venerdì 6 giugno 2014

Prostituzione = violenza





 
 
Si sente dire: "A loro piace! Guadagnano talmente tanti soldi!...D'altronde  le vedi sorridenti!..." Fare queste affermazioni, significa rifiutare deliberatamente di vedere la realtà. E' volersi attenere a quella mistificazione della realtà che è la prostituzione. "I clienti ci vogliono vedere con un abbigliamento sexy, ben truccate, gioviali, avvenenti, accoglienti, maliziose, intraprendenti...", testimonia una persona prostituita. Non si soffermano nemmeno un secondo a riflettere su ciò che viene dissimulato dietro a un sorriso o dietro al trucco. Cercano un'illusione e una fantasia..
Tuttavia "dietro quei visi ben truccati - dice la stessa persona prostituita - dietro quei corpi ben vestiti, dietro quei sorrisi carezzevoli e commerciali, quanta angoscia occultata, quante domande senza risposta, quanti dubbi, quali abissi, quanta paura del futuro, quanto terrore per la propria vita".  Quale realtà si nasconde dietro a un'immagine artificiosa?
 
La violenza della prostituzione
La prostituzione è un mondo violento, un mondo "nel quale bisogna stare continuamente in guardia, nel quale si impara a convivere con la paura, per cui la paura diventa un modo di vivere", dicono le persone prostituite. Il pericolo è costante. La violenza in tutte le forme, dall'insulto  alla più grave aggressione fisica, può manifestarsi in qualsiasi momento e  può essere esercitata da qualsiasi persona: un passante, un'altra prostituta, una banda di ragazzi, un cliente, il magnaccia....
Nel 2008, un Rapporto del Parlamento europeo sottolineava che "le prostitute sono molto più esposte alla violenza delle altre donne". Esse "corrono un rischio molto maggiore delle altre donne di essere assassinate; corrono un rischio molto maggiore di soffrire di ferite fisiche e psicologiche legate non a una violenza straordinaria, ma alla violenza quotidiana della prostituzione".
Le inchieste, anche se sono spesso condotte su campioni limitati, confermano queste asserzioni. Ricercatori canadesi hanno  dimostrato che le persone prostituite sono tra le 60 e le 120 volte più esposte degli altri al rischio di subire violenze fisiche o di essere assassinate e che hanno un tasso di mortalità 40 volte superiore alla media nazionale. Da una ricerca effettuata in Australia (dove l'esercizio della prostituzione è legalizzato), risulta che l'81% delle persone intervistate ha dichiarato di aver subito abusi sessuali durante l'esercizio dell'attività. A Glasgow, il 94% delle persone intervistate che si prostituiscono in strada ha subito un'aggressione sessuale, il 75% è stata stuprata da un cliente.
Secondo un altro studio [n.d.t quello di Melissa Farley] condotto in 9 Paesi (Germania, Colombia, Turchia, ecc...) il 71% delle persone prostituite ha subito un'aggressione fisica, il 64% è stata minacciata con un'arma e il 57% ha subito uno stupro.
Molteplici, le violenze sono esercitate prima di tutto dal magnaccia o dal trafficante. Alcuni gruppi criminali, come quelli albanesi, devono la loro notorietà alla loro estrema violenza nei confronti delle vittime: addestramento tramite  stupri e violenze fisiche per portare la vittima alla totale sottomissione, pressione psicologica, minacce ai familiari della vittima... Le violenze provengono anche dal cliente, per il quale la persona prostituita è il ricettacolo di pulsioni e fantasie che egli vuole realizzare: "A volte ti insultano e a volte ti picchiano" sintetizza una ex prostituta canadese.
 
Violenza psicologica e stigmatizzazione sociale
La dimensione fisica della violenza subita nella prostituzione non dovrebbe però occultare altre forme di violenza più diffuse. Le persone prostituite sono sottoposte a diverse forme di costrizione.
La paura delle rappresaglie, le minacce di far del male ai famigliari, il peso del rimborso del debito, la sorveglianza e il controllo permanente sono tutti elementi di pressione a disposizione dei trafficanti e dei papponi. Per quanto riguarda il cliente, le pressioni o gli stratagemmi inventati per ottenere un rapporto non protetto o per non pagare (o per pagare una somma inferiore a quella pattuita) sono tutte aggressioni commesse contro la persona prostituita.
A questi maltrattamenti, torture e violenze psicologiche esercitate dai  papponi o dai clienti, si aggiunge un'altra violenza, di carattere più simbolico: la stigmatizzazione e il disprezzo sociale.
La società proclama la necessità della prostituzione, ma la emargina e la disprezza. Confinate nei quartieri o nelle strade, le persone prostituite subiscono contemporaneamente le aggressioni verbali, a volte fisiche, degli abitanti esasperati e le politiche di esclusione dei poteri pubblici.
Ci sono passanti che lanciano  insulti o, come ha riferito la stampa, il negoziante esasperato che ha preso a picconate la sua vetrina per impedire alle persone prostituite di sostare nei pressi. Ci sono i Comuni che emanano ordinanze anti-prostituzione e respingono le persone prostituite lontano dalle città senza tuttavia affrontare globalmente il problema posto dalla prostituzione. C'è la polizia (in particolare in Francia dopo la promulgazione della legge sulla sicurezza interna del 2003, che ha reintrodotto il reato di adescamento passivo) (n.d.t.  questo reato è stato abrogato dall'Assemblea Nazionale il 14 dicembre 2013) che moltiplica i verbali e le vessazioni delle giovani donne.
Alcuni affermeranno che questi pericoli sono legati alla prostituzione in strada e che l'apertura delle case chiuse così come la legalizzazione della prostituzione aiuterebbero a tutelare le persone prostituite. A costoro rispondiamo che la violenza è la stessa in qualsiasi situazione.
Le escorts girls di lusso, così come le persone prostituite nelle case chiuse, non sono al riparo dalla violenza. Il sociologo Richard Poulin  ha mostrato che delle 29 donne prostituite assassinate nel Québec dopo il 1989, i due terzi non esercitavano in strada e diverse fra loro erano al servizio di agenzie di escort o esercitavano nei loro appartamenti.
 
La prostituzione è violenza
Di fatto, la violenza della prostituzione non risiede soltanto nelle condizioni di esercizio, ma è connessa allo stesso atto prostituzionale. La prostituzione è la ripetizione di atti sessuali non desiderati. Ora, come spiega la dottoressa Judith Trinquart, "dover subire un atto sessuale non desiderato in cambio di denaro, ha a che fare con ciò che, in termini medici, chiamiamo "effrazione corporea a carattere sessuale" che, nei fatti, è l'equivalente di uno stupro e ha le medesime conseguenze, che si attui sui bambini, sugli adolescenti o sugli adulti".
"Un uomo paga per penetrarti e, dopo di lui, un altro e un altro ancora. Tu ti senti ridotta ai tuoi orifizi", testimonia un'ex prostituta. "Non è divertente farsi penetrare da tanti uomini nella vagina, in bocca, nell'ano. E' schifoso. Il suo sperma che cola ai lati della bocca e che ti fa venir voglia di vomitare. Senza alcun riguardo per te, loro ti penetrano con le mani, con gli oggetti, con il pene".
E per alcune, sotto il controllo dei papponi, i rapporti sessuali si succedono gli uni agli altri, alla ricerca del massimo profitto. "Tu eri preoccupato soltanto di incassare il denaro", scrive Ulla, l'emblematica protagonista della rivolta [delle prostitute] di Lione del 1975. "Tu hai soltanto calcolato il guadagno netto delle mie giornate di lavoro, senza cercare di sapere ciò che rappresentavano in termini di corpi. Nei momenti migliori, erano 40-50 corpi".
Tutte le donne, uscite dalla prostituzione o ancora in attività, usano le stesse parole, cariche di violenza, per evocare l'atto prostitutivo. Tutte parlano anche del disgusto provato, un disgusto che va al di là della nausea legata al contatto fisico con il cliente.
"In modo inconscio, nel mio intimo, - spiega una persona prostituita in attività -  detesto sistematicamente il cliente, perché con lui sono obbligata a comportarmi come la  cagna più meschina, come un vile zerbino. Detesto anche il cliente, perché costui, grazie al denaro, è in un certo senso il testimone  della mia degradazione".
Per superare questo sentimento, per ritrovare l'integrità, tutte evocano indispensabili e interminabili docce: "Per tentare di far passare il disgusto, dice Yolanda, ex prostituta - facevo delle docce che duravano ore. Le faccio ancora oggi, benché abbia cessato l'attività nel 1987. E' diventata un'abitudine per potermi dire: Sono io, sono pulita!".
 
Dominazione e disumanizzazione
Per dire fino a che punto la prostituzione disumanizza la persona prostituita. Per il cliente, come per il pappone, costei non è che un oggetto: "Ti trattano male, come se fossi una merda, come se non fossi una persona come le altre, ma proprio una cosa". Una cosa sulla quale il pappone, ma anche il cliente ha tutti i diritti. Perché, pagando, il cliente prende possesso del corpo della persona prostituita e la sottomette. La persona prostituita è completamente ridotta ad essere uno strumento: il cliente prende fisicamente possesso del suo corpo e di tutta la sua persona. Questa riduzione a strumento fa di lei un oggetto al servizio di un estraneo.
Il fenomeno è così frequente che le stesse persone prostituite, per proteggersi, banalizzano e accettano ciò che subiscono: "Mi comporto come se non sentissi gli insulti", dice una di loro.
"Quando il cliente dice per umiliarmi "Sporca puttana", io gli chiedo: "Stava dicendo qualcosa"?" spiega un'altra. "Non voglio stare al suo gioco. Non dico niente". Loro stesse partecipano a questo fenomeno di disumanizzazione instaurando una separazione tra la prostituzione e la vita privata e sociale: dissimulata dietro ad uno pseudonimo, al trucco, a determinati comportamenti, la persona prostituita diventa un'altra, si sdoppia.
 
 
 

 
 

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