mercoledì 22 agosto 2018

La Svezia : il Paese più sicuro per chi si prostituisce. Lo dimostra la più accanita avversaria del modello abolizionista


Le sostenitrici italiane del modello neozelandese di "depenalizzazione" della prostituzione ritengono che l'adozione di una legislazione abolizionista produrrebbe  effetti negativi  per chi la  pratica, il più grave dei quali andrebbe individuato nella  maggiore esposizione ai rischi di violenza.

Abbiamo già visto come il pericolo paventato non si sia verificato in Norvegia, Paese nel quale, anzi, i dati forniti da Pro Sentret, organizzazione che pure è fermamente contraria al modello nordico, dimostrino esattamente il contrario, documentando una significativa riduzione della violenza, in particolare nelle sue forme più gravi come lo stupro, in seguito alla promulgazione della legislazione abolizionista .   

E in Svezia?

Le sociologhe italiane che si oppongono al modello svedese  citano di solito due saggi a sostegno delle proprie tesi.

Il primo, intitolato Client-Only Criminalization in the City of Stockholm: A Local Research on the Application of the ‘Swedish Model’ of Prostitution Policy, pubblicato nel 2012,  è di Daniela Danna, la quale, tuttavia, constata semplicemente l'inesistenza di dati sull'argomento (la sua ricerca si ferma al 2010), riporta opinioni differenti e osserva, inoltre, come le donne di  Malmskillnadsgatan (la strada di  Stoccolma dove si esercita la prostituzione ) che ha intervistato  non confermino affatto l'ipotesi che vi sia stato un incremento della violenza dei clienti dopo la promulgazione della normativa abolizionista.

Riproduco qui il brano del saggio in questione di Daniela Danna:



No definite data are available regarding whether or not violence against street prostitutes increased since the new law was introduced. The sex workers’ association, Rosea, [poi sostituita da The Rose Alliance] stated there has been an increase in violence, both on the streets and elsewhere: the law scares away normal clients but not violent ones, forcing prostitutes to accept the latter.. Rosea reports also an increase in thefts against clients by prostitutes, who know clients are unlikely to report them. An obstetrician working with abused women said there was an increase in violence on the streets, particularly sexual violence, since non violent clients preferably seek offers on the Internet (Arbeidsgruppe 2004). However no trace of this increase was reported by the police. In Petra Östergren’s study (2003), the fifteen sex workers she followed and interviewed said that clients on the streets were more scared and tense, making it more difficult for them to judge clients’ reliability or dangerousness. They also stated that relationships with the police have got worse. However, this was not confirmed by the opinions of the women from Malmskillnadsgatan with whom I personally spoke. [1]

 

Sulle fonti citate da Daniela Danna, in particolare l'ostetrica, rinvio a un mio precedente articolo pubblicato su questo blog:  Ancora su Amnesty  e  sullaviolenza nei confronti delle prostitute



Il secondo saggio cui si fa riferimento in Italia a supporto della tesi di una maggiore esposizione   alla violenza delle persone in condizione di prostituzione in Svezia è Sweden’s Abolitionist Discourse and Law: Effects on the Dynamics of Swedish Sex Work and On the Lives of Sweden’s Sex Workers pubblicato nel 2014 da due fierissimi avversari (è un eufemismo) della normativa abolizionista: il britannico Jay Levy e Pye Jakobsson, leader dell'associazione svedese di "sex workers" The Rose Alliance. [2] Il testo in questione, però, sul tema  si limita a riportare qualche testimonianza  aneddotica  confutata da altre citate dalla giornalista del Nouvel Observateur Florencia Rovira Torres nell'articolo Punir les clients des prostitués: le modèle suédois a bon dos [3] e da me trasfuse in Ancora su Amnesty . Nel saggio di Jay Levy e Pye Jakobsson sono poi formulate ipotesi non suffragate da dati.


Eppure le cifre non mancano e sono il frutto di un'indagine campionaria condotta nel 2014 dalla stessa Pye Jakobsson e da Carina Edlund per conto di Hiv Sweden, pubblicata solo in svedese col titolo En Annan Horisont. Sexarbete och hiv/STI -prevention ur ett peer-perspektiv e inserita nella bibliografia del saggio in discussione. [4]

L'indagine consta di un questionario sulla prevenzione dell'Hiv, sullo stigma e sulla violenza somministrato a 124 persone in condizione di prostituzione, 60 delle quali aderenti a Rose Alliance e, quindi, decise avversarie della normativa abolizionista. [5] E' evidente come il campionamento sia tutt'altro che casuale, come dovrebbe invece essere, ma questo lo rende ancora più interessante.

Il campione è costituito per il 79% da donne, per il 15% da uomini, per il 3% da transessuali e per il 3% da altro (non-binary, immagino). [6]

Confrontiamo i dati sulla violenza dei clienti che affiorano da questa indagine con quelli che emergono dal recentissimo rapporto olandese e da quello neozelandese del 2008, confronto, quest'ultimo,  motivato dal fatto che il modello normativo della Nuova Zelanda è assunto da molti come ideale, come riferimento essenziale.

Teniamo presente che i due rapporti in questione stimano la violenza esercitata  dai clienti sulle persone in condizione di prostituzione nel solo anno precedente l'indagine, mentre En Annan Horisont estende la ricerca all'intero arco temporale di pratica del meretricio da parte delle/dei partecipanti al campione che è, in media, di 6 anni, ma per il 23% ossia per 29 rispondenti è superiore a 12 anni. [7] E' ragionevole, dunque, attendersi per questo campione un tasso di violenza decisamente più elevato che per gli altri due.

E' davvero così?  

Consideriamo anzitutto la situazione dei Paesi Bassi. Nel luglio 2018 è stato pubblicato il rapporto Sekswerk en geweld in Nederland relativo ad un campione di 299 persone in condizione di prostituzione, il 75% delle quali donne, il 15% uomini  e il 9% transessuali e non binary [8]

Nel solo 2017 il 41% delle e dei partecipanti ha subito dai clienti atti di violenza fisica, il 30% stupri, il 38% è stata costretta a compiere atti sessuali indesiderati. Molestie sessuali da parte di un cliente sono state esperite dal 60% delle e dei rispondenti. [9]

Dati meno drammatici emergono dal rapporto neozelandese del 2008, che riporta i risultati di un'indagine del 2006. Non disponiamo di dati più recenti. Il campione è costituito da 772 persone.

Vorrei rilevare in primis il ricorso nel rapporto all'eufemismo, alla tabuizzazione della violenza  ridefinita "adverse experience while working". Tra le "esperienze negative" vissute nel 2006  ne vengono elencate alcune: le aggressioni fisiche dei clienti (9,8%), gli stupri (3%) le riduzioni all'immobilità (4,7%) [10] In totale,  il 16% delle e degli intervistati ha dichiarato di aver subito queste specifiche forme di violenza fisica o sessuale nel  corso del 2006 [11]

E in Svezia?

Osserviamo, anzitutto, che nel rapporto di Pye Jakobsson e di Carina Edlund violenza fisica e sessuale vengono aggregate, anziché essere distinte ed elencate dettagliatamente, sicché potrebbero anche includere atti non compresi nel rapporto neozelandese, come le molestie sessuali.

L'indagine esplora, inoltre, la violenza esercitata non solo dai clienti, ma anche dagli sconosciuti, dai congiunti e dai parenti. Noi ci focalizzeremo sulla prima perché è la sola presa in considerazione dalla  relazione governativa neozelandese e, quindi, la sola che ci consenta di effettuare  un confronto e perché  ci proponiamo di comprendere se i clienti assumano  davvero comportamenti più violenti in Svezia che negli Stati che hanno adottato il modello della "depenalizzazione" (Nuova Zelanda) o della regolamentazione (Paesi Bassi) .

Dobbiamo, poi, ricordare che il 42% delle e gli intervistati ha esercitato la prostituzione anche in altri Stati  [12] e che 25 partecipanti al sondaggio non risiedono in Svezia [13]. Alcune di queste persone, dunque, potrebbero aver subito violenza, ma non in Svezia. Il modo in cui è formulata la domanda: Har du varit utsatt för fysiskt och/ eller sexuellt våld? Sei stata/o esposta/o, a violenza fisica o sessuale? non consente, infatti, di chiarire dove questa sia avvenuta. [14]

Cinque persone, infine, esercitano la prostituzione, continuativamente o meno, da 17-20 anni o più. [15]  Hanno iniziato, quindi, prima della promulgazione della legge abolizionista e potrebbero aver subito violenza in epoca anteriore al 1999.

Fatte queste precisazioni, forniamo ora il dato in questione.  

Tra le/ i 114 rispondenti, 16 (il 14% del totale) dichiarano di aver subito violenza fisica o sessuale da un cliente nell'intero arco temporale di esercizio della prostituzione, [16] che è in media di 6 anni, ma che, per il 23%, ossia per 29 persone, supera i 12 anni. [17]

Pertanto, in un solo anno le persone che si prostituiscono in Nuova Zelanda sono state vittime di violenza fisica o sessuale in percentuale maggiore (16%) che in Svezia nell'intero periodo di pratica del meretricio (14%). E dobbiamo tener conto delle precedenti osservazioni.

L'esposizione ai rischi di violenza psicologica non potrebbe, invece, essere oggetto di confronto, dal momento che il rapporto neozelandese non include lo stalking, a differenza di quello svedese e di quello olandese, il quale, a sua volta, a differenza degli altri due, non comprende le minacce. Il più completo è il rapporto svedese nel quale la domanda è così formulata: Har du varit utsatt för hot/och  eller trakasserier (såsom stalking, utpressning eller hot om våld)? Sei stata/o minacciata/o o hai subito molestie (come lo stalking, il ricatto o la minaccia di violenza)? [18]

Procediamo lo stesso al raffronto.

Nei Paesi Bassi nel 2017 il 53% delle persone in condizione di prostituzione ha subito molestie e umiliazioni dai clienti e il 34% è stata oggetto di stalking. [19]

In Nuova Zelanda nel 2006 il 20% delle/ dei rispondenti ha subito minacce o molestie dai clienti. I due reati spesso si sovrappongono e sono subiti dalle stesse persone. [20] Nello specifico, il 15,9% del campione è stato minacciato e il 17,3% insultato dai clienti. [21]. Non viene preso in considerazione lo stalking.

In Svezia, la percentuale è un po' più alta, ma si riferisce anche a quest'ultimo reato e all'intero periodo di esercizio della prostituzione, anziché ad un solo anno.  27 persone su 114, vale a dire quasi il 23,7%, è stata oggetto di stalking, molestie o minacce da parte dei clienti [22]



Perché il tasso di violenza è più basso in Svezia che altrove?

Perché la legge abolizionista, che è in vigore da 20 anni, funziona.

In primo luogo, la media dei clienti per persona è decisamente bassa rispetto ad altri Paesi e  questo è un indizio della loro diminuzione e, dunque, della riduzione della probabilità di subire  violenza da essi.

Le e i partecipanti all'indagine olandese Sekswerk en geweld in Nederland hanno in media 14 clienti alla settimana, ma quasi la metà pratica la prostituzione part-time e ciò abbassa la media.[23]

Non disponiamo, purtroppo, del dato neozelandese.

Le/ i rispondenti al questionario svedese hanno in media 10 clienti al mese. Questa cifra, tuttavia, non è altrettanto eloquente del grafico a p. 48 di  En Annan Horisont che evidenzia come 36 persone (il  29% del totale) abbiano da 0 a 5 clienti al mese e 32 persone (25, 8%) da 5 a 10. Il 54,8% ha, dunque, in un mese meno clienti di quelli che ha in una settimana  il corrispondente campione olandese. A questo dato va aggiunto l'11% di persone (14) che hanno da 11 a 15 clienti al mese. 11 persone (8,8%) hanno invece da 16 a 20 clienti e 2 persone (1,61%) da 21 a 25. Il 75% delle/dei partecipanti al sondaggio ha, quindi, meno di un cliente al giorno e il 6,45% (8 persone) ne ha al massimo 1 (da 26 a 30 al mese).

1 persona ha da 31 a 35 clienti al mese, 4 da 36 a 40, 3 da 40 a 45 e 5 più di 45. [24] E' verosimilmente questo, composto da 13 persone, il gruppo più vulnerabile che, probabilmente, comprende le 11 persone che indicano come motivo di inizio dell'attività prostitutiva la necessità di procurarsi denaro per l'acquisto di droga e o alcool [25]

La metà dei clienti è abituale  [ 26]

Il campione selezionato da Pye Jakobbson e da Carina Edlund è costituito, per altro, per loro stessa ammissione, esclusivamente da chi si prostituisce in modo relativamente regolare e da  tempo  [27], una precisazione suggerita dal fatto che l'esercizio della prostituzione in Svezia pare assumere in genere un carattere occasionale. Da una ricerca universitaria del 2012 apprendiamo, infatti, che lo 0,6% delle Svedesi ha dichiarato di essersi prostituita  nel corso della propria esistenza (il dato si riferisce, quindi, anche al periodo precedente la promulgazione della legge abolizionista), ma il 25% lo ha fatto una sola volta, il 12,5% da 2 a 3 volte, il 50% da 4 a 10 e il 12,5% da 11 a 20 e in tempi piuttosto remoti.  [28]

In secondo luogo, la legge agisce evidentemente da deterrente, dissuadendo i clienti dal commettere atti di violenza. Essa comporta, infatti, il rischio di essere sorpresi, sanzionati e perdere la reputazione. Tanto vale, quindi, che chi fa ricorso alla prostituzione si comporti "correttamente" per evitare di essere denunciato.

" Quello che posso dire, sulla base delle testimonianze che ho raccolto, è che le donne prostituite in Svezia sono più sicure perché è la legge stessa che mette sotto pressione gli acquirenti di sesso. -  osserva, appunto, Simon Häggström, dirigente della " Trafficking Unit" svedese, in un'intervista, che tradurrò, concessa alla giornalista femminista Francine Sporenda -  […]Perciò, quando corrono il rischio di infrangere la legge, gli acquirenti di sesso sanno che le donne che si prostituiscono non rischiano alcuna forma di punizione, sanno che devono comportarsi correttamente con loro, perché è sufficiente che facciano una telefonata perché la polizia arrivi. E ciò mette gli acquirenti di sesso sotto pressione: sanno che devono comportarsi bene non tanto per scrupolo nei confronti di queste donne, ma nel loro proprio interesse, per tutelarsi. E, per tutelarsi, sanno che devono trattarle bene, che devono comportarsi bene con loro, che devono pagarle. Altrimenti  verrà la polizia e li arresterà. E loro sono disposti a fare qualsiasi cosa per evitarlo" [29]

Che abbia ragione, lo dimostra persino l'avversaria più determinata del modello abolizionista: Pye Jakobsson, come abbiamo potuto constatare dall'analisi del suo rapporto.



NOTE:

1. Daniela Danna, Client-Only Criminalization in the City of Stockholm: A Local Research on the Application of the ‘Swedish Model’ of Prostitution Policy, in vol.9, n.1 " Sexuality Research and Social Policy", 2012, pp.28-29 https://www.researchgate.net/publication/257797932_Client-Only_Criminalization_in_the_City_of_Stockholm_A_Local_Research_on_the_Application_of_the_Swedish_Model_of_Prostitution_Policy

2. Jay Levy and Pye Jakobsson, Sweden’s Abolitionist Discourse and Law: Effects on the Dynamics of Swedish Sex Work and On the Lives of Sweden’s Sex Workers, in vol.14, n.5 " Criminology and Criminal Justice", 2014 http://lastradainternational.org/doc-center/3049/sweden%E2%80%99s-abolitionist-discourse-and-law-effects-on-the-dynamics-of-swedish-sex-work-and-on-the-lives-of-sweden%E2%80%99s-sex-workers

3. Florencia Rovira Torres, Punir les clients des prostitués: le modèle suédois a bon dos, 2013 https://www.nouvelobs.com/rue89/rue89-nos-vies-connectees/20130725.RUE7808/punir-les-clients-des-prostitues-le-modele-suedois-a-bon-dos.html

4. Carina Edlund and Pye Jakobsson, En Annan Horisont. Sexarbete och hiv/STI -prevention ur ett peer-perspektiv, 2014, http://www.hiv-sverige.se/wp-content/uploads/En-annan-horisont-webb.pdf

5. Ibidem, p. 14.

6. Ibidem, p. 36.

7. Ibidem, p. 42.

8. SOAIDS Nederland en Proud (Dutch Union for Sexworkers), Sekswerk en geweld in Nederland, 2018, p. 14. https://userfiles.mailswitch.nl/c/1b009693cd77ee029135128320badc3a/2390-f4e29abab5c33461aa75db852e5d14c6.pdf

9. Ibidem, p. 23.  

10. New Zealand Government, Report of the Prostitution Law Review Committee on the Operation of the Prostitution Reform Act 2003, 2008,  tabella p. 56 http://prostitutescollective.net/wp-content/uploads/2016/10/report-of-the-nz-prostitution-law-committee-2008.pdf

11 La cifra è riportata da Laura Meriluoto, Rachel Webb, Annick Masselot, Sussie Morrish and Gillian Abel, Safety in the New Zealand sex industry, 2015, p. 3 In questo caso però vengono analizzate le risposte di 730 persone, 42 in meno che nel rapporto pubblicato nel 2008. https://www.nzae.org.nz/wp-content/uploads/2015/01/Safety_in_the_New_Zealand_sex_industry_140514_MERILUOTO.pdf

12. Carina Edlund and Pye Jakobsson, En Annan Horisont, cit., p. 50,  p. 49 e p. 45 dove si afferma che le migranti lavorano di più in altri Paesi

13. Ibidem, p. 39

14. La domanda sulla violenza fisica e sessuale è formulata in Ibidem, p. 62.


15. Ibidem, p.42

16. Ibidem, p. 62

17. Ibidem, p.42

18. Ibidem, p. 63.   

19. SOAIDS Nederland en Proud (Dutch Union for Sexworkers), Sekswerk en geweld in Nederland, cit., p. 23

20. La cifra è riportata da Laura Meriluoto, Rachel Webb, Annick Masselot, Sussie Morrish and Gillian Abel, Safety in the New Zealand sex industry, 2015, p. 3 In questo caso però vengono analizzate le risposte di 730 persone, 42 in meno che nel rapporto pubblicato nel 2008.

21. New Zealand Government, Report of the Prostitution Law Review Committee…., cit., tabella p. 56.

22. Carina Edlund and Pye Jakobsson, En Annan Horisont, cit., p. 63.

23. SOAIDS Nederland en Proud (Dutch Union for Sexworkers), Sekswerk en geweld in Nederland, cit., p. 14.

24. Carina Edlund and Pye Jakobsson, En Annan Horisont, cit., p.48

25. Ibidem, p. 41.

26. Ibidem, p. 49

27. Ibidem, p. 35.

28. Gisela Priebe och Carl Göran Svedin, Sälja och köpa sex i Sverige 2011 Förekomst, hälsa och attityder Delrapport 1 ur Prostitution i Sverige, p. 60  http://liu.diva-portal.org/smash/get/diva2:505995/FULLTEXT02.pdf
29. Francine Sporenda, Prostitution: en Suède la honte a changé de champ. Interview de Simon Häggström, 17 luglio 2018. https://revolutionfeministe.wordpress.com/2018/07/17/prostitution-

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