giovedì 20 settembre 2018

No, la depenalizzazione neozelandese della prostituzione non rappresenta il migliore dei mondi possibili



Poiché, da un lato, si rilancia l'idea della regolamentazione della prostituzione e della riapertura delle case di tolleranza e, dall'altro,  ci si ispira al regime di depenalizzazione vigente in Nuova Zelanda, Paese ove pure esistono i bordelli, mi pare utile esporvi alcune delle considerazioni sviluppate su questo sistema da Sabrinna Valisce,  che ha esercitato a lungo la prostituzione in questo Stato ed  è oggi fiera sostenitrice del modello nordico.
Prima del 2003 la prostituzione in Nuova Zelanda era sottoposta a divieto parziale: era vietata l'apertura dei bordelli e sanzionato l'adescamento, mentre era pienamente legale la domanda di sesso a pagamento. La normativa, quindi, puniva le persone che si prostituivano, ma non i loro clienti.
Nel 2003 l'approvazione del Prostitution Reform Act ha introdotto la totale depenalizzazione  del sistema prostituente. E' stato abolito, infatti, il reato di adescamento, ma, al contempo, è stato legittimato lo sfruttamento della prostituzione.
Le saune e le sale massaggi preesistenti, infatti, sono state convertite in bordelli, i cui gestori, nel corso del tempo, hanno imposto alle donne prezzi di affitto sempre più elevati, ideato un sistema esoso di multe e spese obbligatorie e stabilito condizioni di lavoro via via più gravose.
Prima del 2003  i gestori delle sale massaggi esigevano dalla lavoratrice il pagamento giornaliero di  5-10 dollari per l'uso di una stanza, cifra elevata a 20  dai proprietari dei bordelli, che hanno iniziato anche ad imporre  un costo per l'impiego degli asciugamani, per la promozione dell'attività della prostituta, per la sua conduzione a casa dei clienti che ne fanno richiesta. Viene inoltre applicato un vessatorio sistema di ammende che sanzionano numerosi comportamenti: l'arrivo e l'uscita in ritardo dalla stanza prenotata, il mancato riordino di quest'ultima, la non conformità a uno specifico dress code, un tipo di trucco non apprezzato, un  taglio delle unghie diverso da quello preteso, il carattere parziale della depilazione, un'acconciatura non gradita. Per riscuotere un maggior numero di ammende, i proprietari dei bordelli regolano minuziosamente ogni dettaglio dell'aspetto fisico di chi si prostituisce.
A differenza che nelle sale massaggi, nei bordelli l'amplesso viene imposto. La formula adottata è  quella dell'"all inclusive" che lascia ampi margini di incertezza. I clienti pretendono, infatti, che le donne in condizione di prostituzione  garantiscano la piena realizzazione di ogni loro desiderio che include la più ampia gamma di prestazioni. In caso di insoddisfazione, capita che puniscano le ragazze rifiutando di abbandonare la stanza. Per ogni minuto che vi trascorrono oltre il tempo stabilito,  le donne sono costrette, infatti, a versare al gestore del bordello  la multa di un dollaro.  Può succedere anche che mettano a soqquadro le camere, sempre allo scopo di assoggettare a sanzione le prostitute. Avvalendosi del sistema delle ammende ideato dai gestori dei locali, i clienti ricattano le donne, obbligandole a piegarsi alle loro richieste sessuali. La totale depenalizzazione della prostituzione ha incrementato, quindi, non solo il potere dei gestori dei bordelli, ma anche  quello dei clienti, incentivati ora a pretendere di più ad un prezzo inferiore. E' aumentata, di conseguenza, la vulnerabilità delle donne e si sono ridotti i loro guadagni, decurtati anche del 50% dall'iniquo sistema di multe e spese. Ne è derivata un'intensificazione del loro sfruttamento. Il primo rapporto sessuale spesso serve a coprire i costi, senza comportare alcun guadagno.
E' prassi dei bordelli, poi, accettare la richiesta di inviare le donne a casa dei clienti o altrove. Gli uomini telefonano e "ordinano" una donna nello stesso modo in cui ordinerebbero del cibo. La selezione avviene per età, altezza, peso, etnia e altri caratteri fisici e per tipo di prestazioni assicurate. L'addetto alla reception accetta la prenotazione e stabilisce il prezzo del rapporto  per telefono. La diretta interessata non viene neppure consultata, né determina l'importo che le dovrà essere corrisposto.  Non le è neppure fornito l'indirizzo del luogo in cui recarsi. E' l'autista del bordello a ricevere queste informazioni. La donna non può concordare il costo del trasporto,   che viene stabilito  dal proprietario del locale. Giunta a destinazione, è lasciata sola, senza alcuna certezza sulla propria sicurezza. E'  responsabilità sua tutelare la propria integrità. L'autista tornerà a prenderla a  conclusione del rapporto.
La sicurezza non è garantita neppure all'interno dei bordelli. Non vengono assunte guardie giurate, le stanze sono chiuse a chiave e si affacciano su lunghi corridoi, la musica nei locali è ad alto volume, sicché le eventuali grida delle donne aggredite rischiano di non essere udite da nessuno.  Quando una ragazza subisce una violenza, non è raro che l'addetto alla reception le chieda cosa abbia fatto per irritare il cliente e le ingiunga di rientrare in camera a "finire il lavoro" se il tempo non è ancora scaduto. Ad ogni modo, si evita di chiamare la polizia per non compromettere gli affari e la reputazione del bordello. Sabrinna Valisce dichiara di non aver mai assistito all'espulsione da un locale di un cliente violento, al quale, anzi, è consentito tornare. Afferma di aver visto clienti  che svenivano ubriachi,  altri che lanciavano oggetti, urlavano,  aggredivano le ragazze, le insultavano,   urinavano per disprezzo sul loro corpo o sul pavimento, si rifiutavano di lasciare la stanza, ma nessuno di questi comportamenti è stato sanzionato, ricorrendo ad una denuncia, a un'espulsione o prescrivendo il divieto di tornare.
I fautori della depenalizzazione sostengono che il sistema incoraggia le donne in condizione di prostituzione a denunciare i reati subiti. In realtà, i gestori dei bordelli disincentivano questa pratica cui non ricorrono frequentemente neppure le escort e le donne che esercitano la prostituzione in strada, se non altro perché è molto difficile giungere alla condanna dell'autore del reato, mancando spesso i testimoni dei fatti denunciati. 
La depenalizzazione non ha comportato - nota Valisce -  un accrescimento dell'autonomia delle donne in condizione di prostituzione. Sono, infatti, i proprietari dei bordelli a stabilire gli orari di inizio e di fine turno, la loro organizzazione settimanale, il numero di donne in competizione ogni sera.  I turni possono durare  fino a 17 ore, anche se di solito sono di 10-12  ore. Le donne che esercitano la prostituzione in strada, a casa o presso le agenzie di escort devono conformarsi a questi ritmi per reggere la concorrenza delle colleghe dei bordelli, i cui gestori, come abbiamo già osservato, fissano anche rigidi standard di abbigliamento e di immagine, sottraendo alle donne anche la libertà di decidere come presentarsi. 
Le ragazze appena reclutate nei bordelli  praticano la masturbazione, il rapporto orale e quello vaginale, ma quando  cessano di rappresentare una novità, le si invita  ad offrire una più ampia gamma di prestazioni. Disponendo di un reddito decurtato da numerose spese e multe, le donne finiscono spesso col cedere e la loro resa induce le colleghe che operano fuori dei bordelli ad uniformarsi a tale comportamento, dato il carattere fortemente competitivo del mercato del sesso.
Le persone che si prostituiscono non godono del diritto alle ferie, alla pensione, all'indennità di malattia, alle cure mediche gratuite. Sono considerate infatti lavoratrici indipendenti. Come tali, vengono sottoposte a prelievo fiscale, ma non fruiscono di alcun diritto. Per converso, la concezione della prostituzione come lavoro comporta l'assenza di servizi che facilitino l'uscita dal mercato del sesso e il reinserimento professionale e la scarsa presenza di servizi che promuovano l'occupazione femminile. 
Secondo Sabrinna Valisce, è un mito che in Nuova Zelanda gli atti sessuali siano sicuri a causa dell'uso obbligatorio dei profilattici, in quanto la maggioranza dei clienti continua ad avanzare la richiesta di non indossarlo ed è disponibile ad offrire più denaro per rapporti non protetti, malgrado ciò sia illegale. Nessuno è stato mai arrestato per questo. Sabrinna dichiara di aver accettato, quando si prostituiva, la domanda di sesso di gruppo o a tre e di aver assistito a rapporti sessuali non protetti. Ciò ha avuto inizio dopo la promulgazione del Prostitution Reform Act a causa della concorrenza e della precarietà della situazione economica. Le prostitute in queste condizioni praticano coiti senza l'impiego di profilattici, rapporti orali che prevedono l' ingestione di sperma e permettono ai clienti di praticare il cunnilingus senza l'uso, teoricamente obbligatorio, del Dental Dam. La Nuova Zelanda vanta l'assenza di casi di contagio da HIV verificatisi nel mercato del sesso, ma la verità è che le persone in condizione di prostituzione che temono di essere state infettate si rivolgono, per sottoporsi al test, ai centri di pianificazione famigliare senza rivelare quel che fanno e, se qualcuna contrae il virus, non lo va certo a raccontare in giro. Perciò, il massimo che si possa dire è che non è mai stato scoperto alcun caso di sieropositività direttamente correlato alla prostituzione, ma non è detto che non esista.
I bordelli devono essere muniti di una licenza di esercizio e, quindi, registrati. Non così gli small owner operated brothels, piccole cooperative composte al massimo da quattro persone in condizione di prostituzione. Questi non vengono mai inseriti nelle statistiche sul numero dei bordelli, perché nessuno sa quanti ve ne siano e, quindi, non è chiaro se il mercato del sesso si sia andato espandendo o meno in seguito alla promulgazione nel 2003 del Prostitution Reform Act.
La  definizione della prostituzione come lavoro, secondo Valisce, ne ha mutato profondamente la percezione presso la popolazione maschile, normalizzando la pratica dell'acquisto di sesso. Se, in precedenza, gli uomini si recavano furtivamente nelle sale massaggi, ora affittano tranquillamente donne per il diciottesimo compleanno dei figli od organizzano feste di addio al celibato nei bordelli, pubblicizzando l'evento su facebook, convinti dalla propaganda  di trovarsi in presenza del mercato del sesso più equo e sicuro del mondo.
In conclusione si può quindi affermare, osserva Valisce, che il Prostitution Reform Act ha enormemente accresciuto il potere dei clienti e dei gestori dei bordelli a discapito di chi si prostituisce.

Fonte dell'articolo: Sabrinna Valisce, Full Decriminalization in New Zealand