostitute assassinate"
e a Libération, che ha interpellato
nel numero del 26 novembre ben tre "esperti", tutti contrari alla
legge. Un ricercatore del CNRS che, con ogni evidenza, in tutta la sua carriera
ha letto un solo ed unico rapporto: quello sul "fallimento" del
modello svedese naturalmente. Uno
psicanalista un po' confuso che evoca Victor Hugo, dimenticando le
dichiarazioni sul tema dell'autore de I
miserabili: "Si dice che la
schiavitù sia scomparsa dalla civiltà europea. E' sbagliato. Essa esiste
ancora, ma pesa soltanto sulla donna e si chiama prostituzione". E un
comico: Luc Le Vaillant, che rifiuta l'ingerenza dello Stato nel campo della
sessualità, ma pretende l'istituzione dei "bordelli di Stato". In
breve: dei bravi ragazzi pragmatici e amanti della più assoluta libertà, ma non
proprio coerenti.
Possiamo trovare sorprendente
e inattesa l'indignazione di questa sinistra ipocrita che si oppone alle
leggi del libero mercato salvo quando si tratta di applicarle al sesso e
all'intimità e che denuncia la precarietà, ma la trova molto romantica quando
porta alla prostituzione. Perché nel 2003, quando Nicolas Sarkozy, allora
Ministro dell'Interno, reintrodusse il reato di "adescamento
passivo", criminalizzando sempre di più le prostitute, non vi fu una
simile levata di scudi. A parte l'immancabile marinaio-cantante Antoine, che
ritorna dai mari del Sud solo per reclamare la presenza di ragazze sui
marciapiedi del Nord, non furono molte
le "celebrità" che manifestarono il loro sdegno nei confronti
di questa legge. E se qualche giornale -
tra cui Libération al quale bisogna riconoscere una certa costanza - vi
aveva consacrato uno o due articoli, il dibattito era durato lo spazio di un mattino.
Eppure, in apparenza, si trattava della stessa questione.
Solo in apparenza. Perché, in
fondo, tutti se ne fregano altamente dei diritti delle prostitute, della loro
salute, della violenza fisica e sociale che subiscono. In ogni caso, quelli a
cui sta a cuore sono assai meno di quelli che oggi levano la propria voce
contro questo disegno di legge. E il solo motivo di questo accanimento
improvviso, è l'inversione della colpa. Per la prima volta la legge colpisce il
cliente, il povero cliente che non può più consumare.
Pochi sono coloro, compresi i
sostenitori della regolamentazione, che non hanno giudicato odiosa la petizione
dei "343 maiali". Non è odiosa: è sincera. Dice con franchezza ciò
che molti dissimulano sotto una patina libertaria o intellettuale. I firmatari
Ivan Rioufol ed Éric Zemmour si sono indignati, quando si è parlato della
possibile apertura di "stanze del buco" [n.d.t. luoghi controllati
dove i consumatori problematici di sostanze stupefacenti possono iniettarsele],
ma vogliono l'apertura dei bordelli. Non bisogna consumare droga, non è una
buona cosa, ma se si vuole impedire agli uomini di consumare delle donne,
allora crolla la società!
In effetti, è un certo tipo
di società a crollare, o, quanto meno, ad essere rimessa in causa: quella che
accetta, istituzionalizza anche, il principio "naturale" che vorrebbe
che la donna fosse tenuta a mettersi a disposizione della sessualità dell'uomo,
il quale avrebbe dei bisogni "incontenibili". La prostituzione non è
il più vecchio mestiere del mondo; è il più vecchio privilegio. E' questo
privilegio ad essere contestato dalla proposta di legge. Ed è per questa
ragione, soltanto per questa, che essa è
così ferocemente contestata.
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