martedì 22 luglio 2014

Tratta, prostituzione e violenza in Italia



LULE (fiore in albanese) è  un progetto  avviato nel 1996 ad Abbiategrasso ( in provincia di Milano) con l'intento specifico di promuovere attività culturali, attivare unità mobili di contatto e favorire l'accesso ai servizi sanitari delle  donne prostituite, in particolare delle vittime di tratta. Nel 1998 ha assunto la forma di associazione di volontariato e nel 2001 quella di cooperativa sociale.
 
 
Il rapporto  sulle attività svolte da LULE nel 2013 è particolarmente drammatico e, al contempo, non sorprende. Esso  rappresenta, infatti, una conferma di situazioni  denunciate  da  diversi studiosi e  convalidate dalle testimonianze delle sopravvissute alla prostituzione.
 
 
Il territorio in cui opera questa cooperativa comprende l'area sud-ovest della provincia di Milano e il distretto della Lomellina (Pavia). Nel corso dell'anno è stata rilevata, attraverso il ricorso alle unità mobili, la presenza in strada di 428 donne prostituite in maggioranza romene, anche di etnia rom,  albanesi e nigeriane. Sono state, inoltre, contattate telefonicamente 47 donne che praticano la prostituzione all’interno di appartamenti privati o di esercizi pubblici (sale massaggi, locali notturni, ecc.), in prevalenza  di origine sudamericana e cinese.  
 
 
Gli operatori della cooperativa hanno constatato l'esistenza di un elevato grado di vulnerabilità fra le ragazze  contattate sia in strada che in ambienti chiusi.
 
 
Sono stati riscontrati problemi sanitari riconducibili:
 
 
1) alle dure condizioni ambientali di esercizio della prostituzione con orari di lavoro che possono raggiungere le 14-18 ore al giorno ed estendersi all'intera settimana, il riposo all'addiaccio o in luoghi di fortuna e l'alimentazione carente;
 
 
2) all'assoggettamento a frequenti aggressioni, violenze, rapine,
 
 
3) ai rischi connessi all'attività (malattie sessualmente trasmissibili, frequenti gravidanze ed aborti anche clandestini), 
 
 
4) ai disturbi psicologici derivanti da precedenti esperienze traumatiche vissute nel paese di origine (abusi e maltrattamenti, lutti, pressioni familiari) o connesse al percorso migratorio e all'avvio alla prostituzione coatta o  conseguenti alle violenze subite  durante l'esercizio della stessa. Emergono molto spesso tra le ragazze vissuti pregressi di abbandono familiare, che facilitano la creazione di rapporti di dipendenza dagli uomini che le sfruttano.
 
 
In merito all’assunzione di alcool e droghe si è riscontrato un aumento del fenomeno. Il consumo di sostanze psicotrope o stupefacenti  serve a rendere più sopportabile la pratica dei rapporti mercenari. 
 
 
 La relazione redatta dalla cooperativa evidenzia la presenza ,fra le prostitute, di ragazze affette da disabilità psichiche  e da un profondo disagio mentale.
 
 
Buona parte delle donne incontrate è controllata da differenti clan che gestiscono la tratta di persone e/o lo sfruttamento della prostituzione. Le ragazze praticano rapporti mercenari "indotte dalla necessità e  dalla mancanza di alternative".  Il grado di consapevolezza rispetto all’attività  che svolgeranno in Italia è variabile; molte sospettano o sanno di doversi prostituire, ma poche si aspettano la situazione di condizionamento, ricatto e sfruttamento in cui verranno mantenute. Per le donne africane, oltre ai ricatti derivanti dal  debito contratto (solitamente tra i 40 ed i 60 mila euro), permangono le forme di condizionamento psicologico  determinate dai rituali tradizionali di carattere religioso.
 
 
Dalla lettura del rapporto si desumono, quindi, informazioni già note a chi  abbia letto le testimonianze delle sopravvissute alla prostituzione e le ricerche prodotte da studios* stranieri:
 
 
1) Le rapine, le aggressioni e le violenze sono molto diffuse nell'ambiente e spesso sono perpetrate dagli sfruttatori o da clienti insospettabili.
 
 
2)  Alcuni di questi non esitano a praticare rapporti mercenari con donne affette da disabilità o da serie  turbe psicologiche, dimostrando evidentemente una totale assenza di empatia. Dell'umanità di queste ragazze - e ciò, ovviamente, non stupisce - a loro nulla importa.
 
 
3)  Il consumo di alcool e di droga è spesso associato all'esercizio della prostituzione e contribuisce a renderlo più sopportabile.
 
 
4) Spesso chi si prostituisce proviene da famiglie abusanti.
 
 
5) La pratica dei rapporti mercenari provoca frequentemente seri disturbi psicologici.
 
 
6) Il grado di vulnerabilità delle ragazze non dipende dal luogo in cui la prostituzione viene esercitata (in strada o al chiuso).
 
 
Tutto ciò mi induce a respingere l'idea che si tratti di un lavoro identico  agli altri.
 
 
Il rapporto sottolinea l'esistenza di pesanti situazioni di sfruttamento dalle quali è difficile svincolarsi  per il timore di incorrere in ritorsioni nei confronti dei parenti o  per   la necessità di estinguere un debito molto elevato, associato ad interessi passivi usurari. Inoltre gli sfruttatori esercitano un controllo vessatorio sulle ragazze.
 
 
Infine, ma non meno importante, è da rilevare la difficoltà di accesso delle ragazze prostituite alle strutture del servizio sanitario nazionale a causa, soprattutto, della condizione di emarginazione in cui versano.
 
 
 
 
 
Ecco il rapporto:

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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