La
Corte d’Appello di Bari, nel corso del processo contro l'imprenditore Gianpaolo
Tarantini, ha sollevato la questione di costituzionalità in merito all'art.3,
comma primo, n. 4) prima parte e n. 8) della legge 20 febbraio 1958 n. 75,
nella parte in cui configura come illecito penale il reclutamento ed il
favoreggiamento della prostituzione anche quando volontariamente e
consapevolmente esercitata, ritenendola in contrasto con gli artt. 2, 3,
13, 25 comma 2°, 27 e 41 della Costituzione.
Mi
permetto di esprimere la mia opinione.
A
mio parere, la fattispecie penale del reclutamento e del favoreggiamento della prostituzione non
è affatto in contrasto con gli articoli costituzionali sopracitati.
Il
principio di legalità
Innanzitutto, essa non viola il principio di legalità,
in particolare il sottoprincipio di determinatezza/tassatività delle norme
giuridiche (art.25, comma 2 Cost.). In
materia la Corte Costituzionale si è già
espressa, ritenendo la questione infondata. Con la Sentenza n.
44 del 1964, la Consulta osservò, infatti, che
I concetti di agevolazione e di
sfruttamento della prostituzione altrui presentano una obiettività ben
definita, anche perché acquisiti da tempo nel Codice penale e sottoposti a
lunga elaborazione dottrinale. Essi hanno un preciso ed inconfondibile
significato, che non si presta ad equivoche interpretazioni.
Allargare il raggio di applicazione della
previsione legislativa fino a comprendere attività che prima rimanevano
impunite non significa svuotare di contenuto la norma, ma estenderla e
rafforzarla. E la circostanza che sia stata usata una formula, la quale, pur
essendo di più ampio contenuto, risulti
sinteticamente espressa, non costituisce un
vizio della norma - siccome ritiene l'ordinanza di rimessione - ma un fatto
normale in materia penale. Ed invero, tutti i comandi giuridici sono per loro
natura di carattere generale ed astratto; ed è ben noto che, nell'indicare i
fatti tipici costituenti reato, la legge a volte fa una descrizione minuta di
essi, ma spesso si limita a dare un'ampia nozione del fatto, senza scendere a
particolari di esecuzione. E già questa Corte ha avuto occasione
di
affermare in proposito che ‘il principio in virtù del quale nessuno può essere punito
per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge (art. 1
del Codice penale) non è attuato nella legislazione penale seguendo sempre un
criterio di rigorosa descrizione del fatto. Spesso le norme penali si limitano
ad una descrizione sommaria ed all'uso di espressioni meramente indicative,
realizzando nel miglior modo possibile l'esigenza di una previsione tipica dei
fatti costituenti reato” (Sentenza
n. 27 del 23 maggio 1961).
Recentemente la Corte di Cassazione, con la
Sentenza n. 49643/2015, ha, a sua volta, osservato che "
certamente non può ritenersi vulnerato il principio di legalità e
determinatezza della pena sol perché la norma penale manchi di definizioni
precise che delineino preventivamente i confini dell’illecito penale. Tocca
all’interprete, ovviamente, fornire della norma una interpretazione
costituzionalmente orientata".
In effetti, sancendo che è punito con la reclusione "
chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti
la prostituzione altrui", il legislatore è stato preciso, tassativo e
determinato. Non ha esposto il cittadino all'arbitrio del giudice, ha soltanto
stabilito che debba essere punito chiunque, in qualsiasi maniera, agevoli la
prostituzione altrui o ne tragga profitto.
Il principio
di offensività
Assumiamo pure come riferimento il liberalismo penale,
che costituisce la corrente filosofica giuridica più evocata da chi vorrebbe abrogare il reato
di favoreggiamento della prostituzione.
Ispirata al pensiero di John Stuart Mill, questa teoria
trova la sua massima espressione nell'opera The
Moral Limits of the Criminal Law di Joel Feinberg.
Secondo l'impostazione di questo giusfilosofo, un
comportamento può essere punito se si verifica almeno una di queste due
condizioni: 1) la condotta in questione arreca un danno a persona diversa da
quella che agisce, purché l'interesse sia apprezzabile (è il principio del
danno, harm principle); 2) provoca
una grave molestia (offense) a persona
diversa dall'agente.
Ora: il ricorso alla prostituzione da parte del cliente
(spiegherò poi perché mi riferisco a tale
soggetto) realizza entrambe le condizioni.
In primo luogo, tale attività causa un danno alla
persona in condizione di prostituzione, come attesta non solo l'elevatissimo
tasso di violenza e di mortalità che colpisce chi la esercita, ma anche
l'amplissima diffusione, di gran lunga superiore a quella che si registra nella
popolazione generale, del disturbo post-traumatico da stress, della depressione, dell'ideazione
suicidaria e del suicidio, dell'ansia, della dissociazione dal corpo e del
senso di disgusto nei confronti dei clienti, che induce ad un elevato consumo
di alcool, sostanze stupefacenti e psicofarmaci finalizzato alla soppressione
dei sentimenti negativi e alla produzione di uno stato di anestesia, di
abolizione della sensibilità.
Il
comportamento irresponsabile dei clienti è all'origine di gravidanze
indesiderate e provoca la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili. L'intensa
pratica della prostituzione genera alle interessate seri disturbi ginecologici.
In Prostitution and Trafficking in
Nine Countries: an update on Violence and Posttraumatic Stress Disorder Melissa Farley e le sue
collaboratrici elencano, inoltre, ben 22 disturbi che affliggono un'assai
consistente percentuale di donne in condizione di prostituzione e che sono
determinati dalla reiterazione di atti sessuali non desiderati.
Questo fatto rappresenta la radicale negazione dell'autodeterminazione
sessuale. Il consenso non può essere comprato. Inoltre, nel corso del rapporto,
la sua presenza viene considerata come irrilevante dai clienti, in conseguenza
della dazione di denaro e della corrispondente
concezione dell'atto sessuale come lavoro, più precisamente come oggetto di un contratto d'opera in cui
una parte (la persona che si prostituisce) si
obbliga, verso un corrispettivo, a compiere l'atto " a regola
d'arte", ossia nel modo più appagante per il
"cliente-committente". Il contratto crea, infatti, degli obblighi giuridici,
sicché chi ha espresso all'inizio il proprio consenso dietro compenso si trova
poi costretto ad eseguire gli atti previsti dall'accordo e a rinunciare alla
propria libertà sessuale. Ma cos'è un rapporto sessuale che prescinde dal consenso
di uno dei due soggetti se non uno stupro?
Pertanto il cliente lede la libertà di autodeterminazione di cui agli
artt. 2 e 3 della Costituzione della persona cui richiede un rapporto
mercenario.
Ne viola anche la dignità, ossia il diritto ad essere rispettata e
trattata come essere umano e non come merce sessuale. E' sufficiente la lettura
di qualche post pubblicato sui forum riservati agli acquirenti di rapporti
mercenari per comprendere come la dazione di denaro induca loro a considerare
le donne in condizione di prostituzione meri prodotti merceologici. Essi
disquisiscono, infatti, di "qualità del prodotto" , si
lamentano del fatto che in Italia sia ormai difficile " scopare merce
buona" o "roba buona", parlano di "usato sicuro" o, al
contrario, di "spazzatura" o di "materiale di scarto"….
I clienti si percepiscono come "tecnici" che
sperimentano l'efficacia e le prestazioni di un prodotto, di una macchina da
sesso e, pertanto, impiegano verbi come
"provare", "periziare", "testare", effettuare un
"controllo di qualità". In altri casi, invece, concepiscono il
rapporto mercenario come l'impressione
del proprio marchio sulla donna-merce, per cui parlano di "mettere una tacca" o di
"timbrare" una prostituta o una sua parte del corpo.
L'attività
dei clienti della prostituzione realizza anche la seconda condizione succitata
in quanto genera gravi e molteplici
danni a tutte le donne.
L'oggettivazione e la mercificazione che la
caratterizzano si ripercuote su ogni donna, accentuando la disuguaglianza nei
confronti degli uomini. I clienti
concepiscono l'atto sessuale come una forma di dominio, di asservimento
e, spesso, di vendetta nei confronti di tutte le donne.
Questi atteggiamenti costituiscono - ed è il
dato più allarmante - catalizzatori di violenze, come attestano diversi studi.
La deumanizzazione connessa all'oggettivazione
è considerata un fattore estremamente importante di legittimazione della
violenza [1]
Esistono
prove dell'esistenza di una connessione tra aggressione sessuale e ricorso alla prostituzione.
L'acquisto
di sesso è stato, infatti, associato alla perpetrazione di violenza fisica e
sessuale contro le partner. [2]
Il 32,7% dei
partecipanti a una ricerca pubblicata nel 2009 condotta su 1585 uomini di età compresa fra i
18 e i 35 anni residenti in un'area metropolitana del Nord-Est degli Stati
Uniti aveva commesso violenza fisica o
sessuale nei confronti delle compagne. Fra i fattori associati a tale condotta
vi era anche il ricorso ai rapporti mercenari. Il 22,5% degli aggressori,
infatti, aveva confessato di aver fatto ricorso alla prostituzione contro il
5,6% degli uomini non violenti [3]
Come si
evince da altri studi, l'acquisto di sesso si configura come un fattore di
rischio associato allo stupro, oltre che
delle partner, anche di altre donne. E'
quel che risulta, ad esempio, da un'indagine del 2006 riguardante 1370 ragazzi di età compresa fra i
15 e i 26 anni provenienti da zone rurali della Repubblica Sudafricana. Il
41,7% dei 115 uomini che avevano ammesso di aver stuprato la partner aveva
fatto ricorso al sesso transazionale di contro al 14,3 % dei non stupratori. Vi
aveva fatto ricorso, inoltre, il 35% dei
223 autori di stupri nei confronti di donne diverse dalla partner contro il 13%
dei non stupratori. [4]
Un rapporto
intitolato The
Making of Sexual Violence pubblicato nel 2014 riporta dati raccolti
tra il 2008 e il 2010 su cinque campioni di 1000 uomini ciascuno residenti
rispettivamente in Cile, Croazia, India, Messico e Ruanda. La percentuale di
intervistati che dichiara di aver commesso stupro è elevata e varia dal 4% al
25%. Gli acquirenti di sesso hanno maggiori probabilità di aver perpetrato atti
di violenza sessuale in tutti i cinque Paesi considerati, soprattutto in Cile e
in Croazia dove le probabilità aumentano di 3,42 volte. Nel primo dei due Stati
citati, infatti, il 24, 9% di chi ha fatto ricorso alla prostituzione ha
commesso uno stupro di contro al 5% di chi non ha mai acquistato sesso. In
Croazia il 28,7% dei clienti della prostituzione ha compiuto atti di violenza
sessuale contro al 6,2% di chi non vi ha mai fatto ricorso. Negli altri Paesi
le relative percentuali sono rispettivamente: 36,5% e 20,3% in India, 8,6% e
3,2% in Messico (1 volta e mezzo in più), 18,6% e 7,4% in Ruanda ( oltre una
volta in più). [5]
Nel 2015 Melissa Farley, Jacqueline M. Golding, Emily
Schuckman Matthews, Neil M. Malamuth e
Laura Jarrett hanno pubblicato uno studio imperniato sul confronto tra un
campione di 101 acquirenti di sesso e 101 uomini che non lo sono mai stati. I
due gruppi erano affini quanto ad età, istruzione e classe sociale. I clienti
della prostituzione hanno espresso
un'identità maschile più ostile rispetto agli altri. Il 15% di loro
contro il 2% dei non clienti ha riferito che costringerebbe una donna a far sesso o la stuprerebbe se potesse
fuggire e se nessuno lo venisse a sapere. In percentuale più consistente
dei primi, ha dichiarato di aver già adottato comportamenti sessualmente
aggressivi, raggiungendo una media di
1,59 tipi di condotte di questo genere rispetto a una media di 0,53 per i non
clienti. Gli acquirenti di sesso si sono rivelati, inoltre, molto meno empatici
nei confronti delle donne in condizione di prostituzione. [6]
Qualcuna/o si chiederà come mai mi
sia soffermata così a lungo sui clienti in un articolo dedicato al reato di
favoreggiamento. La ragione è questa: se il ricorso alla prostituzione costituisce
un'attività dannosa per chi si prostituisce e, in via generale, per tutte le
donne, lo è a maggior ragione l'operato di chi la favorisce e la incentiva.
Pertanto, il favoreggiamento deve continuare a configurarsi come reato perché agevola
un'attività che si rivela lesiva di beni giuridici fondamentali costituzionalmente garantiti (vita, integrità fisica e psichica, dignità, uguaglianza …).
La Corte di Cassazione con Senzenza
n. 49643 del 22 settembre 2015 ha inoltre opportunamente osservato come
l'agevolazione della prostituzione altrui costituisca "il primo passo
verso lo sfruttamento economico del corpo della prostituta" e, dunque, meriti
di essere sanzionata.
Un cenno, infine, all'art. 41 della
Costituzione con cui, secondo i ricorrenti, il reato di favoreggiamento
entrerebbe in conflitto. Non è così, a mio parere, perché se è vero che " l'iniziativa economica privata è libera", è
altrettanto vero che essa " non può svolgersi in contrasto
con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà,
alla dignità umana" e il favoreggiamento, così come il ricorso alla
prostituzione da parte del cliente, attenta a questi diritti fondamentali.
NOTE
1. Cito solo qualche opera a titolo di esempio:
Haslam, N., Loughnan, S., Reynolds, C., & Wilson, S. Dehumanization: A new perspective. Social & Personality
Psychology Compass, 1, 2007, pp. 409-422; Chiara Volpato, Deumanizzazione. Come si legittima la violenza, Laterza, 2011. Si
veda la bibliografia ivi indicata; Maria Giuseppina Pacilli, Quando le persone diventano cose, il
Mulino, 2014.
2. Anita Raj, Elizabeth Reed, Seth L. Welles, Maria Christina Santana, Intimate Partner
Violence Perpetration, Risky Sexual Behavior, and STI/HIV Diagnosis Among
Heterosexual African American Men, in "American journal of men's health", 2(3), October 2008, pp.
291-5
3. M.
R. Decker, G R Seage, D. Hemenway, J
Gupta, A Raj, J G Silverman, Intimate
partner violence perpetration, standard and gendered STI/HIV risk behaviour,
and STI/HIV diagnosis among a clinic-based sample of men, in
" Sexually
transmitted infections", vol.85, n.7, 2009, pp. 555-560. Documento
consultabile al seguente indirizzo:https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3623286/pdf/U9G-85-07-0555.pdf
4.
Rachel Jewkes, Kristin Dunkle, Mary
P. Koss, Jonathan B. Levin, Mzikazi Nduna, Nwabisa Jama, Yandisa Sikweyiya, Rape perpetration by young, rural South
African men: Prevalence, patterns and risk factors in "Social Science & Medicine", Vol.63, Issue 11,
Juanuary 2007, pp. 2949-2961.