E'
possibile individuare elementi capitalisti nella pornografia?
La
domanda è scontata, banale. E' ovvio, infatti, che l'industrializzazione
abbia comportato la sussunzione, benché non integrale, data l'ampia diffusione
di produzioni casalinghe e gratuite, della pornografia nel processo di valorizzazione
capitalista.
In questo articoletto non intendo, però, analizzare i profitti
generati dall'industria pornografica, studiarne la struttura, gli assetti
proprietari, le connessioni con la mafia (che pure esistono), le condizioni di
lavoro: argomenti di cruciale importanza. Il mio obiettivo è, più modestamente,
quello di sottolineare, in questo breve
testo, la riproduzione nelle produzioni
pornografiche dei rapporti di dominio propri del capitalismo e del patriarcato.
L'argomento meriterebbe - ne sono
consapevole - ben altro approfondimento.
Luc Boltanski ed
Eve Chiapello nel Nuovo spirito del
capitalismo rilevano l'inclinazione di quest'ultimo a mercificare il desiderio,
incluso quello sessuale.
Questa considerazione è ripresa e
sviluppata da Richard Poulin, sociologo marxista canadese, sostenitore del
femminismo, che si è dedicato soprattutto allo studio della pornografia e della
prostituzione, concepite come istituzioni patriarcali e capitaliste. Uno dei
saggi più interessanti ai nostri fini è Valeur vénale, domination sexuelle et tyrannienarcissique de l’apparence : Sexe objectivé et sadisme culturel incluso nella raccolta Sexe,
capitalisme et critique de la valeur, pubblicata nel 2012.
La
globalizzazione neoliberista - osserva Poulin - favorisce e incentiva l'irruzione della merce nel dominio della sessualità. A partire dagli anni Ottanta, la liberazione
sessuale viene recuperata, producendo l'esplosione della mercificazione del
sesso. Nulla ormai sfugge al processo di riduzione dei rapporti sociali a
scambi monetari e ciò produce effetti considerevoli sulle norme sociali e sulle
relazioni tra uomini e donne. La trasformazione di un essere umano in merce,
infatti, comporta non soltanto la sua reificazione, ma anche il suo inserimento
in un rapporto di sottomissione, di subordinazione e di sfruttamento. La merce,
nella prostituzione come nella pornografia, è la materializzazione della
connessione sociale, ossia dei rapporti tra esseri umani ridotti a cose, a
oggetti sessuali.
Il
consumo delle merci si inserisce in un ciclo di eccitazione del desiderio,
appagamento temporaneo e successiva frustrazione che alimenta l'economia
capitalista, industria del sesso
inclusa.
Via
via che il consumo estende il suo dominio alle relazioni sociali e sessuali, si assiste
ad un'organizzazione sistematica dell'affievolimento della capacità di incontro
e all'espansione di una forma di
comunicazione unilaterale che genera una sorta di autismo generalizzato.
Alla
luce di queste considerazioni, è possibile, ora, individuare nei film e, in genere, nelle immagini e nella
cultura porno il rispecchiamento e la
celebrazione dei rapporti di produzione capitalisti.
Riflettendo
e riproducendo rapporti sociali caratterizzati dall'oppressione esercitata dal
sesso maschile su quello femminile, osservano Richard Poulin e Cécile Coderre
in La violence pornographique. La
virilité demasquée, la pornografia si colloca alla confluenza tra
patriarcato e capitalismo in quanto genera profitti e contemporaneamente
rafforza il dominio fallocratico, concorre al mantenimento dell'ordine borghese
e, al contempo, di quello sessista.
Così
come il capitalismo riduce a merce la forza lavoro e conferisce agli imprenditori
la proprietà privata dei mezzi di produzione, allo stesso modo la pornografia -
affermano i due autori- realizza la mercificazione dell'appropriazione sessuale
delle donne e lo sfruttamento capitalista della loro oppressione patriarcale.
Secondo
Alain Touraine la pornografia svolge la funzione di assicurare la riproduzione
del dominio sociale.
Così come
il capitalismo è strutturato sulla subordinazione
dei lavoratori, la pornografia è imperniata sulla diseguaglianza di genere e sulla perpetuazione della
relazione dominante/dominata, configurandosi come metafora dei rapporti sociali
tra i sessi. Nei film per adulti, la sessualità femminile è esclusivamente
finalizzata all'appagamento dei desideri maschili, anziché essere imperniata
sulla ricerca della reciprocità del godimento.
Nella
pornografia si instaurano molteplici rapporti di subordinazione delle attrici:
a una pluralità di performers, oltre che al regista, con conseguente
ipertrofica intensificazione dell'estrazione di plusvalore, ossia dello sfruttamento
sessuale e capitalista di queste donne (si pensi alle doppie o alle triple penetrazioni).
Il
set è uno spazio di realizzazione del modo di produzione fordista, con una
linea di montaggio costituita dalle stesse donne che figurano come oggetti
sessuali da penetrare in rapida successione, garantendo prestazioni maschili
performanti, efficienti, altamente produttive, in conformità con quanto
richiesto dal sistema capitalista.
Nessuna
forma di erotismo espanso e polimorfo, nessun atto cosiddetto preliminare,
nessuna tenerezza, nessuna perdita di
tempo (il tempo è denaro) si verifica in scena. La sessualità maschile appare meramente finalizzata allo scopo,
(coito e produzione di sperma), funzionale, non dispersiva. I sentimenti, gli
affetti, le competenze relazionali non sono integrati nel processo di
produzione che, dunque, anche da questo punto di vista, si caratterizza come
tipicamente fordista.
Questa
riduzione fisiologico -macchinale della sessualità implica che gli oggetti cui
è rivolta siano considerati intercambiabili,
esattamente come accade nella logica della produzione capitalista, in particolare
in quella fordista-taylorista.
Si è
osservato come la pornografia normalizzi, legittimi ed esalti le disparità di potere tra i sessi, le
diseguaglianze, i rapporti gerarchici di dominio e di subordinazione
concorrendo a perpetuare l'ordine sessista e borghese, il sistema patriarcale e
quello capitalista. La fruizione della pornografia si configura, dunque, come
un atto di adesione, anziché di trasgressione del regime economico, sociale e
politico vigente, come conferma anche questa citazione:
" Se,
come ho appena detto, nessuna passione più di questa ha bisogno della più
totale libertà, è anche vero che nessuna è altrettanto dispotica; in questo
campo l’uomo vuole comandare, essere obbedito, circondarsi di schiavi costretti
a soddisfarlo. Ora, tutte le volte che non darete all’uomo il mezzo segreto per
sfogare la dose di dispotismo che la natura ha posto nel fondo del suo cuore,
egli si rivolgerà, per esercitarlo, a quanto lo circonda e sconvolgerà il
regime in cui vive. Se volete evitare questo pericolo, permettete un libero
sfogo a quei desideri tirannici che lo tormentano senza tregua e contro la sua
volontà; in tal modo, contento di aver potuto esercitare la sua piccola
tirannia in mezzo all’harem di paggi o di odalische che le vostre cure e il suo
denaro gli procureranno, ne uscirà soddisfatto e senza nessun desiderio di
sconvolgere un regime che gli assicura con tanta compiacenza tutti i mezzi per
appagare la sua concupiscenza. Se invece agirete diversamente, se imporrete
contro gli oggetti della pubblica lussuria i ridicoli ostacoli inventati un
tempo dalla tirannia governativa e dalla lubricità dei nostri Sardanapali, vedrete
che l’uomo, inasprito contro il vostro regime, geloso del dispotismo da cui
rimane escluso, scuoterà il giogo che gli imponete e, stanco del vostro modo di
governare, lo vorrà cambiare come ha appena fatto".
L'autore di questo
brano, contenuto nel testo: Francesi, ancora uno sforzo se volete essere
Repubblicani, pubblicato nel 1795 all'interno de La
filosofia nel boudoir, è uno scrittore che di pornografia se ne intendeva:
il Marchese De Sade.
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