Le sostenitrici
italiane del modello neozelandese di "depenalizzazione" della
prostituzione ritengono che l'adozione di una legislazione abolizionista produrrebbe
effetti negativi per chi la
pratica, il più grave dei quali andrebbe individuato nella maggiore esposizione ai rischi di violenza.
Abbiamo già visto
come il pericolo paventato non si sia
verificato in Norvegia, Paese nel quale, anzi, i dati forniti da Pro
Sentret, organizzazione che pure è fermamente contraria al modello nordico, dimostrino esattamente il contrario,
documentando una significativa riduzione della violenza, in particolare nelle
sue forme più gravi come lo stupro, in seguito alla promulgazione della
legislazione abolizionista .
E in Svezia?
Le sociologhe
italiane che si oppongono al modello svedese citano di solito due saggi a sostegno delle
proprie tesi.
Il primo, intitolato
Client-Only
Criminalization in the City of Stockholm: A Local Research on the Application
of the ‘Swedish Model’ of Prostitution Policy, pubblicato nel 2012, è di
Daniela Danna, la quale, tuttavia, constata
semplicemente l'inesistenza di dati sull'argomento (la sua ricerca si ferma al
2010), riporta opinioni differenti e osserva, inoltre, come le donne di Malmskillnadsgatan (la strada di Stoccolma dove si esercita la prostituzione )
che ha intervistato non
confermino affatto l'ipotesi che vi sia stato un incremento della violenza dei
clienti dopo la promulgazione della normativa abolizionista.
Riproduco qui il brano
del saggio in questione di Daniela Danna:
No definite data are
available regarding whether or not violence against street prostitutes increased since the new law was
introduced. The sex workers’ association, Rosea, [poi sostituita da The
Rose Alliance] stated there has been
an increase in violence, both on the streets and elsewhere: the law scares away
normal clients but not violent ones, forcing prostitutes to accept the latter..
Rosea reports also an increase in thefts against clients by prostitutes, who
know clients are unlikely to report them. An obstetrician working with abused
women said there was an increase in violence on the streets, particularly
sexual violence, since non violent clients preferably seek offers on the
Internet (Arbeidsgruppe 2004). However
no trace of this increase was reported by the police. In Petra Östergren’s
study (2003), the fifteen sex workers she followed and interviewed said that
clients on the streets were more scared and tense, making it more difficult for
them to judge clients’ reliability or dangerousness. They also stated that
relationships with the police have got worse. However, this was not confirmed by the opinions of the women from
Malmskillnadsgatan with whom I personally spoke. [1]
Sulle fonti citate
da Daniela Danna, in particolare l'ostetrica, rinvio a un mio precedente
articolo pubblicato su questo blog: Ancora su Amnesty e sullaviolenza nei confronti delle prostitute
Il secondo saggio cui si fa riferimento in Italia a supporto della tesi di una maggiore esposizione alla violenza delle persone in condizione di prostituzione in Svezia è Sweden’s Abolitionist Discourse and Law: Effects on the Dynamics of Swedish Sex Work and On the Lives of Sweden’s Sex Workers pubblicato nel 2014 da due fierissimi avversari (è un eufemismo) della normativa abolizionista: il britannico Jay Levy e Pye Jakobsson, leader dell'associazione svedese di "sex workers" The Rose Alliance. [2] Il testo in questione, però, sul tema si limita a riportare qualche testimonianza aneddotica confutata da altre citate dalla giornalista del Nouvel Observateur Florencia Rovira Torres nell'articolo Punir les clients des prostitués: le modèle suédois a bon dos [3] e da me trasfuse in Ancora su Amnesty . Nel saggio di Jay Levy e Pye Jakobsson sono poi formulate ipotesi non suffragate da dati.
Eppure
le cifre non mancano e sono il frutto di un'indagine campionaria condotta nel
2014 dalla stessa Pye Jakobsson e da Carina Edlund per conto di Hiv Sweden,
pubblicata solo in svedese col titolo En
Annan Horisont. Sexarbete och hiv/STI -prevention ur ett
peer-perspektiv e inserita nella bibliografia del saggio in
discussione. [4]
L'indagine
consta di un questionario sulla prevenzione dell'Hiv, sullo stigma e sulla violenza
somministrato a 124 persone in condizione di prostituzione, 60 delle quali
aderenti a Rose Alliance e, quindi, decise avversarie della normativa
abolizionista. [5] E' evidente come il campionamento sia tutt'altro che
casuale, come dovrebbe invece essere, ma questo lo rende ancora più
interessante.
Il
campione è costituito per il 79% da donne, per il 15% da uomini, per il 3% da
transessuali e per il 3% da altro (non-binary, immagino). [6]
Confrontiamo
i dati sulla violenza dei clienti che affiorano da questa indagine con quelli
che emergono dal recentissimo rapporto olandese e da quello neozelandese del
2008, confronto, quest'ultimo, motivato
dal fatto che il modello normativo della Nuova Zelanda è assunto da molti come
ideale, come riferimento essenziale.
Teniamo presente che i due rapporti in
questione stimano la violenza esercitata
dai clienti sulle persone in condizione di prostituzione nel solo anno
precedente l'indagine, mentre En Annan
Horisont estende la ricerca all'intero arco temporale di pratica del
meretricio da parte delle/dei partecipanti al campione che è, in media, di 6
anni, ma per il 23% ossia per 29 rispondenti è superiore a 12 anni. [7] E' ragionevole, dunque, attendersi per questo
campione un tasso di violenza decisamente più elevato che per gli altri due.
E'
davvero così?
Consideriamo anzitutto la situazione dei Paesi Bassi. Nel
luglio 2018 è stato pubblicato il rapporto Sekswerk
en geweld in Nederland relativo ad un campione di 299 persone in condizione
di prostituzione, il 75% delle quali donne, il 15% uomini e il 9% transessuali e non binary [8]
Nel solo 2017 il 41% delle e dei partecipanti ha
subito dai clienti atti di violenza fisica, il 30% stupri, il 38% è stata
costretta a compiere atti sessuali indesiderati. Molestie sessuali da parte di
un cliente sono state esperite dal 60% delle e dei rispondenti. [9]
Dati meno drammatici
emergono dal rapporto neozelandese del 2008, che riporta i risultati di
un'indagine del 2006. Non disponiamo di dati più recenti. Il campione è
costituito da 772 persone.
Vorrei rilevare in primis il ricorso nel rapporto
all'eufemismo, alla tabuizzazione della violenza ridefinita "adverse experience while
working". Tra le "esperienze negative" vissute nel 2006 ne vengono elencate alcune: le aggressioni
fisiche dei clienti (9,8%), gli stupri (3%) le riduzioni all'immobilità (4,7%)
[10] In totale, il 16% delle e degli intervistati ha
dichiarato di aver subito queste specifiche forme di violenza fisica o sessuale
nel corso del 2006 [11]
E in Svezia?
Osserviamo, anzitutto, che nel rapporto di Pye
Jakobsson e di Carina Edlund violenza fisica e sessuale vengono aggregate,
anziché essere distinte ed elencate dettagliatamente, sicché potrebbero anche
includere atti non compresi nel rapporto neozelandese, come le molestie
sessuali.
L'indagine esplora, inoltre, la violenza esercitata
non solo dai clienti, ma anche dagli sconosciuti, dai congiunti e dai parenti. Noi
ci focalizzeremo sulla prima perché è la sola presa in considerazione
dalla relazione governativa neozelandese
e, quindi, la sola che ci consenta di effettuare un confronto e perché ci proponiamo di comprendere se i clienti
assumano davvero comportamenti più
violenti in Svezia che negli Stati che hanno adottato il modello della
"depenalizzazione" (Nuova Zelanda) o della regolamentazione (Paesi
Bassi) .
Dobbiamo, poi,
ricordare che il 42% delle e gli intervistati ha esercitato la prostituzione
anche in altri Stati [12] e che 25
partecipanti al sondaggio non risiedono in Svezia [13]. Alcune di queste
persone, dunque, potrebbero aver subito violenza, ma non in Svezia. Il modo in cui è formulata la domanda: Har du varit utsatt för fysiskt och/
eller sexuellt våld? Sei stata/o esposta/o, a violenza fisica o sessuale? non
consente, infatti, di chiarire dove questa sia avvenuta. [14]
Cinque
persone, infine, esercitano la prostituzione, continuativamente o meno, da
17-20 anni o più. [15] Hanno iniziato, quindi, prima della
promulgazione della legge abolizionista e potrebbero aver subito violenza in
epoca anteriore al 1999.
Fatte queste precisazioni, forniamo ora
il dato in questione.
Tra le/ i 114 rispondenti, 16 (il 14% del
totale) dichiarano di aver subito violenza fisica o sessuale da un cliente
nell'intero arco temporale di esercizio della prostituzione, [16] che è in
media di 6 anni, ma che, per il 23%, ossia per 29 persone, supera i 12 anni. [17]
Pertanto, in
un solo anno le persone che si prostituiscono in Nuova Zelanda sono state
vittime di violenza fisica o sessuale in percentuale maggiore (16%) che in
Svezia nell'intero periodo di pratica del meretricio (14%). E
dobbiamo tener conto delle precedenti osservazioni.
L'esposizione
ai rischi di violenza psicologica non potrebbe, invece, essere oggetto di
confronto, dal momento che il rapporto neozelandese non include lo stalking, a differenza
di quello svedese e di quello olandese, il quale, a sua volta, a differenza
degli altri due, non comprende le minacce. Il più completo è il rapporto
svedese nel quale la domanda è così formulata: Har du varit utsatt för
hot/och eller trakasserier (såsom
stalking, utpressning eller hot om våld)? Sei stata/o minacciata/o o hai subito
molestie (come lo stalking, il ricatto o la minaccia di violenza)? [18]
Procediamo lo stesso al raffronto.
Nei Paesi Bassi nel 2017 il 53% delle
persone in condizione di prostituzione ha subito molestie e umiliazioni dai
clienti e il 34% è stata oggetto di stalking. [19]
In Nuova Zelanda nel 2006 il 20% delle/
dei rispondenti ha subito minacce o molestie dai clienti. I due reati spesso si
sovrappongono e sono subiti dalle stesse persone. [20] Nello specifico, il
15,9% del campione è stato minacciato e il 17,3% insultato dai clienti. [21]. Non viene preso in considerazione lo stalking.
In Svezia, la percentuale è un po' più alta, ma si riferisce anche a quest'ultimo reato
e all'intero periodo di esercizio della prostituzione, anziché ad un solo anno. 27 persone su 114, vale a dire quasi il
23,7%, è stata oggetto di stalking, molestie o minacce da parte dei clienti [22]
Perché il tasso di violenza è più basso
in Svezia che altrove?
Perché la legge abolizionista, che è in
vigore da 20 anni, funziona.
In primo
luogo, la media dei clienti per persona è decisamente bassa rispetto ad altri
Paesi e questo è un indizio della loro
diminuzione e, dunque, della riduzione della probabilità di subire violenza da essi.
Le e i
partecipanti all'indagine olandese Sekswerk
en geweld in Nederland hanno in media 14 clienti alla settimana, ma
quasi la metà pratica la prostituzione part-time e ciò abbassa la media.[23]
Non disponiamo, purtroppo, del dato
neozelandese.
Le/ i rispondenti al questionario svedese
hanno in media 10 clienti al mese. Questa
cifra, tuttavia, non è altrettanto eloquente del grafico a p. 48 di En
Annan Horisont che evidenzia come 36 persone (il 29% del totale) abbiano da 0 a 5 clienti al
mese e 32 persone (25, 8%) da 5 a 10. Il
54,8% ha, dunque, in un mese meno clienti di quelli che ha in una
settimana il corrispondente campione olandese. A questo dato va
aggiunto l'11% di persone (14) che hanno da 11 a 15 clienti al mese. 11 persone
(8,8%) hanno invece da 16 a 20 clienti e 2 persone (1,61%) da 21 a 25. Il 75% delle/dei partecipanti al sondaggio
ha, quindi, meno di un cliente al giorno e il 6,45% (8 persone) ne ha al massimo
1 (da 26 a 30 al mese).
1 persona ha da 31 a 35 clienti al mese,
4 da 36 a 40, 3 da 40 a 45 e 5 più di 45. [24] E' verosimilmente questo,
composto da 13 persone, il gruppo più vulnerabile che, probabilmente, comprende
le 11 persone che indicano come motivo di inizio dell'attività prostitutiva la
necessità di procurarsi denaro per l'acquisto di droga e o alcool [25]
La metà dei clienti è abituale [ 26]
Il campione selezionato da Pye Jakobbson
e da Carina Edlund è costituito, per altro, per loro stessa ammissione,
esclusivamente da chi si prostituisce in modo relativamente regolare e da tempo
[27], una precisazione suggerita dal fatto che l'esercizio della
prostituzione in Svezia pare assumere in genere un carattere occasionale. Da
una ricerca universitaria del 2012 apprendiamo, infatti, che lo 0,6% delle
Svedesi ha dichiarato di essersi prostituita
nel corso della propria esistenza (il dato si riferisce, quindi, anche
al periodo precedente la promulgazione della legge abolizionista), ma il 25% lo
ha fatto una sola volta, il 12,5% da 2 a 3 volte, il 50% da 4 a 10 e il 12,5%
da 11 a 20 e in tempi piuttosto remoti.
[28]
In secondo luogo, la legge agisce
evidentemente da deterrente, dissuadendo i clienti dal commettere atti di
violenza. Essa comporta, infatti, il rischio di essere sorpresi, sanzionati e
perdere la reputazione. Tanto vale, quindi, che chi fa ricorso alla
prostituzione si comporti "correttamente" per evitare di essere
denunciato.
" Quello che posso dire, sulla
base delle testimonianze che ho raccolto, è che le donne prostituite in Svezia sono
più sicure perché è la legge stessa che mette sotto pressione gli acquirenti di
sesso. - osserva, appunto, Simon
Häggström, dirigente della " Trafficking
Unit" svedese,
in un'intervista, che tradurrò, concessa alla giornalista femminista Francine
Sporenda - […]Perciò, quando corrono il rischio di
infrangere la legge, gli acquirenti di sesso sanno che le donne che si
prostituiscono non rischiano alcuna forma di punizione, sanno che devono
comportarsi correttamente con loro, perché è sufficiente che facciano una
telefonata perché la polizia arrivi. E ciò mette gli acquirenti di sesso sotto
pressione: sanno che devono comportarsi bene non tanto per scrupolo nei
confronti di queste donne, ma nel loro proprio interesse, per tutelarsi. E, per
tutelarsi, sanno che devono trattarle bene, che devono comportarsi bene con
loro, che devono pagarle. Altrimenti
verrà la polizia e li arresterà. E loro sono disposti a fare qualsiasi
cosa per evitarlo" [29]
Che abbia ragione, lo dimostra
persino l'avversaria più determinata del modello abolizionista: Pye Jakobsson, come abbiamo potuto constatare
dall'analisi del suo rapporto.
NOTE:
1. Daniela
Danna, Client-Only Criminalization in the
City of Stockholm: A Local Research on the Application of the ‘Swedish Model’
of Prostitution Policy, in vol.9, n.1 " Sexuality Research and Social Policy", 2012, pp.28-29 https://www.researchgate.net/publication/257797932_Client-Only_Criminalization_in_the_City_of_Stockholm_A_Local_Research_on_the_Application_of_the_Swedish_Model_of_Prostitution_Policy
2. Jay Levy and Pye Jakobsson,
Sweden’s Abolitionist Discourse and Law: Effects on the Dynamics
of Swedish Sex Work and On the Lives of Sweden’s Sex Workers, in vol.14,
n.5 " Criminology and Criminal
Justice", 2014 http://lastradainternational.org/doc-center/3049/sweden%E2%80%99s-abolitionist-discourse-and-law-effects-on-the-dynamics-of-swedish-sex-work-and-on-the-lives-of-sweden%E2%80%99s-sex-workers
3. Florencia Rovira
Torres, Punir les clients des prostitués:
le modèle suédois a bon dos, 2013 https://www.nouvelobs.com/rue89/rue89-nos-vies-connectees/20130725.RUE7808/punir-les-clients-des-prostitues-le-modele-suedois-a-bon-dos.html
4. Carina Edlund and Pye
Jakobsson, En Annan Horisont. Sexarbete och hiv/STI -prevention ur ett
peer-perspektiv, 2014, http://www.hiv-sverige.se/wp-content/uploads/En-annan-horisont-webb.pdf
5. Ibidem, p.
14.
6. Ibidem, p. 36.
7. Ibidem, p. 42.
8. SOAIDS Nederland en Proud (Dutch Union for
Sexworkers), Sekswerk en geweld in
Nederland, 2018, p. 14. https://userfiles.mailswitch.nl/c/1b009693cd77ee029135128320badc3a/2390-f4e29abab5c33461aa75db852e5d14c6.pdf
9. Ibidem, p.
23.
10. New Zealand Government, Report of the Prostitution Law Review
Committee on the Operation of the Prostitution Reform Act 2003, 2008, tabella p. 56 http://prostitutescollective.net/wp-content/uploads/2016/10/report-of-the-nz-prostitution-law-committee-2008.pdf
11
La cifra è riportata da Laura Meriluoto, Rachel
Webb, Annick Masselot, Sussie Morrish and Gillian Abel, Safety in the New Zealand sex industry, 2015, p. 3 In questo caso
però vengono analizzate le risposte di 730 persone, 42 in meno che nel rapporto
pubblicato nel 2008. https://www.nzae.org.nz/wp-content/uploads/2015/01/Safety_in_the_New_Zealand_sex_industry_140514_MERILUOTO.pdf
12.
Carina Edlund and Pye Jakobsson, En Annan
Horisont, cit., p. 50, p. 49 e p. 45
dove si afferma che le migranti lavorano di più in altri Paesi
13.
Ibidem, p. 39
14. La domanda sulla violenza fisica e sessuale è formulata in Ibidem, p. 62.
15. Ibidem, p.42
16. Ibidem, p. 62
17. Ibidem, p.42
18. Ibidem, p. 63.
19. SOAIDS Nederland en Proud (Dutch Union for Sexworkers), Sekswerk en geweld in Nederland, cit.,
p. 23
20. La cifra è
riportata da Laura Meriluoto, Rachel
Webb, Annick Masselot, Sussie Morrish and Gillian Abel, Safety in the New Zealand sex industry, 2015, p. 3 In questo caso
però vengono analizzate le risposte di 730 persone, 42 in meno che nel rapporto
pubblicato nel 2008.
21. New Zealand Government, Report of the Prostitution Law Review Committee…., cit., tabella p.
56.
22. Carina
Edlund and Pye Jakobsson, En Annan
Horisont, cit., p. 63.
23. SOAIDS Nederland en Proud
(Dutch Union for Sexworkers), Sekswerk en
geweld in Nederland, cit., p. 14.
24. Carina Edlund and Pye Jakobsson, En Annan Horisont, cit., p.48
25. Ibidem, p. 41.
26. Ibidem, p. 49
27. Ibidem, p. 35.
28. Gisela Priebe och Carl Göran Svedin, Sälja och köpa sex i Sverige 2011 Förekomst,
hälsa och attityder Delrapport 1 ur Prostitution i Sverige, p. 60 http://liu.diva-portal.org/smash/get/diva2:505995/FULLTEXT02.pdf
29. Francine Sporenda, Prostitution: en Suède la honte a changé de champ. Interview
de Simon Häggström, 17
luglio 2018. https://revolutionfeministe.wordpress.com/2018/07/17/prostitution-
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