Si sente dire: "A loro piace! Guadagnano talmente tanti
soldi!...D'altronde le vedi
sorridenti!..." Fare queste affermazioni, significa rifiutare deliberatamente
di vedere la realtà. E' volersi attenere a quella mistificazione della realtà
che è la prostituzione. "I clienti
ci vogliono vedere con un abbigliamento sexy, ben truccate, gioviali,
avvenenti, accoglienti, maliziose, intraprendenti...", testimonia una
persona prostituita. Non si soffermano nemmeno un secondo a riflettere su ciò
che viene dissimulato dietro a un sorriso o dietro al trucco. Cercano
un'illusione e una fantasia..
Tuttavia "dietro quei visi ben truccati - dice la
stessa persona prostituita - dietro quei
corpi ben vestiti, dietro quei sorrisi carezzevoli e commerciali, quanta
angoscia occultata, quante domande senza risposta, quanti dubbi, quali abissi,
quanta paura del futuro, quanto terrore per la propria vita". Quale realtà si nasconde dietro a un'immagine
artificiosa?
La violenza della prostituzione
La prostituzione è un mondo
violento, un mondo "nel quale
bisogna stare continuamente in guardia, nel quale si impara a convivere con la
paura, per cui la paura diventa un modo di vivere", dicono le persone
prostituite. Il pericolo è costante. La violenza in tutte le forme,
dall'insulto alla più grave aggressione
fisica, può manifestarsi in qualsiasi momento e
può essere esercitata da qualsiasi persona: un passante, un'altra
prostituta, una banda di ragazzi, un cliente, il magnaccia....
Nel 2008, un Rapporto del
Parlamento europeo sottolineava che "le
prostitute sono molto più esposte alla violenza delle altre donne". Esse
"corrono un rischio molto maggiore
delle altre donne di essere assassinate; corrono un rischio molto maggiore di
soffrire di ferite fisiche e psicologiche legate non a una violenza straordinaria,
ma alla violenza quotidiana della prostituzione".
Le inchieste, anche se sono
spesso condotte su campioni limitati, confermano queste asserzioni. Ricercatori
canadesi hanno dimostrato che le persone
prostituite sono tra le 60 e le 120 volte più esposte degli altri al rischio di
subire violenze fisiche o di essere assassinate e che hanno un tasso di
mortalità 40 volte superiore alla media nazionale. Da una ricerca effettuata in
Australia (dove l'esercizio della prostituzione è legalizzato), risulta che
l'81% delle persone intervistate ha dichiarato di aver subito abusi sessuali
durante l'esercizio dell'attività. A Glasgow, il 94% delle persone intervistate
che si prostituiscono in strada ha subito un'aggressione sessuale, il 75% è
stata stuprata da un cliente.
Secondo un altro studio
[n.d.t quello di Melissa Farley] condotto in 9 Paesi (Germania, Colombia,
Turchia, ecc...) il 71% delle persone prostituite ha subito un'aggressione
fisica, il 64% è stata minacciata con un'arma e il 57% ha subito uno stupro.
Molteplici, le violenze sono
esercitate prima di tutto dal magnaccia o dal trafficante. Alcuni gruppi
criminali, come quelli albanesi, devono la loro notorietà alla loro estrema
violenza nei confronti delle vittime: addestramento tramite stupri e violenze fisiche per portare la
vittima alla totale sottomissione, pressione psicologica, minacce ai familiari
della vittima... Le violenze provengono anche dal cliente, per il quale la
persona prostituita è il ricettacolo di pulsioni e fantasie che egli vuole
realizzare: "A volte ti insultano e
a volte ti picchiano" sintetizza una ex prostituta canadese.
Violenza psicologica e stigmatizzazione
sociale
La dimensione fisica della
violenza subita nella prostituzione non dovrebbe però occultare altre forme di
violenza più diffuse. Le persone prostituite sono sottoposte a diverse forme di
costrizione.
La paura delle rappresaglie,
le minacce di far del male ai famigliari, il peso del rimborso del debito, la
sorveglianza e il controllo permanente sono tutti elementi di pressione a
disposizione dei trafficanti e dei papponi. Per quanto riguarda il cliente, le
pressioni o gli stratagemmi inventati per ottenere un rapporto non protetto o
per non pagare (o per pagare una somma inferiore a quella pattuita) sono tutte
aggressioni commesse contro la persona prostituita.
A questi maltrattamenti,
torture e violenze psicologiche esercitate dai
papponi o dai clienti, si aggiunge un'altra violenza, di carattere più
simbolico: la stigmatizzazione e il disprezzo sociale.
La società proclama la
necessità della prostituzione, ma la emargina e la disprezza. Confinate nei
quartieri o nelle strade, le persone prostituite subiscono contemporaneamente
le aggressioni verbali, a volte fisiche, degli abitanti esasperati e le
politiche di esclusione dei poteri pubblici.
Ci sono passanti che lanciano insulti o, come ha riferito la stampa, il
negoziante esasperato che ha preso a picconate la sua vetrina per impedire alle
persone prostituite di sostare nei pressi. Ci sono i Comuni che emanano
ordinanze anti-prostituzione e respingono le persone prostituite lontano dalle
città senza tuttavia affrontare globalmente il problema posto dalla
prostituzione. C'è la polizia (in particolare in Francia dopo la promulgazione
della legge sulla sicurezza interna del 2003, che ha reintrodotto il reato di
adescamento passivo) (n.d.t. questo
reato è stato abrogato dall'Assemblea Nazionale il 14 dicembre 2013) che
moltiplica i verbali e le vessazioni delle giovani donne.
Alcuni affermeranno che
questi pericoli sono legati alla prostituzione in strada e che l'apertura delle
case chiuse così come la legalizzazione della prostituzione aiuterebbero a
tutelare le persone prostituite. A costoro rispondiamo che la violenza è la
stessa in qualsiasi situazione.
Le escorts girls di lusso,
così come le persone prostituite nelle case chiuse, non sono al riparo dalla
violenza. Il sociologo Richard Poulin ha
mostrato che delle 29 donne prostituite assassinate nel Québec dopo il 1989, i
due terzi non esercitavano in strada e diverse fra loro erano al servizio di
agenzie di escort o esercitavano nei loro appartamenti.
La prostituzione è violenza
Di fatto, la violenza della
prostituzione non risiede soltanto nelle condizioni di esercizio, ma è connessa
allo stesso atto prostituzionale. La prostituzione è la ripetizione di atti
sessuali non desiderati. Ora, come spiega la dottoressa Judith Trinquart, "dover subire un atto sessuale non
desiderato in cambio di denaro, ha a che fare con ciò che, in termini medici,
chiamiamo "effrazione corporea a carattere sessuale" che, nei fatti,
è l'equivalente di uno stupro e ha le medesime conseguenze, che si attui sui
bambini, sugli adolescenti o sugli adulti".
"Un uomo paga per penetrarti e, dopo di lui, un
altro e un altro ancora. Tu ti senti ridotta ai tuoi orifizi", testimonia un'ex prostituta. "Non è divertente farsi penetrare da tanti
uomini nella vagina, in bocca, nell'ano. E' schifoso. Il suo sperma che cola ai
lati della bocca e che ti fa venir voglia di vomitare. Senza alcun riguardo per
te, loro ti penetrano con le mani, con gli oggetti, con il pene".
E per alcune, sotto il
controllo dei papponi, i rapporti sessuali si succedono gli uni agli altri,
alla ricerca del massimo profitto. "Tu
eri preoccupato soltanto di incassare il denaro", scrive Ulla,
l'emblematica protagonista della rivolta [delle prostitute] di Lione del 1975.
"Tu hai soltanto calcolato il
guadagno netto delle mie giornate di lavoro, senza cercare di sapere ciò che
rappresentavano in termini di corpi. Nei momenti migliori, erano 40-50
corpi".
Tutte le donne, uscite dalla
prostituzione o ancora in attività, usano le stesse parole, cariche di
violenza, per evocare l'atto prostitutivo. Tutte parlano anche del disgusto
provato, un disgusto che va al di là della nausea legata al contatto fisico con
il cliente.
"In modo inconscio, nel mio intimo, - spiega una persona prostituita
in attività - detesto sistematicamente il cliente, perché
con lui sono obbligata a comportarmi come la cagna più meschina, come un vile zerbino. Detesto
anche il cliente, perché costui, grazie al denaro, è in un certo senso il
testimone della mia degradazione".
Per superare questo
sentimento, per ritrovare l'integrità, tutte evocano indispensabili e
interminabili docce: "Per tentare di
far passare il disgusto, dice Yolanda, ex prostituta - facevo delle docce che duravano ore. Le faccio ancora oggi, benché
abbia cessato l'attività nel 1987. E' diventata un'abitudine per potermi dire:
Sono io, sono pulita!".
Dominazione e disumanizzazione
Per dire fino a che punto la
prostituzione disumanizza la persona prostituita. Per il cliente, come per il
pappone, costei non è che un oggetto: "Ti
trattano male, come se fossi una merda, come se non fossi una persona come le
altre, ma proprio una cosa". Una cosa sulla quale il pappone, ma anche
il cliente ha tutti i diritti. Perché, pagando, il cliente prende possesso del
corpo della persona prostituita e la sottomette. La persona prostituita è completamente
ridotta ad essere uno strumento: il cliente prende fisicamente possesso del suo
corpo e di tutta la sua persona. Questa riduzione a strumento fa di lei un
oggetto al servizio di un estraneo.
Il fenomeno è così frequente
che le stesse persone prostituite, per proteggersi, banalizzano e accettano ciò
che subiscono: "Mi comporto come se
non sentissi gli insulti", dice una di loro.
"Quando il cliente dice per umiliarmi
"Sporca puttana", io gli chiedo: "Stava dicendo qualcosa"?" spiega un'altra. "Non voglio stare al suo gioco. Non dico niente". Loro
stesse partecipano a questo fenomeno di disumanizzazione instaurando una
separazione tra la prostituzione e la vita privata e sociale: dissimulata
dietro ad uno pseudonimo, al trucco, a determinati comportamenti, la persona
prostituita diventa un'altra, si sdoppia.
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